MESSA AD ASUNCIÓN, “LA CARTA D’IDENTITÀ DEL CRISTIANO È L’ACCOGLIENZA”

Nell’ultimo giorno del suo viaggio in Paraguay e America Latina, Papa Francesco ha concluso da poco la Messa nel campo grande di Nu Guazú, ad Asunción. Ha partecipato, come previsto, una folla immensa, tra le quali anche la Presidente argentina Cristina Kirchner insieme a decine di migliaia di connazionali di Bergoglio.

Nell’omelia il Papa è partito dal Salmo 84 “Il Signore ci darà la pioggia e la nostra terra darà il suo frutto”, sottolineando come la Messa rappresenti quella misteriosa comunione tra Dio e il suo popolo: “una comunione che dà sempre frutto, dà sempre vita. Questa fiducia scaturisce dalla fede, sapere che possiamo contare sulla sua grazia, che sempre trasformerà e irrigherà la nostra terra”. “Una fiducia – ha spiegato – che si impara, che si va formando nel seno di una comunità, nella vita di una famiglia, che diventa testimonianza nei volti di tanti che ci stimolano a essere discepoli di Colui che non delude mai”.

Bergoglio torna a descrivere la “carta d’identità” del cristiano verace, lontano da stereotipi o fanatismi. Gesù invia i discepoli dando loro regole chiare e precise, una serie di atteggiamenti, comportamenti che devono avere: “non prendete per il viaggio nient’altro che un bastone, né pane, né sacca, ne denaro”. Modi di comportarsi che, sottolinea il Pontefice, sarebbe più facile leggere “simbolicamente o spiritualmente”. Ma Gesù è molto preciso e non ammette libertà interpretative. “La parola centrale nella spiritualità cristiana, nell’esperienza di discepolato è ospitalità – prosegue Francesco – Potremmo dire che il cristiano è colui che ha imparato ad ospitare, che ha imparato ad accogliere”.

Il Santo Padre parla del passaggio dalla logica del dominio alla logica del prendersi cura: “Gesù non invia i discepoli come potenti, come proprietari, capi, carichi di leggi, norme; al contrario, indica loro che il cammino del cristiano è semplicemente trasformare il cuore, il suo e quello degli altri. Imparare a vivere in un altro modo, con un’altra legge, sotto un’altra normativa. E’ passare dalla logica dell’egoismo, della chiusura, dello scontro, della divisione, della superiorità, alla logica della vita, della gratuità, dell’amore. Dalla logica del dominio, dell’oppressione, della manipolazione, alla logica dell’accogliere, del ricevere, del prendersi cura”.

Nella logica del Vangelo, prosegue, non si convince con le argomentazioni e le tattiche, ma semplicemente imparando ad ospitare. Per questo motivo “la Chiesa è la madre dal cuore aperto che sa accogliere, ricevere, specialmente chi ha bisogno di maggiore cura, chi è in maggiore difficoltà” come l’affamato, l’assetato, lo straniero, il nudo, il malato, il prigioniero, il lebbroso, il paralitico. Ospitalità con le culture diverse, di cui “questa terra paraguayana è così ricca”. Ospitalità anche con il peccatore, perché “ognuno di noi lo è”.

Bergoglio rintraccia come radice di molti mali la solitudine, il risultato della mancata accoglienza. “Tante volte ci dimentichiamo che c’è un male che distrugge silenziosamente tante vite: la solitudine. Ci separa dagli altri, da Dio, dalla comunità. Ci rinchiude in noi stessi. Perciò, quello che è proprio della Chiesa, di questa madre, è imparare a vivere la fraternità con gli altri, la migliore testimonianza che Dio è Padre”.

Dio ha consegnato il suo unico Figlio alla croce affinché imparassimo “il cammino della fraternità, il cammino del dono”. Gesù è definitivamente il nuovo orizzonte, la nuova Parola per tante situazioni di esclusione, di disgregazione, di chiusura, di isolamento; una parola in grado di rompere “il silenzio della solitudine”. Anche se non è possibile obbligare nessuno a ospitare, è altrettanto certo, afferma il Successore di Pietro, che “nessuno può chiederci di non accogliere e abbracciare la vita dei nostri fratelli, soprattutto la vita di quelli che hanno perso la speranza e il gusto di vivere”. Il modello di accoglienza perfetta è Maria, madre di Dio. “In lei abbiamo un modello – conclude nell’omelia il Santo Padre – che non ha dominato né si è impadronita della Parola di Dio, ma, al contrario, l’ha ospitata, l’ha portata in grembo e l’ha donata. Così vogliamo essere noi cristiani, così vogliamo vivere la fede in questo suolo paraguaiano, come Maria, accogliendo la vita di Dio nei nostri fratelli con fiducia, con la certezza che ‘Il Signore ci darà la pioggia e la nostra terra darà il suo frutto’”.

In mattinata prima della celebrazione eucaristica, Papa Bergoglio si era recato in visita a Bañado Norte, un quartiere povero di Asunción abitato da oltre 100 mila persone, in cui sono attivi diversi progetti di assistenza dello Stato e della Chiesa, in particolare dei gesuiti. Il Santo Padre ha ricordato le difficoltà causate dalla povertà accomunandole a quelle incontrate dalla Sacra Famiglia. “Tutto quello che fate per superare l’inclemenza del tempo, le inondazioni di queste ultime settimane, mi riporta alla memoria la piccola famiglia di Betlemme. Una lotta che non vi ha rubato il sorriso, la gioia, la speranza”. Il Papa ha incoraggiato infine gli abitanti di Bañado Norte a continuare “ad essere missionari”, ad “essere prossimi specialmente dei più giovani e degli anziani, sostegno delle giovani famiglie e di coloro che stanno attraversando momenti di difficoltà”.