I Vescovi contro il Presidente Kabila: “Non si ricandidi”

Il Presidente Joseph Kabila deve prendere l’impegno formale di non presentarsi alle elezioni presidenziali del 23 dicembre 2018″. E' quanto chiedono i Vescovi della Repubblica Democratica del Congo tramite un messaggio pubblicato al termine della loro Assemblea straordinaria dedicata alla grave crisi politica che sconvolge il Paese. “Auspichiamo che si prenda coscienza che il popolo è il sovrano principale – si legge nel testo -, che si faccia rispettare il calendario elettorale e che la popolazione manifesti nella non violenza anche di fronte a qualsiasi mancanza”.

Il rionvio delle elezioni

Come riporta Fides, “senza giudicare le sue intenzioni”, i Vescovi esortano Kabila “a rassicurare la nazione, dichiarando che non si candiderà alla sua successione e che veglierà affinché le elezioni si svolgano nel migliore dei modi”. Le elezioni, inizialmente, dovevano svolgersi nel dicembre del 2016 quando era scaduto il secondo e ultimo mandato di Kabila. Il rinvio venne interpretato dall’opposizione come parte di una manovra del Presidente uscente volta a modificare la Costituzione per permettergli di presentarsi alle urne per ottenere un terzo mandato. Nel documento, i presuli evidenziano come “ci ritroviamo oggi di fronte ad una situazione identica a quella dell’anno scorso”, terminato con l’Accordo di San Silvestro raggiunto grazie alla loro mediazione, dopo settimane di laboriose trattative. Il concordato, firmato il 31 dicembre 2016, prevedeva la formazione di un governo di unione nazionale che portasse la Repubblica del Congo alle elezioni generali entro il 2017. Kabila ha però dato vita ad un governo con solo una parte dell’opposizione, mentre la Commissione Elettorale Indipendente (Ceni) in un primo momento aveva dichiarato che le elezioni presidenziali si potevano tenere solo nella primavera del 2019, per poi annunciare che si terranno il 23 dicembre 2018. Prendendo atto della nuova data delle elezioni, i Vescovi affermano di “essere profondamente delusi di ritrovarsi nello stesso contesto di tensioni della fine del 2016”. Poi concludono: “Il popolo non tollererà che questo si ripeta nel 2018”.

Le “legittimazione” della Comunità Internazionale

Nelle scorse settimane il Presidente ha ottenuto alcuni importanti riconoscimenti internazionali. L'annuncio delle elezioni nel dicembre del prossimo anno avvenne all'indomani della visita a Kinshasa dell’Ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, Nikki Haley, che aveva imposto un ultimatum alle autorità della Repubblica Democratica del Congo: elezioni entro il 2018, in caso contrario Washington avrebbe congelato gli aiuti economici. E proprio all'ambasciatrice si erano rivolti i Vescovi nei giorni scorsi, chiedendole di “aiutare il popolo congolese a portare a termine il processo elettorale entro una scadenza ragionevole e accettata da tutte le parti implicate; ottenere dai politici l’effettivo rispetto della Costituzione e la piena attuazione dell’accordo del 31 dicembre 2016; raccomandare alla Commissione elettorale la rapida pubblicazione di un calendario elettorale realistico e preciso, che permetta di organizzare delle elezioni credibili, trasparenti e pacifiche; chiedere al Capo dello Stato un impegno esplicito di non candidarsi alle prossime elezioni; ottenere dalle alte autorità dello Stato, civili e militari, la cessazione della repressione delle manifestazioni pacifiche e delle gravi violazioni dei diritti umani, nonché il rispetto dei principi democratici; incoraggiare il governo a proseguire, in maniera chiara, l’applicazione delle misure di rasserenamento del clima politico previste nell’accordo del 31 dicembre 2016, dato che esse costituiscono un presupposto essenziale per avviare un processo elettorale pacifico; fare tutto il possibile affinché il gruppo di esperti designati nella 72ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia un potere operativo all’interno della Commissione elettorale”. Il prolungamento del mandato presidenziale di Kabila di oltre due anni dopo la sua scadenza, sta generando forti tensioni nel Paese. L’opposizione e la società civile hanno minacciato di organizzare dimostrazioni di piazza per costringere il Presidente a dimettersi.