Della Casa: “Il cinema deve essere etico”

Nell’anniversario della prima proiezione cinematografica pubblica, l’intervista all’esperto di settima arte Steve Della Casa

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In questo giorno, 128 anni fa, è nato ufficialmente il cinema. Il 28 dicembre 1895 si è tenuta a Parigi la prima proiezione pubblica a pagamento organizzata dai fratelli Lumière, Auguste e Louis. Un fenomeno di massa che ha segnato profondamente la cultura del XX secolo e ha portato sul grande schermo argomenti, avvenimenti e personaggi che erano oggetto e soggetto della discussione pubblica, e politica, formando così un immaginario collettivo che, fissato su pellicola e nei ricordi delle persone, è ancora vivo e si trasmette. La settima arte, così è stato ribattezzato il cinema, rappresenta anche un momento di svago, di divertimento, di serenità, di emozioni, personale e di gruppo, a cui gli spettatori si lasciano andare, sospendendo l’incredulità, nella magia dell’esser seduti sulla poltroncina della sala buia. Un momento molto spesso ricercato proprio nei giorni di festa, come quelli che stiamo vivendo.

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L’intervista

In occasione di questo anniversario, Interris.it ha intervistato il critico cinematografico Steve Della Casa., giornalista e conduttore radiofonico di “Hollywood Party”, già direttore artistico del Torino film festival (Tff), autore molti libri sulla settima arte.

Le festività natalizie sono uno dei periodi migliori dell’anno per vivere l’atmosfera della sala di un cinema?

“Tradizionalmente per gli italiani sì. Siamo un Paese che va poco al cinema, ma quando è Natale lo si fa. Questi sono giorni campali per i film che escono in sala, una scadenza importante soprattutto per quelli rivolti alle famiglie”.

“L’arte e la fede non possono lasciare le cose come stanno”, ha detto il Papa incontrando gli artisti lo scorso giugno, sottolineando che l’arte tiene sveglie le coscienze. Il cinema oggi riesce a farlo?

“C’è riuscito per tanto tempo, ora un po’ meno. Non perché sia fatto peggio o non si ritenga importante, ma perché oggi ha un minor pubblico e un peso minore nella vita quotidiana rispetto ad altri mezzi, come la televisione”.

Sul grande schermo trovano spazio anche una riflessione e uno sguardo etici?

“Il cinema deve essere etico, ma come dicevo oggi ha meno peso nel quotidiano delle persone. Il film di Paola Cortellesi C’è ancora domani deve il suo successo al fatto che risponde a una tematica che è presente nelle coscienze, anche purtroppo per i tragici fatti di cronaca”.

Le pellicole raccontano storie degli ultimi?

“Certi temi circolano, ma non sono così diffusi. C’è un pubblico più ‘impegnato’ che è interessato e va a vedere quel tipo di film, ma non è un fenomeno generalizzato”.

In che direzione va il cinema italiano, che ultimamente sta riscuotendo un certo successo – trascinato dal gradimento per le pellicole “Io capitano” e “C’è ancora domani”?

“C’è un cinema che riprende una tradizione che trae origine dai fescennini (rappresentazione teatrale latina, ndr) e oggi è uno spaccato di quello che sono stati gli anni Ottanta, e un altro che guarda ai mercati esteri proponendo dei temi e una qualità più internazionali. Ma comunque la tanto disprezzata commedia rimane anch’essa cinema italiano per eccellenza”.

A 128 anni dalla proiezione dei fratelli Lumiere, lo sviluppo tecnologico ha aperto via via scenari inediti. Gli autori e gli sceneggiatori statunitensi hanno scioperato per mesi per ottenere una regolamentazione dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. L’IA rappresenta un pericolo per il cinema?

“Sicuramente è un’innovazione che porterà delle conseguenze, ma il cinema ha assorbito ben altri cambiamenti – si pensi all’introduzione del sonoro e quando è arrivato il colore. Il cinema è sempre dato per spacciato ma non muore mai”.