Spicole solari: dopo 140 anni risolto il mistero delle “lingue di plasma”

Dopo 140 anni di ipotesi e ricerche, un’accurata simulazione al calcolatore è riuscita a ricostruire la formazione dei getti intermittenti di plasma che si propagano sul Sole dalla cromosfera fino alla base della corona. Pubblicato sulla rivista Science, il risultato si deve ai fisici solari coordinati da Juan Martinez-Sykora, del centro di ricerca americano Bay Area Environmental Research Institute (Usa).

Spicule

Le ‘lingue’ di plasma che ogni giorno compaiono a migliaia nell’atmosfera della nostra stella, chiamate “spicole” (o “spicule”, dal latino “aguzze, affilate”), si formano quando un forte flusso magnetico si diffonde nell’atmosfera e agiscono come ‘fiamme’ che riscaldano di milioni di gradi la parte più esterna dell’atmosfera solare.

L’intera parte centrale dell’atmosfera del sole, cioè la cromosfera, è un sistema di numerosissimi getti di plasma, la cui origine è sempre stata un mistero. La loro scoperta viene da lontano: vennero osservati per la prima volta da Padre Angelo Secchi, dell’Osservatorio del Collegio Romano, nel 1887. Queste strutture – alte fino a 10.000 chilometri e con un diametro di circa 1.000 metri – assomigliano a gigantesche lingue di gas che si propagano dalla cromosfera solare fino alla base della corona con velocità che possono superare i 500 mila chilometri l’ora, per un lasso di tempo compreso tra i 5 e i 10 minuti.

Mistero risolto

Risolvere l’enigma è stato possibile grazie a una simulazione abbinata all’analisi dei dati della missione Iris (Interface Region Imaging Spectrograph) della Nasa e del telescopio solare svedese Sst (Swedish 1-m Solar Telescope) nelle isole Canarie.

Lo studio ha dimostrato che le spicule si formano quando una forte tensione magnetica si diffonde nell’atmosfera e di conseguenza queste strutture agiscono come ‘fiamme’ di gas che riscaldano la corona. Questo spiegherebbe il perchè la corona sia molto più calda, di circa 200 volte, lo strato sottostante, la cromosfera.

Venti stellari

“Si tratta di un passo importante nella comprensione della natura di questi getti di plasma nell’atmosfera solare, ma anche un bellissimo esempio di come il Sole ci offra la possibilità di studiare processi di fisica fondamentale in condizioni difficilmente riproducibili in laboratorio, o direttamente osservabili in altri contesti astrofisici” commenta Marco Stangalini, ricercatore dell’Istituto nazionale di astrofisica a Roma, sul sito dell’Inaf.

“La scoperta del legame tra questi getti di plasma e perturbazioni magnetiche su piccolissima scala è di fondamentale importanza non solo per la comprensione dei meccanismi di riscaldamento degli strati più esterni di stelle come il Sole, ma costituisce un importante elemento anche per la comprensione dei processi di accelerazione dei venti stellari”.

“Nei prossimi anni, l’avvento dei telescopi solari di nuova generazione DKIST e EST permetterà di studiare con ulteriore dettaglio questi processi, osservando la nostra stella a scale spaziali mai esplorate prima (25 km sulla superficie del Sole), e fornendo ulteriori elementi utili per la comprensione di tali processi fisici – conclude Stangalini – con molteplici ricadute in molti campi dell’astrofisica e della fisica del plasma”.