Sigilli all’Assunta Madre, il ristorante dei vip: il proprietario in manette per intestazione fittizia

Battenti chiusi e sigilli all’entrata del noto ristorante “Assunta Madre” di Via Giulia, in pieno centro storico della Capitale e, non a caso, considerato il “locale dei vip”. L’operazione della Squadra mobile di Roma, supportata dai finanzieri del Nucleo Speciale polizia valutaria, è stata eseguita su richiesta della Direzione distrettuale antimafia: un’ordinanza di custodia cautelare è stata emessa nei confronti di sei persone (due in carcere, quattro ai domiciliari), tra le quali il proprietario Gianni Micalusi, detto Johnny, già in passato indagato per riciclaggio. Tutti sarebbero ritenuti responsabili dei reati di intestazione fittizia di beni, riciclaggio e autoriciclaggio di denaro di provenienza illecita. Nello specifico, Micalusi sarebbe sospettato di aver intestato ai suoi figli, oltre al ristorante, anche il Centro ippico laziale allo scopo di sottrarre entrambi i beni alle misure di prevenzione. Gli agenti hanno posto sotto sequestro anche altri locali e conti correnti.

I nuovi “Assunta Madre”

Recentemente, il 55 enne Micalusi, imprenditore ittico, aveva esportato il brand “Assunta Madre” anche al di fuori della Capitale, prima a Milano poi in altre città europee come Londra e Barcellona. Recentemente, a quanto sembra, aveva messo in programma l’apertura di un nuovo locale anche a Montecarlo e, addirittura, a New York. Dal ristorante romano sono passati in tanti, pronti ad assaggiare i rinomati piatti di pesce senza badare troppo al salato conto: personaggi del mondo dello spettacolo, attori italiani e internazionali, calciatori, politici di ogni schiera, boss e persino qualche cardinale, testimoniate dalle foto di rito conservate nel locale. La figura di “Johnny” coincideva, sostanzialmente, con quella del maitre pronto ad accogliere i clienti, ma l’intestazione del locale rimaneva ai suoi due figli, non risultando quindi come proprietario.

I precedenti

Micalusi, noto per la sua conoscenza con alcuni esponenti della Banda della Magliana (nel 2002 venne intercettata una conversazione con un ex membro, vicenda conclusa con l’assoluzione dell’imprenditore), era finito sotto indagine anche nel 2007, quando le Fiamme gialle bloccarono il suo patrimonio (sequestrando il suo locale di Terracina) a seguito di un’inchiesta su un presunto reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, usura e attività finanziaria abusiva. Successivamente, l’imprenditore era tornato alla ribalta nel 2014, quando finì nel mirino degli inquirenti per riciclaggio (con cimici poste nel suo locale), vicenda sostanzialmente conclusa oggi con il suo arresto.