Realizzate le mappe dei terremoti mondiali

Si chiama Gem (Global Earthquake Model) ed è una fondazione non profit di Pavia che studia i terremoti e sviluppa strumenti utili a ridurre il rischio sismico a livello globale. Il team, sostenuto anche dalla Protezione Civile e formato da un gruppo internazionale di scienziati e di ingegneri, ha recentemente pubblicato tre mappe che descrivono la pericolosità e il rischio sismico su scala globale. 

La prima mappa rappresenta la pericolosità (“Hazard Model”), la seconda l'esposizione (“Global Exposure”) vale a dire la disposizione e il numero degli edifici nel mondo, e la terza il rischio (“Risk Model”). Le mappe di pericolosità e rischio sono state calcolate con Open Quake Engine, un software aperto sviluppato da Gem con il quale sono state preparate anche le nuove mappe nazionali dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv).

Le mappe

Le tre nuove mappe “sono strumenti che aiutano a fare confronti tra le aree con diversi valori di pericolosità sismica e consentono di conoscere i livelli di rischio – spiega il geologo Marco Pagani, coordinatore del gruppo di pericolosità sismica di Gem, su Agi – le nostre mappe possono essere usate per ridurre gli effetti dei sismi attraverso la prevenzione e predisponendo adeguati interventi di mitigazione del rischio”. Cioè decidere dove e come costruire abitazioni e infrastrutture.

Ma quale differenza tra “pericolosità” e “rischio sismico”? La pericolosità esprime “l’intensità del fenomeno sul terreno, cioè la probabilità che un terremoto colpisca una determinata area in un certo periodo di tempo con determinati livelli di scuotimento”, illustra Pagani. Con rischio, invece, si intendono “gli effetti che un sisma produce su cose o persone”, cioè “il numero di vittime attese e le perdite economiche di uno Stato”. Tra i due concetti c’è una correlazione rappresentata dall’intervento dell’uomo sull’ambiente: “A parità di pericolosità, per esempio, il rischio in due aree differenti è determinato dal tipo di costruzioni esistenti”, spiega Pagani. Gli effetti del terremoto, insomma, dipendono da caratteristiche come la qualità delle infrastrutture, il grado di progettazione anti-sismica, la densità demografica dell’area interessata. “Ci abbiamo lavorato dal 2015 e i risultati sono open-source, cioè liberamente riutilizzabili”, prosegue Pagani. “Il nostro obiettivo ora è aggiornare le mappe di anno in anno, mentre il codice di calcolo è disponibile a tutti”.

Italia

“Sono circa 25 mila in tutto il mondo le faglie conosciute, su un totale di 3 milioni e mezzo di sorgenti sismiche”, prosegue Pagani. “Rispetto a studi precedenti abbiamo notato che i picchi di pericolosità sismica si concentrano lungo le aree di subduzione come le coste attorno all’Oceano Pacifico e nell’Himalaya”, spiega il geologo. Il rischio, di conseguenza, si riflette soprattutto in aree come India e Indonesia. E l’Italia? “Nel nostro Paese la pericolosità va da intermedia a elevata. Ci sono un centinaio di faglie e il rischio dipende soprattutto dalle caratteristiche delle città e dagli edifici che abbiamo, in particolare quelli storici”.