San Luigi Gonzaga: ecco perché viene raffigurato con un giglio in mano

San Luigi Gonzaga, religioso gesuita e martire della carità Castiglione delle Stiviere (Mantova), 9/03/1568 – Roma, 21/06/1591. E’ il primo di otto figli di Ferrante, marchese di Castiglione delle Stiviere e quindi erede del titolo. Viene educato dal padre alla vita militare: a soli 4 anni ha una mini corazza con elmo provvisto di pennacchio.

Avvenimenti

• A 5 anni viene portato dal padre ad assistere all’addestramento dei 3 mila soldati spagnoli che devono combattere contro gli arabi. Completa gli studi filosofici alla corte di Filippo II, re di Spagna, dove rimane due anni come paggio del principe Diego. E’ di questo periodo un suo ritratto fatto dal El Greco (uno dei pochi autentici), ben diverso da molte immagini devozionali che solitamente lo raffigurano.

Riceve a 12 anni la Prima Comunione da san Carlo Borromeo. Vincendo la forte opposizione del padre (durata tre anni) che desidera avviarlo alla vita militare, a 16 anni entra nella Compagnia di Gesù.

Aneddoti

Molto difficoltosa la sua nascita. Il padre, per assicurargli il Paradiso nel caso non fosse sopravvissuto, lo fa battezzare prima che il parto sia completamente espletato. Si legge sul Breviario Romano a proposito della nascita di san Luigi: «Affrettato il Battesimo a causa del pericolo di vita, sembrò che il fanciullo fosse nato prima al cielo che alla terra».

Presa di nascosto della polvere da sparo, carica un pezzo d’artiglieria e apre il fuoco: solo per miracolo la carretta del cannone, indietreggiando, non schiaccia il piccolo e temerario artigliere.

• Dai soldati impara e ripete anche parole scurrili, delle quali, data la tenera età, non comprende il significato. Le cattive parole e quella polvere rubata per far sparare il pezzo di artiglieria sono le colpe più gravi commesse da Luigi, quelle di cui si pente per tutta la vita.

• Da fanciullo si trova in chiesa durante l’esorcismo di un indemoniato, il quale, additandolo afferma che lui non solo andrà in Paradiso, ma vi avrà anche una grande gloria.

• A 9 anni fa il voto di castità davanti al quadro della Madonna e lei gli ottiene dal Signore la grazia di non avere mal tentazioni carnali.

• Fin dall’età di 12 anni decide di dedicare almeno cinque ore al giorno alla preghiera e alla meditazione.

Per la protezione del Signore rimane illeso in due incidenti che avrebbero potuto essere letali: un incendio della sua camera una notte che si è addormentato pregando e una grande piena del Ticino che rischia di farlo affogare quando Luigi attraversa il fiume con la carrozza.

•  Il padre, per dissuaderlo dall’abbracciare la vita religiosa, lo manda a visitare le corti dell’Italia del Nord (Ferrara, Torino, Parma e Firenze), sperando che qualche aspetto di quella vita possa affascinarlo; Luigi , al contrario, ne rimane letteralmente nauseato. Tornato a casa si chiude in camera; i servitori vanno a chiamare don Ferrante in modo che possa vedere personalmente cosa stia facendo il figlio. Il marchese, quando arriva alla camera di Luigi, mette l’occhio nella serratura e vede il primogenito che con una mano stringe un crocifisso e con l’altra una frusta, con la quale si flagella a sangue. Don Ferrante acconsente, allora, al volere di Luigi di farsi religioso.

Sceglie la Compagnia di Gesù anche perché esclude la possibilità di conseguire o ecclesiastici.

• Giunto a Roma, prima di entrare nella Compagnia di Gesù, si reca a rendere omaggio a papa Sisto V, che rimane così ammirato dal giovane da profetizzare che sarebbe diventato una delle glorie della Congregazione.

• Durante il noviziato, a ogni gradino (sia in salita che in discesa), si ferma a recitare un’Ave Maria.

• È talmente immerso nella meditazione che non si accorge mai del maestro dei novizi, che periodicamente entra nella sua stanza.

• San Roberto Bellarmino, suo confessore, testimonia che Luigi non ha mai commesso un peccato mortale né alcuno veniale pienamente voluto e deliberato.

• I compagni di noviziato gli danno il soprannome di “Censore” per il suo atteggiamento austero che non tollera frivolezze e leggerezze, sia pure innocenti.

• Il padre rettore gli proibisce di fare orazione prolungata perché soffre di cefalea, ma fa maggior fatica a non pensare al Signore, che tenere la mente raccolta in lui. Quando sente che sta entrando in estasi, sospira: “Mio Signore, allontanati da me, perché devo fare l’ubbidienza”.

• Il duca Giovanni de’ Medici si commuove vedendo Luigi vestito con abiti laceri elemosinare per le vie di Roma a favore dei poveri e gli dona una cospicua somma.

• Il Signore gli rivela durante il soggiorno milanese che la sua morte è vicina, Luigi esprime solo il desiderio di poter morire a Roma come segno del suo amore per la Chiesa.

• Il padre provinciale dei Gesuiti presente alla sua morte afferma: «Luigi parla con tale naturalezza di andare in Paradiso come diremmo noi di andare a Frascati!».

Personalità

Ha un carattere tormentato, austero e forte; è a volte inflessibile e restio compromessi. Per la grande spiritualità e per la limpida tempra morale alcuni confratelli preconizzano in lui il futuro superiore generale dell’Ordine.

Spiritualità

Vero angelo in terra, ha saputo riunire in sé le meraviglie dell’innocenza e della mortificazione. Riesce a pregare anche per cinque ore consecutive, senza avere una sola distrazione. Le macerazioni che egli infligge al suo povero corpo, così come le mortificazioni, sono incredibili: i suoi direttori spirituali lo esortano alla moderazione e ad adeguarsi al comportamento degli altri novizi. Ha il grande desiderio di servire il Cristo nella persona dell’ammalato, che accudisce anche nelle mansioni più infime e sgradevoli. Recita la colletta della Messa in memoria del Santo: «In san Luigi Dio ha congiunto a una mirabile innocenza un pari spirito di penitenza»

Morte

Durante la peste del 1590, che in quindici mesi porta alla morte uno dopo l’altro tre pontefici (Sisto V,Urbano VII e Gregorio XIV ), si dedica al servizio degli ammalati. Ne subisce il contagio forse quando si carica sulle spalle un moribondo abbandonato per strada e lo porta all’ospizio ai piedi del Campidoglio, dove presta servizio. Quando si accorge di essere stato infettato, pensando al Paradiso, ringrazia il Signore con il cuore traboccante di gioia. Passa tutto il tempo in preghiera: quando viene lasciato solo si inginocchia ai piedi del letto. I suoi compagni lo invitano a portare le loro personali richieste in Paradiso. Durante la malattia, è assistito da san Roberto Bellarmino, che gli assicura che non sarebbe passato per il Purgatorio e che in seguito testimonia la sua santità (pur prendendo le distanze dal suo eccesso di rigore e di penitenza). Scrive una commovente lettera di addio alla madre, nella quale aggiunge anche: «Non piangete come morto uno che ha da vivere sempre davanti a Dio». Gradisce molto la paterna benedizione con l’indulgenza plenaria da parte di papa Gregorio XIV. Riceve l’Unzione degli infermi e il santo Viatico. Gli vengono messi una candela accesa nella mano e un piccolo crocifisso sul petto, che stringe con grande amore. Muore pronunciando le parole: «Sono lieto di entrare nella dimora del mio Signore» e i santi nomi di Gesù e Maria. La madre ha la fortuna di venerarlo come beato. Viene canonizzato nel 1726. Il suo corpo riposa nella chiesa di Sant’Ignazio a Roma, mentre il suo capo è conservato a Castiglione delle Stiviere, nella chiesa a lui intitolata; a Napoli, nella chiesa del Gesù Vecchio, un’ampolla conserva il suo sangue.

Iconografia

L’immagine devozionale più frequente è quella che lo rappresenta vestito da chierico con un giglio in mano; il fiore rappresenta il simbolo della sua purezza e ricorda l’intenso profumo emanato da tutto il suo corpo dopo la morte.

Tratto dal libro “I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire” di Luigi Luzi