IBNOU, IL PICASSO DEL SENEGAL

Lido degli Estensi, comune di Comacchio (Fe). Capita che d’estate dopo aver percorso viale Carducci , tra ambulanti che vendono cose di ogni genere, più o meno taroccate, si arrivi al viale delle Querce, ritrovandosi davanti ad una nuvola di turisti intenti a guardare lunghe mani nere che, come in una danza, si sollevano e si immergono in una grande tavolozza a nido d’ape. Tra le cellette pescano sapientemente sabbia finissima dai colori diversi, che piano piano cade su una tavoletta di compensato, fissandosi su uno strato di colla naturale.

L’artista, come una calamita, con le sue magie cattura gli sguardi, soprattutto dei più piccoli. Ad ognuno di loro dona un sorriso, una parola. E come per caso Ibnou, nome d’arte Picasso del Senegal, dà vita a paesaggi dove si aggirano giraffe, barchette, villaggi di capanne dove uomini e donne sono intenti a lavorare. Tutto assume un sapore magico e idilliaco.

“Mio nonno, che è morto da poco, mi ha insegnato le cose belle, io non l’ho mai visto arrabbiato”. E’ ancora mattina quando andiamo ad incontrarlo ed è un momento tranquillo. C’è il sole e i primi turisti dell’estate che stenta a fare capolino sono per lo più sulla spiaggia. Ma ogni tanto qualcuno passa per salutarlo, per sentire come sta o per ritirare il quadretto con il proprio nome che gli aveva commissionato il giorno prima.

Il Picasso del Senegal fa anche quel genere: il tuo nome o la scritta che preferisci, e non mancano gli scudetti della tua squadra del cuore, o addirittura le due torri di Bologna. A ognuno offre ciò che desidera, in una sorta di contaminazione tra arte popolare senegalese e mentalità pop nostrana. Ibnou è via di casa da un bel po’. Nel ’92 è arrivato a Parigi per una fiera, poi in Italia. Comincia a realizzare i suoi quadri lungo la spiaggia di Milano Marittima, vicino a Ravenna, ed è qui che incontra il suo angelo custode, Laura. “per mio papà e mia mamma è una figlia, per me è una sorella”.

L’italiano di Ibnou è ancora incerto, preferirebbe avere accanto a sé Laura, a consigliarlo, a sostenerlo. “Aspetta”, dice. Prende un cellulare preistorico, prova a chiamarla, ma senza successo. Sono 11 anni che ogni estate viene a Lido degli estensi, uno dei lidi ferraresi più battuti. Ma d’inverno, se può, torna in Senegal.

Da dove vieni?
“Da Meckhé, un paese a 120 km da Dakar. Ho costruito io la casa dove abita la mia famiglia. E’ fatta di legno e cemento”.

Quanti abitanti ha?
“Non lo so”. E prende nuovamente il telefono e chiama il sindaco di Meckhé, Magatte Wade. “Trentamila”. Chiacchierano un po’. Non capisco cosa dicono, a parte “Insciallah”.

Sei Musulmano?
“Sì ma rispetto tutte le religioni”.

Il sindaco ti conosce bene?
Sì. A lui piace l’arte. Io parlo con tutti, non guardo se una persona è importante. A proposito, vi ha invitato là”.

Grazie, ci pensiamo. Hai un indirizzo dove ti possiamo mandare il giornale?
“Mandalo a Davide”.

Chi é?
“Il proprietario di quella cartoleria che c’è per andare al mare. Lo mandi a lui e poi lui me lo dà”.

Ti fai chiamare Picasso del Senegal, perché questo nome?
“Ho scelto io questo nome. Quando ho visto i quadri del Picasso mi sono piaciuti molto, così ho pensato: prendo il suo nome come nome d’arte”.

Dove hai imparato a disegnare?
“E’ un dono di Dio”.

Non hai fatto una scuola di pittura?
“No. Ho imparato da solo, guardando ciò che mi circonda.

E a scuola ci sei andato?
“In Senegal sono andato a scuola per poco tempo. Ho fatto anche il saldatore, ma mi piace di più disegnare che saldare”.

A cosa ti ispiri?
“A quello che arriva nella mia testa. Se quando dormo sogno, mi devo svegliare subito per realizzarlo”.

Come hai sviluppato questa tecnica?
“In Senegal si fanno i quadri con i colori naturali della sabbia, ma ne ho aggiunti altri. Sono colori che ho creato io, sempre con elementi naturali che mi procuro in Senegal, quando riesco a tornare”.

Chi c’è in Senegal?
“Tutta la mia famiglia, mia moglie e quattro figli. quando vado in Senegal, giro anche altri Paesi dell’Africa. Sono stato in Costa D’Avorio, Mali, Togo (da mio fratello), Capo verde… con una vecchia macchina R21”.

Perché vai?
“Per l’arte. Spesso giro con mio figlio Saliu, il più grande, che ha 20 anni. Anche a lui piace l’arte”.

Chi è Laura?
“E’ la prima donna che ho conosciuto in Italia. Ero al mare a Marina di Ravenna dove lei si trovava con i bambini della sua classe elementare. Ha visto come i bambini erano attirati da quello che stavo disegnando. Ha capito che ero attento a loro, che mi piacevano e mi ha chiesto: ‘Vuoi venire a mangiare con noi stasera?’. E’ nata un’amicizia. Lei mi ha anche aiutato con i documenti. E’ una donna importante per me. Lei è una maestra e mi ha insegnato a conoscere e a rispettare anche le leggi italiane”.

Perché te ne sei andato dal Senegal?
“Non riuscivo a guadagnare per mantenere me e la mia famiglia. Gli italiani sono simpatici. Grazie a Laura mi sono regolarizzato, ora posso rimanere in Italia. Ho fatto il saldatore per un periodo e adesso invece lavoro in proprio, con la mia partita Iva, e sono diventato il Picasso del Senegal.

Dove abiti?
Sono residente a Ravenna, ma d’estate vivo qui, a Lido degli Estensi. perché io vengo dal mare e per disegnare mi serve il mare, il sole. I vigili mi hanno aiutato a mettermi in regola in questa attività. ormai qui mi conoscono tutti, la gente, il sindaco di Comacchio, di Codigoro…”.

I tuoi soggetti rappresentano paesaggi africani…
“Non voglio sembrare italiano, voglio che la gente attraverso di me veda l’Africa, il senegal da cui vengo”.

Attorno alla tua postazione ci sono spesso bambini.
“Quando creo i miei quadri loro si fermano. Sono colpiti perché prendo i colori dalla mia tavolozza senza guardare. Se un bambino passa e piange, quando vede Picasso del Senegal smette di piangere. Non so perché, ma questo mi piace molto. E quando viene un bambino handicappato io gli faccio un quadro e glielo regalo”.

Ti manca la tua famiglia?
“Certo che mi manca”.

Vorresti portarla qui?
“Non che venisse a stare qui, non ce la farei a mantenerla tutta, ma mi piacerebbe che venissero a vedere quello che faccio. Con i soldi che riesco a prendere qui aiuto tutti”.

Nessuno dei tuoi familiari è mai venuto?
“Non ancora”

Dove trovi i colori per realizzare i tuoi quadri?
“Mescolo le terre”.

Prendi la sabbia dalla spiaggia qui al Lido?

“No, è sabbia del Senegal. La prendo quando riesco ad andare, oppure me la faccio mandare da mio figlio Saliu. La sabbia che c’è qui non va bene perché ha un colore più scuro della nostra e non riesco a creare i colori che mi servono”.

E la colla?
“Taglio la corteccia di un albero del Senegal. Lui piange. Mischio le sue lacrime e creo la mia colla”

Che strumenti usi?
“Questi due, li ho fatti io tanti anni fa. Sono i pennarelli di Picasso del Senegal. Con uno soffio la sabbia, con l’altro traccio i disegni”.

La conchiglia a cosa serve?
“Mi dà l’ispirazione e contiene la mia colla”.

Come fai ad ottenere il rilievo?
“E’ complicato. E’ una tecnica che ho messo a punto nel tempo… Pensa che posso arrivare fino ad uno strato di 1cm di colla e sabbia. Non è facile”.

Che belle ciabatte…
“Le ho fatte io. Porto il 47”.

E il banco da lavoro?
“Anche quello l’ho costruito io”

Sei mai stato trattato male in Italia?
“Tempo fa c’è stato uno che mi ha trattato male, ma io l’ho perdonato. Se trovo una persona cattiva penso ad una persona buona, penso a Laura”.

Hai un sogno?
“Vorrei venire in Italia con una macchina con targa senegalese, arrivare sotto le due torri di Bologna e fare una foto insieme a Laura con le mani in questo segno di vittoria. VBorrei fare questo regalo a lei per tutto quello che ha fatto per me. Po manderei la foto al mio sindaco senegalese. Sarebbe una cosa grande”.

Un sogno strano.
“Non ho soldi. Per dimostrare la mia riconoscenza a Laura ho solo la mia arte da offrirle. E per me, questa strana impresa, è una forma di arte grande”.