Venturi: “I Papaboys e il Giubileo ‘sociale’ di Francesco”

L'intervista di Interris.it a Daniele Venturi, fondatore e presidente dell’Associazione Papaboys, sugli anni con Papa Wojtyla e Benedetto XVI, fino ad arrivare a Francesco e al "primo Giubileo sociale" della Chiesa

I Papaboys a Roma. Foto: Papaboys

Mancano pochi mesi al grande Giubileo di Roma che inizierà ufficialmente il 24 dicembre 2024, alle ore 16:30, con l’apertura di Papa Francesco della Porta Santa della Basilica di San Pietro. Sono attesi nella Capitale oltre 30 milioni di pellegrini. Il motto scelto per questo storico evento è “Pellegrini di speranza”.

L’invito di Papa Francesco ai giovani, “pellegrini di speranza”

L’aveva annunciato nel 2023 il Papa a conclusione della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) di Lisbona, quando rivolse un accorato appello ai giovani presenti affinché partecipassero – quali “Pellegrini di speranza” – al Giubileo di Roma. Un invito che rivelava il profondo desiderio del Pontefice di coinvolgere i giovani nel cammino di fede, nel pellegrinaggio (non solo spirituale) verso la Città Eterna. Incoraggiandoli ad essere protagonisti attivi della propria vita, della propria chiamata vocazionale, al fine di costruire un mondo migliore.

I giovani del Giubileo del 2000

La stessa chiamata fatta da Giovanni Paolo II 24 anni fa ai giovani dell’anno 2000. In quell’occasione il motto era “Cristo ieri, oggi, sempre”. Storica fu l’adunata della GMG (indetta non a caso nell’anno giubilare) a Tor Vergara. Due milioni di giovani raccolsero l’invito del Pontefice polacco che, al temine della veglia, diede loro il mandato di rinnovare la Chiesa attraverso il linguaggio dell’amore.

Ventiquattro anni dopo, c’è chi quell’appello lo accolse in prima persona, cambiando così la propria vita, e continua a metterlo ancora oggi in pratica. E’ Daniele Venturi, fondatore e presidente dell’Associazione Papaboys. Interris.it lo ha intervistato in un amarcord di quel periodo passo passo con Papa Wojtyla, passando agli anni con Benedetto XVI, fino ad arrivare al Giubileo di Francesco, “il primo Giubileo sociale” della Chiesa.

Daniele Venturi con San Giovanni Paolo II. Foto gentilmente concessa da D. Venturi

L’intervista a Daniele Venturi fondatore dei Papaboys

Chi sono e quando sono nati i Papaboys?

“I Papaboys sono i giovani nati proprio in un giubileo, quello dell’anno 2000 a Roma, quando Giovanni Paolo II – con il suo incontenibile entusiasmo, con la sua fede contagiosa, con la sua gioia che sprizzava da ogni poro e da ogni preghiera che rivolgeva al mondo giovanile – aveva coinvolto questa strana umanità, appunto i giovani di allora, che sembrava così lontana e distaccata da tutto ciò che è fede e mistero. Quindi i Papaboys nascono proprio nel cuore di Roma, alla veglia di preghiera con i giovani a Tor Vergata, dopo l’appello di Giovanni Paolo II a ‘non avere paura’, a diventare ‘adulti nella fede’, ad essere ‘sentinelle del mattino’, e a ‘dire Sì a Cristo'”.

Cosa è successo una volta finito il Giubileo?

“Le parole del Santo Padre non sono andate perdute, ma hanno prodotto frutto. Alcuni giovani di diocesi diverse hanno continuato a vedersi, frequentarsi, incontrarsi. Da lì è nata nel 2004 l’associazione Papaboys. Il Giubileo di Roma è stata la scintilla che ha acceso il cuore di molti di noi, che all’epoca eravamo giovani e che oggi siamo…diversamente giovani! Ma sempre impegnati a testimoniare il Vangelo. Oggi anche attraverso la rete con il nostro sito internet papaboys.org“.

Se tu potessi descrivere con una parola il rapporto che Giovanni Paolo II aveva nei confronti dei giovani, quali useresti?

“Sicuramente ‘amore’. Ma se potessi usarne due direi ‘sguardo penetrante'”.

Puoi descriverci il suo “sguardo penetrante”?

“Sì. Giovanni Paolo II aveva una specie di dono mistico, che ti racconto perché l’ho vissuto e condiviso con centinaia di altri ragazzi in tutte le udienze e gli incontri fatti negli anni. Ogni volta che lui passava tra la folla, tutti quelli che venivamo sfiorati dal suo sguardo, si sentivano personalmente coinvolti”.

Che cosa significa?

“Che appena il Papa passava, o con la Papa mobile, o a piedi, o c’era stato un incontro, anche se non c’era stato il contatto fisico, ma c’era stato soltanto il saluto, la benedizione, anche a distanza … ognuno di noi diceva all’altro: ‘mi ha guardato, guardava proprio me!’. Questa è una cosa che abbiamo vissuto in tantissimi, anche negli ultimi momenti della sua vita, quando era gravemente malato. Sono sempre stato convinto che questo fosse un suo speciale dono mistico: poter guardare tutti, uno per uno personalmente”.

Questo suo sguardo d’amore come ha toccato la tua vita?

“Indelebilmente. E’ stato quel suo sguardo che mi ha fatto riscoprire Cristo. Non solo a me, ma anche a tanti di noi: il volto di Cristo attraverso gli sguardi di Giovanni Paolo II. Perché anche Gesù è così: ci ama e ci guarda personalmente. Ma un conto è vedere il volto di Cristo con i soli occhi della fede. Un altro conto è vedere il volto umano di un uomo come noi, che passava e ti guardava personalmente. Questo era Karol Wojtyla: uno sguardo d’amore su tutti, ma per ognuno”.

Rigirando la domanda di prima, quale termine useresti per descrivere il rapporto che avevano i giovani con San Giovanni Paolo II?

“Il primo è sempre ‘amore’. Ne aggiungerei però anche uno un po’ insolito: ‘sequela’”.

Perché proprio ‘sequela’?

“San Giovanni Paolo II era credibile e quindi creduto. Venendo creduto, ha spinto molti di noi a metterci in cammino: ha chiamato tanti giovani alla conversione, all’impegno personale, al sacerdozio, alla vita religiosa; all’interrogarsi a livello sociale, civile, morale, etico. Ha creato quindi una generazione totalmente nuova di persone nuove. E’ per questo che credo che ‘sequela’ sia il termine perfetto”.

Come associazione, avete vissuto il Pontificato di tre Papi apparentemente molto diversi tra loro. Cosa pensi che li unisca?

“I Papaboys sono nati con San Giovanni Paolo II e sono cresciuti con Benedetto XVI. Oggi siamo al servizio della Chiesa seguendo un altro grande Papa: Francesco. Dalla mia esperienza personale, credo che li unisca l’aver ‘incarnato’ ognuno una delle tre virtù teologali. San Giovanni Paolo II ha rappresentato la Speranza; Benedetto XVI la Fede; Francesco la Carità”.

Sono passati 24 anni da quella prima chiamata. Si avvicina a grandi passi il prossimo grande evento mondiale. Come sarà il Giubileo di Francesco?

“Credo che per la prima volta sarà un fantastico giubileo sociale, oltre che spirituale”.

In che senso dici che sarà un “giubileo sociale”?

“Perché è la prima grande occasione per Francesco per dare una rinnovata non solo alla Chiesa, ma anche alla società intera. Scuotendo direttamente le fondamenta dell’ipocrisia, sia della società, sia – talvolta dobbiamo avere il coraggio di riconoscerlo – anche della Chiesa stessa. Ci siamo addormentati sul nostro benessere, su un certo perbenismo. Dimenticandoci degli ultimi. Ci siamo dimenticati di quelli che sembrano nemici e di coloro che sembrano stare ‘dall’altra parte’. Sono sicuro che il Giubileo parlerà a tutti gli uomini, anche a quelli più lontani. E scuoterà potentemente anche le fondamenta di noi, ‘catto-addormentati'”.

Vuoi fare un appello ai giovani del 2025 per invitarli al Giubileo?

“Sì. E voglio rivolgermi a quei giovani nati nel nuovo millennio che oggi non sanno neanche che c’è un Papa a Roma o che forse hanno visto per sbaglio in televisione un uomo vestito di bianco affacciarsi ad una finestra la domenica mattina. Ragazzi, interrogatevi! Chiedetevi che cosa c’è a Roma che non conoscete; che cosa dice di così rivoluzionario questo signore vestito di bianco; come mai milioni di persone si stanno dirigendo verso la città eterna; chi c’è lì ad aspettarli. E se siete incuriositi, non tergiversate, toglietevi tutte le soddisfazioni: prendetevi un B&B, o una tenda; andate con un amico, con la fidanzata o con chi vi pare. Ma non perdetevi l’opportunità di vivere in prima persona quell’appuntamento grandioso che sarà il Giubileo! Parola di Papaboy!”.