Botte e lavoro per un tozzo di pane. La polizia prepara lo sciopero generale

Ancora una volta devono alzare gli scudi per proteggersi da un attacco. Ma questa volta dall’altra parte non ci sono i black bloc a tirare pietre e molotov, bensì il governo che in nome della ristrutturazione economica del Paese ha deciso che la sicurezza è un bene sacrificabile. E che il lavoro dei tanti uomini e donne in divisa, già fatto per pochi spiccioli, può ulteriormente essere sacrificato. E se le sassate degli antagonisti fanno male fisicamente, il colpo inferto al morale dei poliziotti dalla strategia di Palazzo Chigi è anche peggio. Ecco perché  i sindacati di polizia e Cocer delle forze armate agitano lo spettro di un inaudito sciopero generale del comparto. Renzi replica duro: “pronto ad incontrarli, ma non cedo ai ricatti”.

Prima il ministro Marianna Madia ha spento le speranze di uno sblocco degli stipendi per i dipendenti pubblici. Poi i rappresentanti sindacali di polizia di Stato, polizia penitenziaria, corpo forestale, vigili del fuoco ed il Cocer interforze si sono dati appuntamento per una riunione nella mattinata di ieri, in modo da concordare le mosse da fare. Ne è scaturito un comunicato di fuoco contro il Governo che ha mantenuto il blocco degli stipendi per il quinto anno consecutivo, nonostante “i continui impegni assunti formalmente con documenti ufficiali e con dichiarazioni sia dei ministri che dei capi dei singoli Corpi e Dipartimenti”.

“Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica – sottolineano i rappresentanti degli uomini e donne in uniforme – siamo costretti, verificata la totale chiusura del Governo ad ascoltare le nostre esigenze per garantire il funzionamento del sistema a tutela della sicurezza, del soccorso pubblico e della difesa del nostro Paese, atteso le numerose richieste di incontro rivolte al Presidente del Consiglio, ad oggi inascoltate, a dichiarare lo sciopero generale”. In caso di conferma del blocco nella legge di stabilità, sindacati e Cocer si dicono comunque pronti a “continuare a garantire la difesa, la sicurezza e il soccorso pubblico al nostro Paese”, ma “chiederemo le dimissioni di tutti i capi dei vari Corpi e Dipartimenti, civili e militari, e dei relativi ministri poiché non sono stati capaci di rappresentare i sacrifici, la specificità, la professionalità e l’abnegazione del proprio personale. La frattura che si creerebbe in tale scenario – sottolineano – sarebbe insanabile; per questo diciamo che in tale ipotesi, o restano loro oppure tutti quelli che si sacrificano ogni giorno e in ogni angolo del Paese e dell’intero mondo per garantire sicurezza e difesa”.

Da Newport, dove partecipa al vertice Nato, non si fa attendere la replica del presidente del Consiglio, che si è mantenuto in continuo contatto telefonico con il ministro dell’Interno Angelino Alfano. “Ricevero’ personalmente gli uomini in divisa – assicura Renzi – ma non accetto ricatti”. Per il premier, e’ ingiusto in un momento di crisi fare sciopero per un mancato aumento quando ci sono milioni di disoccupati. E da Palazzo Chigi fanno notare che il blocco degli stipendi degli statali era già previsto nel Def, non c’è niente di nuovo. Il
governo, spiegano, è disposto volentieri ad aprire un tavolo di discussione con le forze di sicurezza, che sono fondamentali per la vita del Paese. “Ma siamo l’unico Paese – osservano nel palazzo del Governo – che ha cinque forze di polizia. Se vogliono discutere siamo pronti a farlo su tutto. Non tocchiamo lo stipendio né il posto di lavoro di nessuno, ma è ingiusto scioperare in un momento di crisi per un mancato aumento”.

I sindacati di polizia, dopo il polverone, ribattono: “Bene la dichiarata disponibilità del presidente Renzi ad incontrare i rappresentanti delle donne e degli uomini del Comparto Sicurezza, Difesa e Soccorso pubblico, meno bene la non chiarezza circa le rivendicazioni dello stesso personale”.  Intanto, si fanno sentire i primi effetti della protesta sul territorio. A Bologna i sindacati di polizia annunciano lo stop degli straordinari per l’ordine pubblico. Mentre Sap, Sappe, Sapaf e Conapo mettono in campo un “presidio permanente” di protesta a Roma in piazza Montecitorio.