Morto avvelenato il fratellastro del leader della Corea del Nord

Da erede designato della dinastia al potere nella Corea del Nord a probabile vittima sacrificale del regime. Kim Jong-nam, fratellastro più grande del leader nordcoreano Kim Jong-un, è stato ucciso lunedì mattina in Malaysia. La notizia è stata diffusa dall’agenzia Yonhap e da altri media sudcoreani, che citano fonti del governo di Seul. Tra il 1994 e il 2001 Kim era considerato il vero delfino del “caro leader” Kim Jong-il, prima di cadere in disgrazia a causa del goffo tentativo di raggiungere il Giappone a maggio 2001 con un passaporto falso dominicano perché voleva trascorrere una vacanza a Tokyo Disneyland.

L’omicidio sarebbe avvenuto in circostanze misteriose all’aereoporto di Kuala Lumpur. Yonhap e TV Chosun, canale via cavo sudocoreano, hanno infatti riferito che le responsabili dell’assassinio sarebbero due donne, probabili agenti segreti, non identificate, entrate in azione nello scalo aeroportuale malese. Kim sarebbe stato ucciso con delle “punte avvelenate”. Le sospettate sarebbero poi svanite nel nulla in un’azione che ha rafforzato la convinzione della polizia locale che possa esserci Pyongyang dietro l’operazione. Nel caso in cui l’ipotesi avanzata dalle fonti governative di Seul venisse confermata, si tratterebbe del secondo caso di morte di un’alta personalità della famiglia Kim, al potere da 70 anni. Nel dicembre 2013, infatti, fu eseguita la condanna a morte di Jang Song-thaek, zio del leader attuale, già suo tutore e numero due del regime.

Kim Jong-nam, 45 anni, era nato dalla relazione tra il “caro leader” e Sung Hae-rim, un’attrice sudcoreana di nascita morta a Mosca. Appassionato di informatica, profondo conoscitore della lingua giapponese e soprannominato “il piccolo generale”, dopo la sua caduta in disgrazia si rifugiò a Macao, prima di trasferirsi, poco dopo la morte del padre, in diversi Paesi del sud-est asiatico tra cui Singapore, Indonesia e la Cina, per il timore di essere assassinato. In esilio, Kim è stato intervistato dai media giapponesi ai quali ha espresso forti critiche sul regime controllato dalla famiglia, auspicando il varo di una stagione di riforme.