Cambiamento climatico e acqua dolce: la situazione in Italia e in Europa

L'intervista di Interris.it al dottor Alessandro Mauceri, Segretario Scuola Nazionale di Educazione Ambientale, su come i cambiamenti climatici influiscono sulle riserve di acqua dolce nel nostro Paese e in Europa

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“L’acqua potabile (che – è bene ricordarlo – è solo una minima parte dell’acqua presente sulla Terra) è disponibile in quantità limitate anche in Europa. Molte le cause: dai cambiamenti climatici, agli sprechi alla cattiva gestione dei sistemi di raccolta e distribuzione. Per contro, la popolazione sta aumentando e, di conseguenza, anche il consumo. Alla Conferenza sull’acqua e l’ambiente che si tenne a Dublino nel 1992, l’acqua dolce venne definita una ‘risorsa esauribile e vulnerabile, essenziale per sostenere la vita e lo sviluppo umano e l’ambiente’. Negli ultimi anni, però, da risorsa’ l’acqua è diventata ‘criticità’: è tra i sei ‘confini di criticità superati’ a causa dei comportamenti antropici (insieme a problemi come la biodiversità, le emissioni di CO2 e altri)”. E’ quanto ha dichiarato il dottor Alessandro Mauceri, Segretario Scuola Nazionale di Educazione Ambientale, intervistato da Interris.it su come i cambiamenti climatici impattano sui sistemi idro-potabili e quali sono i possibili rischi collegati.

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L’intervista

Qual è lo “stato di salute” dei bacini idrografici del nostro continente?

“Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente EEA, nonostante i progressi degli ultimi decenni in termini di miglioramento della qualità ambientale per molti laghi, fiumi, acque costiere e sorgenti sotterranee d’Europa, i bacini di raccolta di acque potabili presentano numerose criticità. Dall’inquinamento, alla mancanza di manutenzione di strutture importanti come le dighe all’eccessiva estrazione fino alla cattiva manutenzione dei bacini di raccolta e dei fiumi. Secondo l’EEA, la maggior parte dei bacini non raggiunge il traguardo UE di ‘buono stato’. A volte mancano i dati: dal secondo ciclo di monitoraggio e comunicazioni (2015-2021) nell’ambito della direttiva quadro dell’UE sulle acque, comprendente 89.000 fiumi, 18.000 laghi, 13.000 stazioni di monitoraggio delle acque sotterranee e 3.600 acque costiere e di estuario, ma mancano i dati della Grecia, dell’Irlanda, della Lituania e di alcune zone della Spagna. Nel 2022, la Commissione europea ha presentato una proposta per modificare il quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, la direttiva sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento e la direttiva relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1668778588043&uri=CELEX%3A52022PC0540  La direttiva prevedeva diversi aggiornamenti a quella proposta dalla Commissione nel 2018, in risposta all’iniziativa dei cittadini dal titolo ‘Right2Water’ (L’acqua è un diritto). In particolare, cercava di trasformare in realtà le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità”.

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Quali sono i rischi associati ai cambiamenti climatici nei sistemi idro-potabili?

“Indipendentemente da quale sia la causa che li ha prodotti, i cambiamenti climatici non sono più una previsione, ma una realtà. Tra i settori più interessati proprio quello delle acque dolci. L’aumento delle temperature, l’alterazione dei modelli di precipitazioni e il cambiamento degli eventi meteorologici sono tutti fattori determinanti. Con l’aumento delle temperature, aumenta l’evaporazione. Più vapore acqueo nell’atmosfera si traduce in nuovi modelli di precipitazioni, con lunghi periodi siccitosi e tempeste e inondazioni più frequenti e intense. Ma non basta. L’aumento delle temperature interessa anche le riserve di acqua dolce: accelera lo scioglimento dei ghiacciai, della neve e riduce il manto nevoso nelle regioni montuose. Questo altera lo stato di bacini idrici che da millenni sono una riserva naturale di acqua dolce. Anche in aree un tempo verdi, l’approvvigionamento di acqua dolce non è più costante (in particolare durante la stagione secca). L’innalzamento del livello del mare e le mareggiate dovute ai cambiamenti climatici possono contaminare le fonti costiere di acqua dolce, rendendole inadatte al consumo umano e all’agricoltura. Ma questi sono solo alcuni delle conseguenze dei cambiamenti climatici sull’accesso alle riserve di acqua potabile”.

Le reti di approvvigionamento, in Italia e in Europa, sono correttamente gestite?

“In Italia e in Europa esistono diversi problemi. Alcuni qualitativi: recenti studi hanno dimostrato che, a volte, l’utilizzo di tubi realizzati con polimeri comporta concentrazioni maggiori di contaminanti. La tipologia di materiale delle tubazioni influenza anche la migrazione dei contaminanti nell’acqua. Tra i fattori che influenzano il rilascio di queste sostanze chimiche, ci sono le temperature più elevate e i tempi di contatto più lunghi. Anche l’età delle tubazioni è associata a livelli di microplastica più elevati. Secondo un rapporto di ISPRA l’età media delle reti di distribuzione, negli ATO considerati, si attesta intorno ai 30 anni. Con la Direttiva europea 2020/2184 (entrata in vigore solo a marzo 2023) sono stati stabiliti nuovi requisiti minimi di qualità dell’acqua potabile in tutta l’Unione Europea. Nel testo sono stati previsti alcuni cambiamenti volti a migliorare la protezione della salute umana e sono stati fissati valori limite per diverse sostanze. Esistono, però, anche problemi quantitativi: spesso le reti di distribuzione e i bacini di raccolta sono dei colabrodo. Secondo i dati ISTAT, in Italia lungo le condotte idriche si perderebbe oltre il 40% dell’acqua potabile (42,2%). Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui, da più di un ventennio, l’Italia è al primo posto tra i Paesi UE per consumo di acqua dolce per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei. Con 155 metri cubi annui per abitante l’Italia si colloca in seconda posizione, preceduta solo dalla Grecia (158) e seguita a netta distanza da Bulgaria (118) e Croazia (113)”.

La Direttiva quadro sulle acque (direttiva 2000/60/CE) e il Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee sono state adottate dal nostro Paese?

La Direttiva europea 2000/60/CE (entrata in vigore il 22 dicembre 2003) prevedeva di proteggere tutte le forme di acqua (superficiali, sotterranee, interne e di transizione) e di ripristinare gli ecosistemi in e intorno a questi corpi d’acqua di ridurre l’inquinamento nei corpi idrici e di garantire un uso sostenibile delle acque da parte di individui e imprese. Il tutto partendo dall’individuazione dei bacini idrografici presenti sul territorio, ma anche delle autorità che gestiscono questi bacini in linea con le norme dell’Unione europea. In Italia, tutto questo ha dovuto fare i conti con una gestione dei bacini estremamente frazionata: sono più di trecento i gestori di fonti di approvvigionamento per uso potabile che prelevano il 90,3% del volume complessivo (circa 8,3 miliardi di metri cubi di acqua). Il restante 9,7% è gestito da un numero spaventoso di gestori in economia: quasi 1.300.  Ancora una volta tra i problemi venuti a galla, le perdite: benché molti gestori del servizio idrico abbiano avviato iniziative per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi, la quantità di acqua dispersa in rete continua a rappresentare un volume enorme, mediamente 157 litri al giorno per abitante. Secondo alcune stime il volume di acqua perduto nel 2020 basterebbe a soddisfare 43 milioni di persone per un intero anno”.

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Quali soluzioni concrete si potrebbero mettere in campo?

“I settori su cui intervenire sono tanti. E tutti importanti. Nell’enciclica Laudato Sii, Papa Francesco ha detto che ‘l’acqua potabile e pulita rappresenta una questione di primaria importanza, perché è indispensabile per la vita umana’ L’acqua è importante per tutti. Ma alcuni ne sprecano quantità spaventose, mentre altri letteralmente muoiono di sete. A dover affrontare la situazione peggiore come sempre sono i più poveri. ‘Fra i poveri sono frequenti le malattie legate all’acqua, incluse quelle causate da microorganismi e da sostanze chimiche. La dissenteria e il colera, dovuti a servizi igienici e riserve di acqua inadeguati, sono un fattore significativo di sofferenza e di mortalità infantile. Le falde acquifere in molti luoghi sono minacciate dall’inquinamento che producono alcune attività estrattive, agricole e industriali, soprattutto in Paesi dove mancano una regolamentazione e dei controlli sufficienti’, scrisse Papa Francesco. E ‘mentre la qualità dell’acqua disponibile peggiora costantemente, in alcuni luoghi avanza la tendenza a privatizzare questa risorsa scarsa, trasformata in merce soggetta alle leggi del mercato’. Forse per risolvere molti problemi legati all’acqua, basterebbe che tutti, dai consumatori ai gestori ai governanti a chi vorrebbe speculare anche sull’acqua, comprendessero che, come ha scritto Papa Francesco, “l’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani”.