Rospi (Gruppo Misto): “Cura Italia? La grande assente è la famiglia”

Il deputato lucano, relatore del Decreto Genova, a colloquio con Interris.it: dall'emergenza Covid-19 al provvedimento governativo, dalla questione cantieri fino al futuro della sua Matera

Parlamentare lucano, marito e padre di due figlie, la carriera professionale e politica di Gianluca Rospi, deputato del Gruppo Misto, si intreccia con forza alla sua terra. Ingegnere edile, ex presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Matera, cattolico che ha fatto della fede una pietra angolare del suo percorso, ha alle spalle una significativa esperienza come relatore del Decreto Genova, modello che ha recentemente suggerito di applicare ai grandi cantieri del Paese, da Nord a Sud, cercando di imprimere quella necessaria forza motrice ai progetti pubblici da troppo tempo bloccati dalla burocrazia della macchina amministrativa. Giovane parlamentare di importante formazione universitaria (con dottorato di ricerca in architettura), le sue competenze e i suoi valori gli sono valsi l’apprezzamento del suo gruppo parlamentare di riferimento, oltre che degli ex alleati del Movimento 5 Stelle e delle altre forze politiche. A colloquio con Interris.it, augura per la sua Matera un futuro fatto di impegno “a testa bassa per il comune”, dopo un anno da Capitale della Cultura europea. E sull’emergenza coronavirus, si unisce all’appello di chi, per coscienza del suo territorio, auspica una tenace tutela preventiva del Sud Italia.

Onorevole, il decreto Cura Italia tutela tutti i lavoratori o c’è chi rischia di essere tenuto fuori?
“Cominciamo con il dire che la grande assente del Decreto Cura Italia è la Famiglia che non viene praticamente mai menzionata ed è il pilastro su cui si reggono tutte le società contemporanee. Poi come al solito ci sono tante piccole misure come sempre assistenziali senza una vera visione politica oltre alle tante dimenticanze. Una per tutte manca, una misura per le partite Iva iscritte alle casse private, i tanti professionisti, ingegneri, avvocati, commercialisti, giornalisti, periti, e tanti altri tecnici nonostante queste figure svolgano un servizio di supporto, e in alcuni casi sostitutivo, alla pubblica amministrazione grazie alla loro alta professionalità e competenza. Poi c’è tutto il settore dell’accoglienza che avrà un calo dei fatturati non di poco conto e del commercio, a partire dal settore della moda, che invece si troverà con i magazzini pieni, per non aver venduto la merce, e le scadenze di pagamento a marzo, aprile e maggio verso i fornitori. Mi auguro che in Parlamento ci sia la possibilità di intervenire per modificare il Decreto e far sì che nell’emergenza non ci siano cittadini di serie A e serie B ma che vengano garantiti gli stessi diritti per tutte le categorie”.

In merito all’emergenza Covid-19, come reputa la decisione del governatore della Basilicata Bardi che, assieme a Musumeci, Emiliano e De Luca tra i tanti, ha sbarrato il ritorno dei fuori sede?
“Lasciatemi dire che il Governo in questa emergenza si è dimostrato sconclusionato, enunciando provvedimenti senza averli approvati, utilizzando i social e non il Parlamento e le sedi istituzionali per informare i cittadini, creando confusione non solo nella gente ma anche negli operatori addetti all’emergenza. Al contrario ho visto alcuni governatori delle Regioni più concreti e coerenti. Io penso che la decisione di non far rientrare le persone dal Nord sia in questo momento indispensabile per evitare che il virus si espanda anche al Sud, che ricordiamo è un territorio più fragile. Anche se queste decisioni dovevano essere prese prima, perché la prima ondata di persone è ormai arrivata. Occorre sempre ricordare che comunque le delibere dei Governatori non impediscono il rientro, obbligando invece a chi rientra di fare un periodo di quarantena”.

Lei è originario di una regione in cui solo nel 2018 si sono registrate oltre 3mila diagnosi di cancro. Come vede la situazione sanitaria al Sud? È preoccupato per la propagazione del contagio in Basilicata?
“L’aumento dei malati oncologici è un dato preoccupante per una regione non industriale come la Basilicata e che registra ogni anno una perdita di più di 4000 persone. Ma è anche vero che in Basilicata sono presenti due siti altamente inquinati classificati SIN, le due aree di estrazione di idrocarburi più grandi in Europa sulla terraferma, oltre ad un’area di stoccaggio di scorie radioattive all’interno del centro Enea di Rotondella (MT) e che l’aumento dei casi è concentrato principalmente in queste aree. Questo naturalmente non giustifica il dato ma ci deve far riflettere sul fatto che vanno completate quanto prima le bonifiche e su una nuova politica energetica più orientata alla blue economy che oltre agli aspetti tecnologici e finanziari si occupa anche degli aspetti sociali, ecologici e della qualità della vita umana. Il Sud e la Basilicata hanno una situazione sanitaria di gran lunga più fragile rispetto alla Lombardia, spero che il contagio arrivi in maniera più tenue. In Basilicata sono preoccupato per il focolaio che si è sviluppato in Val d’Agri perché ha interessato anche l’ospedale di Villa d’Agri e questo potrebbe provocare un effetto amplificatore, come avvenuto nel bergamasco, mettendo in seria difficoltà tutto il sistema sanitario regionale. Anche se questa battaglia la vinciamo se facciamo tutti sistema, medici, operatori sanitari e soprattutto i cittadini, solo uniti possiamo superare l’emergenza sanitaria ed economica che ne deriverà”.

Come relatore del “Decreto Genova”, lei ha di recente proposto il “modello Genova” a tutti i grandi cantieri del Paese. Può spiegare quali sono quelli più urgenti e perché?
“Vorrei prima fare una premessa: quando abbiamo elaborato il Decreto Genova, abbiamo avuto numerose critiche, ci hanno anche detto che avrebbe creato un sistema corruttibile, bloccando invece di accelerare il processo realizzativo dell’opera. Oggi sento dire il contrario, ma quello che più mi fa piacere è che tutte le forze politiche concordano che il ‘Decreto Genova’ sia stato un ottimo provvedimento. E non solo perché semplifica le procedure di appalto ma soprattutto perché demanda la responsabilità procedurale e di controllo ad un commissario. Se mi chiede quali sono i cantieri urgenti in Italia, basterebbe dire che in Italia ne sono bloccati numerosi da Nord a Sud per un importo di oltre 60 miliardi; quindi a mio avviso, applicando il modello Genova a tutti i cantieri potremmo sbloccare tutte le opere in poco tempo. Naturalmente dobbiamo dire che per sbloccare un’opera non basta solo sburocratizzare la macchina amministrativa ma anche avere le somme in cassa per poter pagare le imprese, e quest’ultime spesso non ci sono. Quindi andrebbe fatto un cronoprogramma in base alle potenzialità economico e sociali che quell’opera porta al territorio e partire da quelle come ad esempio il potenziamento della rete di Alta velocità nel Sud Italia, che consente non solo di ridurre il gap economico tra Nord e Sud Italia ma aumenta anche il benessere delle famiglie del meridione, consentendo un aumento della qualità della vita, riducendo anche l’emigrazione dei giovani che dal Sud Italia si spostano al Nord. Poi bisognerebbe investire nella logistica dei porti del Sud Italia, come Gioia Tauro e Taranto, che potrebbero intercettare buona parte delle merci che oggi attraversa Suez e fa scalo a Rotterdam passandoci sotto il naso”.

È passato oltre un anno da Matera capitale europea della cultura. Quando finirà quest’emergenza, come reagirà la Basilicata al rilancio economico? C’è il rischio che venga “lasciata indietro” rispetto a un Nord, traino industriale?
“I cittadini di Matera hanno una resilienza e uno spirito di riscatto che io direi unici in Italia, basta guardare indietro un po’ nella nostra storia contemporanea: Matera fu la prima città a insorgere contro il nazifascismo il 21 settembre del 1943 e poi ha avuto la capacità di trasformare il sito dei “Sassi di Matera” da vergogna nazionale, dichiarato dal Governo nei primi anni della Repubblica, prima in patrimonio nazionale dell’Unesco nel 1993 e poi in Capitale Europea della Cultura nel 2019. La reazione ci sarà anche questa volta, pure se questa volta la crisi economica che ne deriverà, avrà ripercussioni importanti soprattutto nel settore del turismo e dell’industria creativa, per questo cercherò di sensibilizzare l’attività di governo e quella politica verso l’avvio di iniziative a sostegno dell’economia delle città d’arte, non solo attraverso la digitalizzazione del patrimonio storico artistico ma anche attraverso vere è proprie misure per rilanciare l’offerta turistica. E poi superata l’emergenza, io penso che dovremmo guardare come paese non solo all’Europa ma soprattutto al mediterraneo cercando di diventare la piattaforma logistica del sud Europa per le merci da e verso l’Africa e l’Oriente. Solo cosi potremo superare le divisioni geografiche e esistenziali tra Nord e Sud e rinascere come Italia ed Europa”.

Lei si è speso molto per una visione di sviluppo di Matera basata su: azione comune, lungimiranza, competenza e coraggio. In quali di questi punti la città deve fare uno sforzo maggiore, e perché?
“Oggi dobbiamo ripartire dal promuovere la cultura del rispetto, della condivisione e del coraggio affinché le nuove generazioni possano avere esempi di lealtà restituendo loro la speranza e il desiderio di costruire il presente e progettare il domani. La città di Matera deve tornare ad essere quel laboratorio culturale di idee. Matera città che fin dall’inizio della civiltà umana ha fornito e fornisce alla storia un contribuito sociale, culturale e costruttivo deve diventare simbolo di una città desiderabile e a misura d’uomo. Per far ciò la città ma soprattutto i cittadini devono abbandonare gli slogan politici e la politica dei leader assoluti e di breve durata per tornare ad impegnarsi a testa bassa per il bene comune, utilizzando le migliori energie e potenzialità presenti in città. Dobbiamo tutti insieme riprendere il cammino verso una partecipazione più democratica nelle scelte politiche. Ricostruendo un patto sociale fra cittadini liberi, che non cercano una ragione di unità in un passato che spesso li divide ma in un futuro che può, ancora, accomunarli”.

Lei sostiene la tutela dell’economia delle città d’arte. Qual è la sua riflessione alla luce dei dati di Assoturismo, che prevedono 29 miliardi di introiti in meno nel settore?
“L’Italia è prima al mondo per numero di siti Unesco, possediamo il più grande patrimonio culturale a livello mondiale: oltre 4.000 musei, 6.000 aree archeologiche, 85.000 chiese soggette a tutela e 40.000 dimore storiche censite, oltre ha essere l’Italia anche “arte a cielo aperto” con le sue coste, le sue riserve e paesaggi naturali. Se non investiamo in quello a noi più prezioso e che ci invidiano tutti, allora in cosa dovremmo investire? È poi grazie ai nostri teatri, alla prosa, alle orchestre, ai corpi di ballo, alle fondazioni lirico-sinfoniche e a tutto quell’articolato e complesso mondo dello spettacolo che si animano le nostre città, si forniscono importanti occasioni di crescita, si sviluppa il senso critico, si contrasta la povertà educativa. Nei prossimi due anni avremo una regressione del settore turistico in Italia, questo anche perché invece di concentrarci su come sconfiggere il virus, il governo ha pensato di pubblicizzarlo pensando di essere al Grande Fratello, producendo un ulteriore danno d’immagine ad un settore già in sofferenza. Superata l’emergenza dobbiamo ripartire attraverso il rilancio del paese non solo sotto il profilo industriale, sostenendo la crescita delle piccole, medie e grandi imprese italiane, ma soprattutto va rilanciata l’economia legata al mondo turistico e culturale, va rilanciato il settore dell’alta formazione artistica, museale e lo spettacolo dal vivo, asset strategici di sviluppo per l’Italia e anima della vita culturale e sociale del nostro paese. Bisogna fare lo sforzo di mettere a sistema tutte le città d’arte italiane producendo un’offerta culturale sul l’arco temporale annuale. E poi affiancare e investire nell’industria creativa. Entrambi gli asset sono il frutto della sapienza e della «scuola» del genio italico, trasmesso di generazione in generazione”.