Cannabis, due pareri opposti: Perduca: “Mancanza di evidenze scientifiche sulla pericolosità”. Osservatorio Dipendenze:”Provoca disturbi psichici”

La stretta del Ministro Schillaci sul CBD crea malcontento: l'articolo di Perduca sul sito dell'Associazione Luca Coscioni e la risposta del Gruppo di lavoro sui danni da cannabis dell’Ordine dei Medici di Roma

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Il tema legalizzazione delle droghe leggere torna ciclicamente alla ribalta, soprattutto nella vicinanza di appuntamenti elettorali. Un dibattito che dura da molto tempo e chiama in causa sia la comunità scientifica sia il mondo istituzionale e mediatico.

La discussione negli anni passati

La distinzione tra droghe leggere e pesanti genera da sempre pareri contrastanti tra chi cerca di legittimare l’uso di certe sostanze, non solo per motivi terapeutici ma anche per uso personale. Il dibattito, nel corso dei decenni, è approdato in diverse occasioni in Parlamento, con prese di posizioni a favore dell’una o dell’atra tesi, spesso in base alla linea politica del governo. Altrettanto spesso, fortunamente, il Parlamento si è mostrato abbastanza concorde con i pareri della scienza. Lo scorso anno era stato presentato un quesito referendario che proponeva la depenalizzazione della coltivazione delle piante e di non prevedere più il carcere per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis, con eccezione dell’associazione finalizzata al traffico illecito. Sul piano amministrativo, l’obiettivo e l’eliminazione della sanzione della sospensione della patente di guida e del “patentino” per i motorini, oggi prevista per chi viene trovato in possesso di una quantità di droga per uso personale, mentre continuerebbe ad essere punita la guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di cannabis ai sensi dall’articolo 187 del Codice della strada. Quesito che era stato giudicato inammissibile della Corte Costituzionale. “Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali“, ha detto il presidente della consulta Giuliano Amato in una conferenza stampa, spiegando la bocciatura del quesito.

La linea dell’attuale governo è più che nota nel contrastare l’utilizzo di qualsiasi tipo di sostanza. Il sottosegretario Alfredo Mantovano ha curato per il Centro Studi Livatino il libro “Droga. Le ragioni del no. La scienza, la legge, le sentenze”, edito da Cantagalli. Anche la nomina di esperto nell’ambito del Dipartimento delle politiche antidroga del Questore dottor Antonio Pignataro, da sempre in prima linea contro la legalizzazione della cannabis, è un chiaro segnale di attenzione affinché non siano sottovalutati i pericoli derivanti dall’utilizzo di questa sostanza.

Il dibattito oggi

Anche in questi giorni, si è riacceso il dibattito su questo tema, in seguito all’iniziativa del Ministro Schillaci. Infatti, con un decreto datato 7 agosto 2023, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 21 agosto 2023, il Ministero della Salute ha revocato la sospensione del decreto del 2020 che inseriva le composizioni per somministrazione ad uso orale di Cbd (cannabidiolo) nella tabella dei medicinali allegata al testo unico sulle droghe. In questo modo viene dichiarato illecito ogni uso non farmacologico degli estratti di cannbis, comprese le destinazioni ammesse dalla normativa italiane ed europea sulla canapa industriale, quali ad esempio l’uso del Cbd per la preparazione di alimenti.

Perduca: la politica italiana conservatrice senza alcun conforto scientifico

Contro il decreto del Ministro Schillaci, dalle pagine del sito online dell’Associazione Luca Coscioni, è intervenuto Marco Perduca, Presidente del Comitato Promotore Referendum Cannabis Legale nel 2021, per l’Associazione coordina Legalizziamo! Senatore radicale dal 2008 al 2013, per 20 anni ha rappresentato il Partito Radicale all’ONU. “Il CBD (cannabidiolo) e il THC (tetraidrocannabinolo) sono i principi attivi della cannabis più noti, il primo non è contenuto nelle tabelle delle Convenzioni Onu, il secondo sì. Entrambi hanno anche impieghi terapeutici, spesso anche accoppiati. Gli stati membri delle Nazioni unite che hanno ratificato i tre documenti sulle sostanze narcotiche e psicotrope sono tenuti ad adeguare le normative nazionali a quanto previsto dalle convenzioni internazionali. Se una sostanza non è in tabella, come per esempio il CBD, lo Stato non ha l’obbligo di imporre ulteriori ristrettezze normative – scrive Perduca, nell’articolo a sua firma -. La mancanza di evidenze scientifiche relative alla pericolosità del principio attivo, legate al suo ampio uso terapeutico sotto controllo medico e, come nel caso dell’Unione europea, l’esistenza di decisioni della Corte di giustizia europa che non consentono la proibizione di un prodotto liberamente prodotto e/o commerciato in un altro stato dell’UE avrebbero quindi sconsigliato l’adozione del primo decreto del 2020 a cui qualche settimana fa il Governo Meloni ha messo mano”. Secondo quanto scritto da Perduca, “Schillaci quindi porta quindi a termine un iter legislativo avviato da Speranza tre anni fa. A conferma del conservatorismo anti-scientifico della politica italiana di destra e di sinistra, all’inizio del 2022, senza alcun conforto scientifico, Speranza aveva preso decisioni analoghe relativamente alla ayahuasca – conclude Perduca -. Contro una politica ufficiale che si è formata su leggi e propagande proibizioniste non resterà che tornare a interessare le giurisdizioni nazionali e internazionali perché, in questo caso, si vanno. creare irragionevoli ostacoli al diritto alla salute di chi trae giovamento dall’uso di prodotti a base di CBD oltre che alla ricerca scientifica che adesso dovrà avere a che fare con una serie di ulteriori limitazioni burocratiche derivanti alla tabellazione del principio attivo”.

La risposta del Gruppo di lavoro sui danni da cannabis dell’Ordine dei Medici di Roma

Il Gruppo di lavoro sui danni da cannabis dell’Ordine dei Medici di Roma prende posizione a favore del decreto del ministro della Salute, Orazio Schillaci, che entrerà in vigore il 22 settembre, con cui si revoca un precedente decreto emesso nel 2020 dall’allora ministro Roberto Speranza, e vengono nuovamente qualificati come sostanza stupefacente i prodotti per uso orale a base di cannabidiolo (CDB), un olio estratto della canapa indiana. “Gentile Marco Perduca, mi rivolgo a lei in qualità di Responsabile Scientifico della Commissione dell’Ordine dei Medici di Roma e Provincia per la ‘valutazione, prevenzione e divulgazione dei danni che la Cannabis determina sulla salute mentale dei giovani e di altri disturbi dell’area delle dipendenze‘, coordinata dal Dr. Stefano De Lillo, vice presidente dell’Ordine, deliberata dal Consiglio il 5 maggio 2022. Le scriviamo in risposta al suo articolo pubblicato sul sito dell’Associazione Luca Coscioni ‘CBD: dove non è arrivato Speranza è riuscito Schillaci” al fine di condividere con lei alcune riflessioni, in quanto definisce anti-scientifico il recente decreto del Ministro Schillaci. Partiamo dal comune presupposto che è scientifico un dato che arriva dalle evidenze della ricerca e in particolare in medicina ancora di più ciò che arriva dall’esperienza condivisa dei clinici in ogni parte del mondo, che in termini numerici e di varietà di casi, supera di gran lunga anche i protocolli stessi della ricerca scientifica. Dai numerosi protocolli di ricerca emerge infatti un potenziale terapeutico del CBD (come anche del THC del resto) se utilizzato sotto stretto controllo medico, nei termini di modi, tempi, dosi e monitoraggio. Nulla di scientifico emerge dall’utilizzo non controllato (“fai da te”) del CBD da parte della popolazione generale. Vorremmo invece porre l’attenzione su un dato clinico importante, derivante da numerose segnalazioni, che rende l’iniziativa del Ministro Schillaci dotata di completa scientificità e che come Gruppo di lavoro dell’OMCEO Roma abbiamo sostenuto. Negli ultimi anni il CBD è stato utilizzato sul territorio nazionale come ‘Cavallo di Troia’ per veicolare cannabinoidi psicoattivi con potenziale di utilizzo voluttuario. La rete commerciale che si è strutturata in modo capillare in Italia intorno al CBD non vende solo CBD. La conseguenza di tale uso incondizionato della cannabis si manifesta nei termini di aumento del numero di casi di disturbi psichici indotti nei Pronto Soccorso (DEA) e nei Dipartimenti di Salute Mentale, entrambi vicini al collasso per l’eccessivo carico di lavoro in condizione di carenza di personale. In tali contesti, abbiamo ricevuto nel tempo molte segnalazioni del consumo di prodotti a base di CBD contenenti anche altri cannabinoidi come HHC (esaidrocannabinolo) e dal consumo di tali prodotti sono scaturiti ricoveri per quadri psicopatologici acuti all’interno del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) – si legge nella lettera del Gruppo di lavoro dell’Ordine dei medici di Roma (Antonio Bolognese, responsabile scientifico, Stefano De Lillo, coordinatore, Giuseppe Bersani, docente della Fondazione Roma Sapienza, Giuseppe Ducci, psichiatra e direttore Dipartimento Salute Mentale Asl Rm1, Ferdinando Nicoletti, docente di Neurofarmacologia della Sapienza, Alessandro Vento, psichiatra e responsabile Centro Salute Mentale Asl Rm2) -. Non di meno, usando il CBD come vettore, vengono diffusi nuovi ceppi di cannabinoidi come cannabigerolo, cannabicromene, ecc. di cui poco ancora si conosce in ambito scientifico e non mancano i casi di “taglio” della cannabis contenente CBD con cannabimimetici sintetici (Spice Drugs). In altre parole il CBD è stato l’espediente degli ultimi anni per promuovere a livello capillare la cultura della cannabis tra i giovani e sperimentare nuovi prodotti, con conseguenze cliniche importanti e ricadute sul Servizio Sanitario Nazionale, oltre che fenomeni che interessano la pubblica sicurezza. Pertanto, non stupisce che il Ministro della Salute, lontano dalle ideologie di chi vuole confondere l’utilizzo terapeutico dei cannabinoidi (sotto monitoraggio medico) con quello voluttuario delle masse (senza monitoraggio medico), nella sua serietà e responsabilità abbia emesso il recente decreto per controllare la diffusione del CBD. Ci auguriamo perciò che la ricerca scientifica e l’ideologia politica restino nei rispettivi ambiti di appartenenza senza inutili contaminazioni reciproche, che inducono nella testa dei lettori confusione e sgomento, proprio come troppo spesso avvenuto durante il triste capitolo della pandemia Covid-19. Diversamente, politici ed opinionisti dovranno venire a darci una mano come volontari dentro ai reparti ed agli ambulatori per gestire la massa di giovani con disturbi psichici da uso di cannabis“.