Morte Maradona: lutto nel mondo del calcio, tragedia per i napoletani

È morto Maradona. Per il mondo del calcio un lutto. Per i napoletani una tragedia senza fine, perché Maradona è stato, per tutti i napoletani, colui che li ha messi in cima, che ho loro concesso il riscatto dalla sudditanza nei confronti dei potenti, dei ricchi, degli importanti.

Uno scugnizzo di adozione, simile in tutto ai napoletani, anche nella sua irriverenza, nei suoi gesti plateali, nella sua gioia incontenibile, nella sua esagerazione in ogni eccesso, ma con un cuore grande come piace ai napoletani, come sono i napoletani.

Sicuramente il miglior giocatore di calcio di tutti i tempi, ed una canzoncina dei primi tempi in cui arrivò a Napoli lo definiva migliore di Pelé; il riconoscimento è alle sue prodezze ineguagliabili, alle leggi fisiche frantumate dalle sue sfide, dalla capacità di lanciare il pallone esattamente dove non era possibile che arrivasse se non portandolo a mano. In questi giorni ognuno racconta testimonianze delle sue meraviglie, dai calci di punizione imprendibili ai gol dall’angolo sulla linea di porta, dalla progressione del dribbling alla caduta con rialzata in corsa per segnare la rete. Qualcuno ha raccontato anche palleggi con un mandarino per più di un’ora senza farlo cadere. La vignetta più tenera che ho visto girare in questi giorni lo disegna in pantaloncini e maglietta al cospetto dell’Onnipotente per restituire il pallone ricevuto.

Era un fuoriclasse, nessuno ne può dubitare. Qualcuno ha messo in dubbio le sue doti di campione per le vicende infelici che hanno pure caratterizzato la sua vita fuori dal campo di gioco, fraintendendone il significato, che invece indica colui che vince nello sport, senza alcun riferimento alla sua vita privata che deve restare certamente estranea a qualunque valutazione sulle sue doti sportive, appunto ineguagliabili.

C’è, invece, un antico vizio di tentare di offuscare gli altrui pregi andando a pescare elementi che non appartengono al giudizio di valore che si sta esprimendo in quel contesto ma che servono unicamente a nuocere alla gratificazione di chi invece sta meritando gli elogi, come se il vincitore di una determinata gara dovesse essere anche il migliore a scuola, il più elegante, il più altruista, l’eroe. È la pratica diffusa della denigrazione che dona un non so che di soddisfazione in chi si sente sconfitto dall’altrui capacità che è costretto a riconoscere pubblicamente ed allora vi aggiunge una considerazione negativa per sporcarne l’immagine e, forse, salvare se stesso ma solo ai propri occhi. Gira anche in questi giorni un invito più o meno esplicito a tacere rivolto ai soliti denigratori, improvvisati commentatori delle altrui vicende, eroi nel distinguersi per non unirsi al coro degli acclamatori.

Ma da cosa nasce questa esigenza, oltre che dall’invidia che serpeggia ed avvelena un sereno riconoscimento dei meriti altrui, indiscutibili nel caso di Maradona; se il calciatore è stato un campione, l’uomo ha meritato il tributo che i napoletani gli hanno riconosciuto per i suoi incontrollabili slanci emotivi a favore di chi riteneva ne avesse bisogno. Ha commesso errori gravi ed imperdonabili ed inimitabili? Sicuramente, ma è stato giudicato sulla Terra e lo sarà in Cielo, non certo dagli immarcescibili censori del lunedì.

Ma dicevamo che poco ci importa di questo; piuttosto ci chiediamo da cosa deriva questa esigenza di sminuire l’altrui valore; solitamente da una sorta di scarsa considerazione di se stessi in un improponibile confronto con l’altro da cui, a chi non ha stima di sé e soffre del timore di essere valutato inferiore, deriva un bisogno di affermarsi per approvarsi. Bisognerebbe riscrivere le regole di considerazione dei valori in modo da consentire anche a chi non vince la coppa del mondo di avere stima di sé per aver svolto con dignità e decoro i propri compiti, quali che siano. È il culto dell’invincibile, del superiore, del migliore degli altri la radice di questi mali: non è affatto vero che bisogna essere i primi in non si sa che gara di vita con gli altri; è necessario, invece, svolgere con serenità ed impegno le proprie attitudini e riconoscere il valore delle azioni altrui, se e dove meritevoli, evitando di esprimere giudizi negativi per il solo gusto di oscurare il merito di chi è avanti a noi ed acclamare serenamente e sinceramente il vincitore.

Occorre essere onesti, se proprio è indispensabile tradurre l’apprezzamento e la stima in un giudizio di merito.