Come la pandemia ha limitato la cura di altre patologie

I risultati di una ricerca sull'accesso alle cure per patologie non Covid-19 hanno messo in luce una grande problematica nel corso della pandemia

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Nei giorni scorsi la Fondazione Italia in Salute ha pubblicato una ricerca dal titolo Gli italiani e il Covid-19. Impatto socio-sanitario, comportamenti e atteggiamenti della popolazione italiana realizzata da Sociometrica.  Obiettivo quello di quantificare le conseguenze della pandemia sanitaria in atto per quanto concerne l’effetto scaturito sul Sistema Sanitario Nazionale ed in particolare sulla cura delle patologie non afferenti al Covid – 19.

Cosa è emerso dai dati

Tanto premesso, nella presente ricerca, è stato evidenziato che in quest’anno connotato dall’emergenza sanitaria, 35 milioni di italiani hanno riscontrato varie problematiche ad accedere alle cure per le patologie non Covid – 19, in particolare tra questi 600mila non hanno potuto fare interventi chirurgici, 1 milione di persone non hanno avuto accesso  alle prestazioni di day hospital e 400mila hanno rinunciato ad interventi.

Rispetto a quanto precedentemente detto è utile sottolineare che questa ricerca si è posta come obiettivo l’analisi delle conseguenze della pandemia sul sistema sanitario, il conseguente impatto verificatosi sui comportamenti collettivi e l’atteggiamento degli italiani per quanto concerne i vaccini anti – Covid.

L’urgenza di tornare a potersi curare

Rispetto a questo ultimo argomento lo studio in oggetto ha evidenziato che il 40,5% della popolazione attende con tranquillità il proprio turno per fare il vaccino, il 9,9% attende per poter capire meglio, il 7,6% vorrebbe scegliere quale vaccino farsi inoculare ed il 7,5% non intende sottoporsi a vaccinazione.

In ultima istanza, in ossequio ai dati raccolti in questa ricerca, è fondamentale che le istituzioni sanitarie preposte propendano ogni sforzo possibile con l’obiettivo di garantire l’accesso universale e gratuito alle cure mediche – nonostante la pandemia in  atto – per rimettere al centro del sistema sanitario quella che Papa Francesco con lungimiranza ha definito “dignità del malato in cui è decisivo l’aspetto relazionale per farsi carico dei bisogni di coloro che soffrono per accompagnarli in un percorso di guarigione, grazie a una relazione interpersonale di fiducia”.