Fabiola De Clerq (ABA): “Ecco come evitare che le malattie dell’alimentazione aumentino”

L'intervista di Interris.it alla fondatrice dell'Associazione Bulimia Anoressia (ABA), Fabiola De Clerq

Fabiola De Clerqu - ABA
Fabiola De Clerqu - ABA

Oggi si celebra in tutto il mondo il No Diet Day,ricorrenza voluta fortemente daMary Evans Young, donna guarita dall’anoressia, con lo scopo di sensibilizzare le persone ad apprezzare se stessi e il proprio corpo. Questa giornata è un invito a volersi bene senza l’ossessione per il peso forma e la dieta e a condurre uno stile di vita sano.

I disturbi alimentari

I disturbi legati all’alimentazione sono patologie complesse caratterizzate da un disfunzionale comportamento alimentare e da un’eccessiva preoccupazione per il peso con un’alterata percezione del proprio corpo. Negli ultimi anni il numero delle persone affette da questo problema è aumentato e si è notato come l’età media di chi ne soffre si sia drasticamente abbassata.

L’intervista

Interris.it ha intervistato Fabiola De Clerq, fondatrice di ABA (Associazione Bulimia Anoressia), punto di riferimento in Italia per le persone con disturbi alimentari e le loro famiglie. Fabiola conosce bene questo problema perché per oltre vent’anni lo ha vissuto sulla propria pelle, ma con grande tenacia lo ha sconfitto e per questo ha deciso di mettersi a servizio degli altri. 

Fabiola, i numeri dicono che negli ultimi anni i casi di anoressia e di bulimia sono aumentati. A cosa dobbiamo questo incremento?

“Durante la pandemia da Covid-19 la domanda di aiuto è salita al 35% e riguarda sopratutto ragazzine di 12-13 anni. Questo dato fa paura e sono convinta che la causa vada ricercata all’interno delle mura di casa. Il lockdown ha fatto emergere dei dissapori tra molti genitori che hanno iniziato a mostrare i loro disaccordi e le fragilità del loro rapporto. I figli sono stati i primi spettatori di quanto stava accadendo e non sempre un adolescente riesce a reagire e a superare questi traumi familiari. Nel nostro caso stiamo parlando di ragazzine che manifestano il loro disagio con uno sciopero della fame perché vogliono attirare l’attenzione su di sé”.

Dopo quanto la situazione diventa grave?

“Per vivere abbiamo bisogno di alimentarci e per questo già dopo un mese che una ragazza manifesta un disagio alimentare la situazione è definita critica perché senza cibo non ci si regge in piedi. Quando parliamo di anoressia per esempio si include anche il rifiuto di bere e il nostro cuore per funzionare correttamente ha bisogno di liquidi. Ci sono poi molte altre conseguenze come la sensazione di avvertire sempre freddo o frequenti attacchi di panico che portano a una chiusura in se stesse e al rifiuto di incontrare altre persone”.

Come si può evitare che queste malattie dell’alimentazione aumentino?

“La prima cosa da fare è andare alla radice del problema. In questo caso bisogna lavorare sui genitori che sono i primi interlocutori dei figli. Per questo noi di ABA da trent’anni proponiamo nelle scuole dei percorsi per spiegare che cosa sono questi disturbi, come si riconoscono, come si deve intervenire, ma soprattuto come si possono prevenire. Ad alcuni di questi interventi invitiamo i genitori che oramai sono a conoscenza di come si manifestano i primi sintomi. Questi percorsi li proponiamo nelle scuole perché gli stessi insegnanti devono avere gli strumenti per capire quando qualcosa non va, come per esempio quando una ragazza dimostra di avere continui vuoti di memoria”. 

In cosa consiste il metodo ABA?

“Offriamo uno spazio protetto in cui far emergere e trattare la propria sofferenza e per farlo mettiamo a disposizione diverse figure professionali. Il primo passo consiste in colloqui preliminari con uno psicologo che permettano di aprire un dialogo e capire come è meglio intervenire. É importante far passare il messaggio che se si interviene   in tempo, di disturbo alimentare si guarisce senza l’angoscia di avere ricadute. Noi giochiamo questa partita a braccetto con la famiglia e siamo soddisfatti nel dire che ad oggi, più di prima, i genitori sono attenti e sono proprio i padri a chiamarci per denunciarci il problema e chiederci di intervenire”.