La testimonianza di Irina: “Orgogliosa del mio Paese, ma grazie Italia per l’accoglienza!”

L'intervista di Interris.it a Irina, avvocatessa ucraina scappata da Kiev in Italia un anno fa con suo figlio di 11 anni: "Ora il mondo intero sa che l'Ucraina è uno Stato indipendente e non una parte della Russia"

E’ passato un anno dall’invasione russa in Ucraina. Migliaia di persone, soprattutto donne e bambini, sono scappati in fretta e furia lasciando casa e lavoro per mettersi in salvo. Dall’inizio dell’emergenza a oggi l’Italia ha ospitato oltre 173 mila rifugiati dall’Ucraina, tra cui circa 92 mila donne e circa 50 mila bambine, bambini e adolescenti.

In ricorrenza, abbiamo intervistato Irina Kravchenko, un’avvocatessa ucraina penalista che è scappata all’inizio dell’invasione russa da Kiev insieme a suo figlio che oggi ha 12 anni. Al loro arrivo in Italia, sono stati accolti in una struttura marchigiana dell’associazione Pace in Terra Onlus fondata da don Aldo Buonaiuto, sacerdote impegnato nel sociale accanto alle persone più emarginate e fondatore della stessa testata Interris.it.

Irina, è un anno che tu e tuo figlio avete lasciato l’Ucraina. Come aveva vissuto questo anno in italia?

“L’Italia è un paese bellissimo. Prima della guerra venivo spesso da turista ma essere qui da rifugiato è tutta un’altra storia. Durante l’anno in Italia abbiamo incontrato tante persone meravigliose che hanno cercato di sostenerci. In primis don Aldo Buonaiuto e tutti i volontari e operatori di Pace in Terra: tante persone ci hanno aiutato e sostenuto. Si sono presi cura di noi per tutto questo tempo dandoci tutto ciò di cui avevamo bisogno. Tuttavia, abbiamo anche affrontato un’enorme burocrazia che ha forse un po’ rallentato la macchina degli aiuti”.

Cosa provi oggi nel primo anniversario dell’invasione russa?

“Questa è una domanda difficile. Da un lato sono molto orgogliosa del mio Paese e della mia gente che ha resistito per un anno agli attacchi russi. All’inizio della guerra né l’Europa né l’America credevano che l’Ucraina sarebbe durata più di un mese: tutti dicevano che la Russia era troppo potente in termini di armi per resisterle. Abbiamo sentito da tutte le parti che avremmo dovuto negoziare alle condizioni della Russia e tutti credevano che questo fosse l’unico modo per ristabilire la pace. Ora tutto è cambiato. Non ci siamo arresi, siamo diventati ancora più forti e sappiamo per certo che nessun compromesso sarà accettato. Ora il mondo intero sa che l’Ucraina è uno stato indipendente e non una parte della Russia, come molti credevano fino ad ora”.

“D’altra parte, ricordo questo stesso giorno di un anno fa e ho solo voglia di piangere. Un numero enorme di civili è morto innocentemente, compresi centinaia di bambini. Un numero enorme dei nostri uomini è morto in guerra. Uomini giovani, colti, rispettabili. Ricorderò per il resto della mia vita quella mattina quando alle 5 del mattino mi sono svegliata dal rumore di un’esplosione. Non avevo paura, semplicemente non sapevo cosa fare in quella situazione nuova e inaspettata. Poi, sono fuggita qui in Italia e noi ira siamo al sicuro. La guerra non è ancora finita”.

Ora dove vivi e cosa stai facendo?

“Dopo nove mesi nelle Marche in provincia di Ancona, io e mio figlio siamo stati trasferiti in Abruzzo. Ora abitiamo in un paesino di montagna non lontano da Sulmona. Questo è un posto meraviglioso. Molto bello, in giro per le montagne. Purtroppo, ci troviamo di fronte al problema dello studio a scuola e alla possibilità di trovare almeno un lavoro per me, che sono un avvocato penalista e parlo diverse lingue”.

Come stanno i tuoi parenti in Ucraina?

“Mio ​​fratello e mia moglie, i miei nipoti e i miei zii sono rimasti in Ucraina, a Kiev. Che per amor di precisione si dovrebbe scrivere Kyiv! Grazie a Dio va tutto bene e stanno bene, nonostante i bombardamenti. Riusciamo a parlarci quasi ogni giorno. Per diversi mesi non li ho potuti sentire perché l’elettricità e le comunicazioni venivano spesso interrotte. In quei giorni, sia io che mio figlio eravamo molto preoccupati per loro, perché non potevamo contattarli. Ma, fortunatamente, stanno bene”.

Cosa speri per il futuro?

“Ovviamente, aspettiamo la fine della guerra per poter tornare a casa. E lì saremmo davvero felici un giorno di poter ospitare gli amici italiani che abbiamo conosciuto qui durante quest’anno. Vorrei davvero vedessero la nostra bellissima Ucraina e la mia città: Kiev. Non so quando, ma sono sicura che succederà. Vi aspettiamo in Ucraina, in un Paese finalmente libero e in pace!”.