L’esperienza della Risurrezione non ci lascia mai come prima

Foto: Vatican News

“Quel che è stato sarà e quel che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole.
C’è forse qualcosa di cui si possa dire: «Ecco, questa è una novità»? Proprio questa è già avvenuta nei secoli che ci hanno preceduto” (Qoèlet 1,9-10)

Ecco, Qoèlet, questa sì che è una vera novità! Un uomo, Gesù di Nazareth, che la morte aveva inghiottito e il sepolcro aveva rinchiuso, è uscito fuori vivo, vincitore della morte. Era il 9 aprile dell’anno 30. Interroga pure i tempi passati. Non era mai successo qualcosa di simile! E, invece, l’incredibile è avvenuto. E noi ne siamo testimoni! Corriamo, quindi, con il cuore che ci scoppia nel petto, con le lacrime di gioia, dopo quelle della disperazione, impazienti di comunicare a tutti: Cristo è risorto!

E d’ora in poi tutto cambia. Niente sarà come prima! Qoèlet, non odiare più la vita (2,17)! Non proclamare più “felici i morti, ormai trapassati, più dei viventi che sono ancora in vita” (4,2)! Perché…

“Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;

ma ora, vivo, trionfa…
Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto!” (Sequenza di Pasqua)

La corsa della Missione

Da quel 9 aprile, è iniziata la corsa della missione: “Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”. E i seguaci della “via” (Atti degli apostoli 9,2; 16,17; 18,25.26; 19,9.23; 22,4; 24,14.22;), instancabili – perché non ci si stanca mai quando il cuore è contento! – hanno percorso tutte le vie e strade delle “Galilee”, delle periferie del mondo, desiderosi di comunicare a tutti questa Buona Novella: Cristo è risorto!

Mi viene in mente un lontano ricordo di un racconto di un mio confratello comboniano, P. Antonio La Braca, che da circa quarant’anni percorre i cammini e sentieri del Sud Sudan. Giunto in un villaggio dove il Vangelo non era ancora arrivato, chiese al capo di poter rivolgersi a tutta la comunità. Radunata la gente, comunicò loro il kerigma: il Cristo Morto e Risorto. A questo punto, un giovane e fiero guerriero si alzò in piedi e gli disse: “Bianco, non venire a raccontarci delle storielle per bambini. Quando mai un morto ritorna a vivere?” E, mostrandogli il petto, aggiunse: “Vedi questi tatuaggi? Ogni segno è un nemico che io ho ucciso in combattimento! Sappi che nessuno di loro ritornò a disturbarmi, nemmeno nei sogni!” P. La Braca gli rispose: “E tu credi che, se la resurrezione dei morti fosse una cosa comune, io avrei percorso migliaia di chilometri, attraversato fiumi ed affrontato pericoli per venire a raccontartela? È perché è un fatto unico e inedito che io sono venuto da voi. Perché, se Cristo è risorto, vuole dire che il suo messaggio è vero e viene da Dio. E Lui ci dice che dobbiamo amare tutti quanti, anche i nemici!”.

Quale Cristo viviamo ed annunciamo: alla vecchia o alla nuova maniera?

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” (Luca 24,5), chiedono gli angeli alle donne andate al sepolcro. Le donne cercavano Gesù, ma… “alla vecchia maniera”, cioè un cadavere. Volevano fare una buona azione verso il suo corpo. L’ingresso della novità di Dio, però, porta ad una radicalmente “nuova” modalità di ricerca di Gesù, il Risorto!

Potremmo dire che la ricerca di Gesù secondo il vecchio modo, proprio dell’uomo prima dell’evento della risurrezione, è il tentativo continuo e ripetuto di cercare Gesù nel moralismo cristiano: una ricerca che ha il sapore del vino vecchio, e quindi piace… Il Crocifisso mi aiuta ad andare avanti: mi appoggio a lui per fare qualcosa di buono davanti a Dio… Rimaniamo nel vecchio mondo chiuso, in cui nulla cambia, in cui il Signore Crocifisso e Risorto rappresenta semplicemente un qualcosa di più, uno stimolo maggiore per i nostri sforzi.

“Cristo è risorto, ma ora cosa devo fare io?” Questo “ma” è segno che non abbiamo ancora accolto il Cristo risorto. L’esperienza della risurrezione non ci lascia mai come prima. Ci fa vivere da risorti, non per sforzo volontaristico, ma per la gioia di una sorpresa che cambia radicalmente la nostra visione dell’esistenza e suscita uno stile nuovo di vita. È la logica di colui che trova il tesoro. La Risurrezione è un fermento di novità. Per questo l’apostolo Paolo ci invita a celebrare la Pasqua “non con il lievito vecchio”, ma con gli azzimi di una pasta nuova (1 Corinzi 5,6-8).

È la nostra la vecchia ricerca di Gesù o la nuova? Quella per il Crocifisso o quella per il Risorto? Chiediamoci se crediamo davvero che Gesù sia risorto, se crediamo davvero che ci sia qualcosa di “nuovo” nella nostra vita!
(Riflessioni ispirate al Card. Martini, “Gli esercizi ignaziani alla luce del Vangelo di Matteo”).

Il Risorto va cercato dove c’è vita!

“Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui”. (Marco 16,1-7, vangelo della veglia). Sette volte appare la parola “sepolcro” nel vangelo del giorno di Pasqua (Giovanni 20,1-9). Se “non è qui”, dove bisogna cercarlo? Dove brulica la vita! Dove si respira un’aria nuova! Non dove marcisce la vita!

Ci sarebbe da domandarsi se nelle nostre chiese e assemblee si respira l’aria nuova e primaverile del Risorto. Purtroppo, bisogna riconoscere che talvolta si respira male, c’è un’aria stantia nei nostri ambienti ecclesiali. Siamo diventati allergici alle novità, non vogliamo essere sfidati dal nuovo, da quanto non rientra nei nostri vecchi schemi di vita e di pensiero. Talvolta si ha l’impressione che le porte e finestre spalancate dal concilio Vaticano II si siano rinchiuse di nuovo. Non c’è da stupirsi, quindi, che le persone inquiete, insoddisfatte della società attuale e alla ricerca di un mondo diverso, se ne vadano altrove dove, invece, fermenta la vita.

Noi diciamo di amare la novità, ma alla nostra maniera. In realtà noi temiamo la novità, perché ci spiazza e sconvolge i nostri ritmi abitudinari. Noi preferiamo i verbi di ripetizione: rendere nuovo il vecchio. Ecco perché erano delusi i due discepoli di Emmaus (Luca 24,13-35, il vangelo della sera di Pasqua): “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele!”. Lo stesso chiedono gli apostoli prima dell’ascensione: “Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?” (Atti degli Apostoli 1,6). Il Signore, invece, non è un “restauratore”, ma un innovatore: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Isaia 43,18-19). Non c’è più il vecchio mondo da riciclare: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Apocalisse 21,5).

“Oggi è Pasqua, anche se noi non siamo anime pasquali: il sepolcro si spalanca ugualmente, e l’alleluia della vita esulta perfino nell’aria e nei campi; ma chi sulle strade dell’uomo, questa mattina, sa camminargli accanto e, lungo il cammino, risollevargli il cuore?” (Don Primo Mazzolari). Una santa e felice Pasqua!