Del Negro (OGS): “I cambiamenti climatici negli oceani sono irreversibili. Ecco cosa si può ancora fare”

L’intervista a Paola Del Negro, Direttore Generale dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS) che commenta gli ultimi dati sull'innalzamento delle temperature degli oceani e il loro effetto sulla popolazione umana

L'innalzamento dei mari sommergerebbe parte dell'Italia

“Alcuni dei cambiamenti climatici negli oceani sono già in atto e continueranno per alcune decadi indipendentemente da quel che possiamo fare ora. Siamo però sempre in tempo per influenzare le dinamiche nelle decadi successive”. Lo spiega in esclusiva a In Terris la dottoressa Paola Del Negro, Direttore Generale dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS) commentando i dati – drammatici – dell’innalzamento delle temperature dei mari pubblicati dall’IPCC lo scorso 9 agosto nel rapporto “Cambiamenti climatici 2021 – Le basi fisico-scientifiche”. Gli esperti rilevano che il climate change riguarda ogni area della Terra e tutto il sistema climatico. Tuttavia, avvertono, forti e costanti riduzioni di emissioni di Co2 e di altri gas serra limiterebbero i cambiamenti climatici. Il lavoro rappresenta la prima delle tre parti del Sesto Rapporto di Valutazione che sarà completato nel 2022.

Paola Del Negro, Direttore Generale di OGS

L’intervista a Paola Del Negro, dg dell’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS)

Dottoressa Del Negro, partiamo dall’inizio: cosa è OGS?
“L’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS è un Ente Pubblico di Ricerca a vocazione internazionale vigilato dal MUR. Le sue origini risalgono al 1753 quando, su richiesta dell’Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo, i gesuiti istituirono una ‘Scuola di Astronomia e di Navigazione’ per soddisfare le esigenze di traffico e di sviluppo del porto di Trieste dopo la dichiarazione di porto franco del 1719 da parte dell’Imperatore Carlo VI.

Qual è la mission di OGS?
“OGS opera e sviluppa la propria missione nell’Area Europea della Ricerca (ERA) e in ambito internazionale con prioritario riferimento ai settori di ricerca in: Oceanografia (fisica, chimica, biologica e geologica); Geofisica sperimentale e di esplorazione; Sismologia e sismologia applicata all’Ingegneria.
Gli indirizzi e gli obiettivi della ricerca scientifica sono coerenti con il Programma Nazionale per la Ricerca e con i programmi quadro della Commissione europea. Essi sono organizzati in cinque grandi missioni di ricerca e innovazione (mission-oriented research and innovation), che rappresentano in modo esplicito le competenze, gli obiettivi e le ambizioni dell’Ente e del suo personale e che fanno riferimento a quei settori in cui l’OGS è riconosciuto a livello nazionale e internazionale quale soggetto scientifico di riferimento:
1. conoscere e usare in modo sostenibile le risorse dei mari e degli oceani;
2. conoscere e usare in modo sostenibile le risorse dell’interno della Terra;
3. mitigare l’impatto di disastri naturali tra mare e terra;
4. prevedere la risposta climatica delle regioni polari;
5. allargare la comunità di utenti dei dati scientifici”.

Quali sono le vostre principali attività realizzate?
“Le principali attività realizzate sono rappresentate da progetti di ricerca, di sviluppo e di trasferimento tecnologico a beneficio del territorio, con particolare interesse per le tematiche legate alle grandi sfide globali.
La strategia perseguita dall’Ente mira a una forte integrazione tra attività di ricerca, innovazione/ trasferimento tecnologico e formazione/divulgazione, oltre che a una sinergia tra i diversi strumenti di finanziamento della ricerca.
OGS ricopre un ruolo importante e trainante nel sistema della ricerca italiana e internazionale, per contribuire allo sviluppo tecnologico e socio-economico del Paese e per assicurare l’acquisizione e lo scambio a livello globale delle conoscenze e delle tecnologie più avanzate, consentendo al tempo stesso il loro positivo impatto e ricaduta sui territori locali (approccio “glocal”).
Le attività di OGS sono inoltre fortemente connesse con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In particolare OGS contribuisce con le azioni connesse alla Crescita blu sostenibile (Sustainable blue growth) che si focalizzano sul mare”.

Quali sono le sedi principali?
“Le sedi principali di OGS sono quattro, dislocate nei comuni di Sgonico (TS), Trieste e Udine. È inoltre attiva un’unità locale sull’isola di Panarea (Comune di Lipari, ME), in cui è ubicato un laboratorio sperimentale dell’infrastruttura europea sulla cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica, e sono in stato avanzato di realizzazione nuove sedi distaccate a Latera (VT), Milazzo (ME) e Venezia”.

Di cosa vi state occupando in questo momento?
“Stiamo portando avanti numerosi progetti in cui siamo coinvolti, finanziati a livello nazionale e internazionale, attinenti alle 5 missioni di ricerca. OGS però ha una forte connotazione sperimentale che esplica nella progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di infrastrutture di ricerca di particolare complessità, oltreché la creazione e la gestione di infrastrutture di ricerca immateriali (banche dati). La nave rompighiaccio N/R Laura Bassi è l’infrastruttura più nota”.

Cosa è e qual è l’importanza della Laura Bassi?
“La Laura Bassi è attualmente l’unica unità navale da ricerca nazionale con capacità oceaniche e polari. La N/R Laura Bassi si raccorda, in continuità operativa con la trentennale attività della N/R OGS Explora che, con le sue 11 campagne antartiche a cui si sommano le 3 campagne artiche, è stata protagonista della scena scientifica polare italiana. Oggi siamo infatti particolarmente coinvolti nelle attività legate alla campagna artica della nostra nave: è la prima campagna al polo nord della Laura Bassi che dimostra l’impegno italiano per i poli. Le attività della Laura Bassi integrano e completano le attività portate avanti dall’Istituto Idrografico della Marina con le campagne High North e la sinergia consentirà all’Italia di avere un ruolo sempre più importante anche sul tavolo artico”.

La nave rompighiaccio Laura Bassi nell’Artico

Tornando all’attualità, come giudicate l’ultimo rapporto IPCC sui cambiamenti climatici?
“L’Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC, è un’organizzazione creata da due istituti delle Na-zioni Unite (World Meteorological Organization WMO e United Nations Environment Program UNEP) con il fine di esaminare e sintetizzare le evidenze scientifiche prodotte dalla comunità scientifica internazionale sull’entità dei cambiamenti climatici presenti ed attesi per il futuro, ed i relativi impatti.
IPCC articola il proprio lavoro per gruppi tematici, e recentemente è stato rilasciato il rapporto del gruppo di lavoro che si occupa di sintetizzare le evidenze scientifiche sull’entità dei cambiamenti presenti ed attesi sotto alcune ipotesi (scenari) di implementazione di politiche più o meno attente alla componente climatica ed ambientale.
Questo rapporto è un documento complesso che va studiato ed analizzato nel dettaglio ma è importante ricordare che, come dice il ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, è un report che trae conclusioni molto rilevanti sulla base di dati scientifici inconfutabili. Per quanto riguarda il mare, si parla di incrementi importanti della temperatura degli strati superficiali (prime centinaia di metri, di significativi aumenti dell’acidità (misurati come decrementi del pH), oltre che di un notevole innalzamento del livello marino.
Il rapporto richiama inoltre l’attenzione sul fatto che gli oceani, come conseguenza della loro enorme massa, presentano una inerzia significativa, per cui alcuni dei cambiamenti già in atto continueranno per alcune decadi indipendentemente da quel che possiamo fare ora. Siamo però sempre in tempo per influenzare le dinamiche nelle decadi successive”.

Quali sono i danni dell’innalzamento delle temperature sull’ecosistema marino?
“L’ecosistema marino è complesso e, oltre ai cambiamenti climatici, subisce gli effetti di una importante antropizzazione. L’inquinamento, la perdita di biodiversità, le specie aliene, l’eccessivo sfruttamento delle risorse sono alcuni dei problemi che affliggono il mare cui si deve sommare l’innalzamento della temperatura e l’acidificazione. È proprio l’insieme di tutti i fattori di stress che deve essere considerato nel costruire uno scenario di rischio. Certo è che abbiamo già assistito alla meridionalizzazione di alcune aree del mediterraneo più settentrionali con la presenza di specie solitamente inusuali.
Abbiamo già verificato come alcuni organismi a scheletro (o esoscheletro) calcareo abbiano subito importanti ripercussioni a causa dell’acidificazione, abbiamo visto modificazioni nelle dinamiche temporali/stagionali di alcuni popolamenti planctonici e abbiamo osservato un incremento nella presenza di organismi gelatinosi, frutto dell’interazione di sovrasfruttamento delle risorse e alterazioni dell’ecosistema”.

Un esemplare di tartaruga Caretta Caretta nel mare limpido

Quali sono le ripercussioni dei cambiamenti climatici sull’uomo?
“L’uomo è un animale che ha grosse capacità di adattarsi all’ambiente in cui vive e anche di modificare tale ambiente. Nondimeno resta un animale che vive in un determinato ecosistema e da esso dipende. I cambiamenti climatici porteranno delle alterazioni che obbligheranno a cambiare cicli produttivi e forse – in una qualche misura – stili di vita. Vi saranno spostamenti delle fasce climatiche, con conseguente modificazioni degli habitat, delle vegetazioni, e migrazioni di organismi”.

In che modo, praticamente?
“Ad esempio nelle terre emerse bisognerà cambiare il tipo di agricoltura passando dalle coltivazioni tradizionali a quelle più adatte ai climi più caldi. In mare i cambiamenti saranno forse meno estremi, e più lenti, proprio per la inerzia di cui si parlava prima, ma i cambiamenti saranno simili. Sono quindi prevedibili impatti sulla pesca, l’acquacoltura, il turismo. Inoltre, tutte le modificazioni conseguenti alle alterazioni morfologiche causate dall’aumento del livello marino, l’intensificazione degli enti estremi (ondate di calore – conseguenti morie di organismi marini più frequenti, intense e capaci di raggiungere profondità più elevate), l’intensificazione del ciclo idrologico (più mareggiate, più eventi estremi, …), l’inerzia di cui si parlava, il cambiare il tipo di coltivazioni, cambieranno zone che erano tradizionalmente temperate”.

L’ipotesi di un’Italia semi sommersa dal mare a causa dell’innalzamento marino, è solo eco-fantascienza o è un pericolo reale?
“Secondo il rapporto appena uscito le incertezze sulle previsione dei dettagli relativi all’innalzamento dei mari sono ancora troppo alte per fornire risposte precise sulle evoluzioni a lungo termine (che sono quelle più alte) in zone precise, anche a causa delle incertezze sui dettagli delle dinamiche dello scioglimento dei ghiacci. Diversi studi scientifici considerano però innalzamenti del livello marino che possono arrivare, nel tempo, a diversi metri. Sarebbe un cambiamento importante.
Peraltro, l’innalzamento del mare è un tipo di impatto cui i Paesi tecnologicamente più avanzati possono far fronte, almeno in qualche misura, con opere di protezione e contenimento. Diverso, e più drammatico, l’impatto sui Paesi più poveri”.

Cosa proponete come OGS per ‘invertire la rotta’ dell’innalzamento delle temperature?
“Non spetta ad un Ente di ricerca dare soluzioni ‘politiche’. Certo è che l’abbandono al più presto dei combustibili fossili dovrebbe essere la meta, ma gli impatti dei cambiamenti climatici sull’oceano producono cambiamenti che, in alcuni casi, sono ormai irreversibili e inevitabili. Per questo è indispensabile prendere in considerazione soluzioni di mitigazione e adattamento per affrontare questi cambiamenti, il loro intensificarsi e la gestione del rischio ad essi connessa”.

Come potrebbero essere efficaci le strategie di adattamento?
“Le strategie di adattamento, per essere efficaci, dovrebbero essere integrate in un approccio multidisciplinare capace di superare le frammentazioni settoriali, geografiche e amministrative. Le opzioni a disposizione per sostenere e promuovere funzionalità integrate degli ecosistemi marini e costieri e gli ampi servizi da essi forniti riguardano la protezione di questi ecosistemi, il ripristino, la gestione delle risorse naturali rinnovabili, la riduzione dell’inquinamento e di altri fattori di pressione antropica. Esempi concreti possono includere la realizzazione di aree protette (marine e costiere), il ripristino delle zone umide costiere, contribuendo così alla protezione delle aree costiere, all’assorbimento di carbonio e al sostegno alla pesca”.

A proposito di pesca, come si possono limitare gli impatti negativi dei cambiamenti climatici su di essa?
“Gli impatti negativi dei cambiamenti climatici sulla pesca si possono limitare attraverso approcci di prevenzione e pratiche di gestione sostenibile mirate, tra l’altro, al ripristino di specie eccessivamente sfruttate. L’efficacia delle risposte alle sfide poste dai cambiamenti climatici dipende anche dalla disponibilità e dall’utilizzo di sistemi di monitoraggio, di osservazione e di previsione (come ad esempio sistemi di allarme precoce – early warning systems) che facilitano la gestione di rischi”.

I cambiamenti naturali sono generalmente molto lenti. Esistono però dei repentini punti di svolta?
“Sì. È importante sottolineare che non sempre la natura procede per gradi, ma spesso esistono valori limite, o – appunto – punti di svolta, superati i quali il sistema cambia radicalmente, a volte originando anche situazioni mai osservate prima o comunque non prevedibili o valutabili. Non è quindi sempre possibile prevedere i cambiamenti futuri – ed i loro impatti – semplicemente estrapolando le tendenze evolutive osservate nel passato recente, ma è necessario utilizzare modelli matematici sofisticati capaci di simulare le proprietà emergenti dalla sovrapposizione di una serie di dinamiche non lineari ed è necessario avere tutta la conoscenza di base e tutte le osservazioni sperimentali che servono a costruire e validare questi modelli. Purtroppo, quindi, esistono ancora molte incertezze che rendono meno chiari i dettagli del quadro che va delineandosi.
Ma questo non devo confonderci: i tratti fondamentali dello stesso sono chiari e le osservazioni degli ultimi anni confermano che il pianeta si sta evolvendo in accordo con le previsioni più pessimistiche fatte nei rapporti IPCC degli anni scorsi”.