Alfonsa dell’Immacolata Concezione: la prima santa dell’India

“Questa donna eccezionale, che oggi è offerta al popolo dell’India come sua prima santa, era convinta che la sua croce fosse proprio lo strumento per raggiungere il banchetto celeste approntato per lei dal Padre”. Così Benedetto XVI parlava di Alfonsa dell’Immacolata Concezione mentre la innalzava all’onore degli altari nel 2008 a San Pietro. Sant’Alfonsa nasce a Kudamalur (India) nel 1910 dall’antica e nobile famiglia dei Muttathupadathu e viene battezzata secondo il rito siro-malabarese col nome di Annakutty, diminuitivo di Anna. Ultima di 5 figli, trascorre la prima infanzia presso la casa dei nonni perché la madre muore quando ha appena 3 mesi. La nonna le comunica la gioia della fede, l’amore alla preghiera, lo slancio della carità verso i poveri.

In questo periodo matura interiormente il desiderio di votarsi alla vita consacrata come confiderà in seguito al padre spirituale: “Già dall’età di sette anni non sono più mia. Mi ero dedicata tutta al mio Sposo divino”. Annakutty è una giovane con un carattere affettuoso e allegro, con una capacità di gioire delle cose comuni e semplici. Quando riceve la Prima comunione confida alle amiche: “Sapete perché oggi sono particolarmente contenta? Perché ho Gesù nel mio cuore!”.

Trasferitasi nella casa della zia – donna severa ed esigente – frequenta la scuola ed è molto assidua nelle pratiche religiose recandosi nel vicino monastero delle Carmelitane e intrattenendosi per lungo tempo in preghiera ai piedi dell’altare. La zia cerca insistentemente un buon partito per la nipote che però si oppone tenacemente alle nozze. Per evitare il fidanzamento, appena tredicenne, si provoca volontariamente una gravissima ustione ponendo il piede in una fossa di brace ardente.

Alla fine, nel 1928, riesce a coronare il suo sogno di iniziare il postulandato presso la Congregazione delle Francescane clarisse, assumendo il nome di Alfonsa dell’Immacolata Concezione. Inizia per Annakutty un lustro di gravi malattie e sofferenze morali, fino alla sua miracolosa e istantanea guarigione avvenuta durante una novena all’allora Servo di Dio Kuriakose Elia Chavara, ora Santo. Nel diario spirituale annota i suoi propositi: “Non voglio agire o parlare secondo la mia inclinazione. Ogni volta che mancherò farò una penitenza… voglio essere attenta a non ribattere mai a nessuno. Agli altri dirò solo parole dolci. Voglio controllare i miei occhi con rigore. Per ogni piccola mancanza chiederò perdono al Signore e la espierò con una penitenza. Di qualsiasi genere saranno le mie sofferenze non mi lamenterò mai e quando dovessi affrontare qualche umiliazione cercherò rifugio nel Sacro Cuore di Gesù”.

Nel 1936 fa la professione perpetua e si affida completamente alla croce di Cristo: “Occasioni di soffrire ve ne sono in abbondanza… Ho un grande desiderio di soffrire con gioia. Sembra che il mio Sposo voglia compiere questo desiderio”. Nella sua esistenza si susseguono una serie di malattie dolorose e gravi durante le quali Suor Alfonsa conserva una grande riservatezza e un atteggiamento caritatevole verso le sorelle, sopportando in silenzio ogni sofferenza. Un tumore diffuso in tutto l’organismo trasforma il suo ultimo anno di vita in una continua agonia. Una gastroenterite con difficoltà al fegato le procura violente convulsioni con vomiti, fino a quaranta volte al giorno.

La Santa offre tutto a Dio: “Io sento che il Signore mi ha destinata, ad essere un’oblazione, un sacrificio di sofferenza… Considero il giorno in cui non ho sofferto un giorno perduto per me”. In questo atteggiamento di vittima per amore verso il Signore, lieta fino all’ultimo istante e con il sorriso dell’innocenza sempre impresso sulle labbra, conclude serenamente il suo cammino terreno il 28 luglio 1946, ad appena 35 anni. Giovanni Paolo II, durante l’omelia della beatificazione avvenuta nel 1986, ha osservato che Sant’Alfonsa “accettò costantemente tutte le sue sofferenze con serenità e fiducia in Dio, fermamente convinta che esse avrebbero purificato i suoi intenti, la avrebbero aiutata a vincere ogni egoismo, e l’avrebbero unita più intimamente al suo diletto sposo divino”.