Papa Francesco: preghiamo per la martoriata Ucraina

Il testo integrale pronunciato da Papa Francesco nel corso dell'udienza in piazza San Pietro. L'appello del Pontefice di pregare per la "martoriata Ucraina"

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Foto Insidefoto/Image. Nella foto: Papa Francesco

Rivolgere preghiere alla Madonna, in questo mese di maggio a lei dedicato, in particolare per la pace nella “martoriata Ucraina”. Sono queste le parole con cui Papa Francesco ha concluso l’udienza generale a cui ha partecipato Sua Santità Tawadros II, Patriarca Copto Ortodosso di Alessandria, giunto a Roma su invito di Papa Francesco per commemorare insieme il 50.mo anniversario dello storico incontro tra San Paolo VI e Papa Shenouda III.

L’udienza

Nel discorso in lingua italiana il Papa, riprendendo il ciclo di catechesi La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente, incentra la Sua meditazione sul tema “Testimoni: San Francesco Saverio” (Lettura: 2 Cor 5,14-15.20). Papa Francesco, inoltre, ha detto ai fedeli presenti in Piazza San Pietro: “Recitando il Rosario, ricordatevi soprattutto delle donne e dei bambini afflitti dalla guerra“.

Il saluto al Papa di Alessandria

“Fratelli e sorelle! È con grande gioia che saluto oggi Sua Santità Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco, e l’illustre delegazione che l’accompagna. Sua Santità Tawadros ha accettato il mio invito a venire a Roma per celebrare con me il cinquantesimo anniversario dello storico incontro di Papa San Paolo VI e Papa Shenouda III, nel 1973. Si trattava del primo incontro tra un Vescovo di Roma e un Patriarca della Chiesa copta ortodossa, che culminò con la firma di una memorabile dichiarazione cristologica comune, esattamente il 10 maggio. In memoria di questo evento, Sua Santità Tawadros è venuto a trovarmi per la prima volta il 10 maggio di dieci anni fa, pochi mesi dopo la sua e la mia elezione, e ha proposto di celebrare ogni 10 maggio la “Giornata dell’amicizia copto-cattolica” che da quel tempo celebriamo ogni anno. Santità! Caro amico e fratello Tawadros, La ringrazio di aver accettato il mio invito in questo duplice anniversario, e prego che la luce dello Spirito Santo illumini la Sua visita a Roma, gli importanti incontri che avrà qui, e in particolare le nostre conversazioni personali. La ringrazio di cuore per il Suo impegno nella crescente amicizia tra la Chiesa copta ortodossa e la Chiesa cattolica. Santità, cari Vescovi e cari amici, insieme a voi imploro Dio Onnipotente, per l’intercessione dei Santi e Martiri della Chiesa copta, affinché ci aiuti a crescere nella comunione, in un unico e santo legame di fede, di speranza e di amore cristiano. Chiedo a tutti i presenti di pregare Dio affinché benedica la visita a Roma di Papa Tawadros e protegga l’intera Chiesa ortodossa copta. Possa questa visita avvicinarci più celermente al giorno benedetto quando saremo una sola cosa in Cristo!”.

Il testo integrale pronunciato da Papa Francesco

“Cari Fratelli e sorelle, buongiorno! Proseguendo il nostro itinerario con alcuni modelli esemplari di zelo apostolico, oggi incontriamo la figura di San Francesco Saverio, il quale a buon diritto è considerato il più grande missionario dei tempi moderni, ed è il Patrono delle missioni cattoliche. Francesco nasce in una famiglia nobile ma impoverita della Navarra, nel nord della Spagna, nel 1506. Va a studiare all’università di Parigi per poter ottenere una carica ecclesiastica ben retribuita che gli assicuri l’avvenire. È un giovane simpatico e brillante, eccelle nello sport e nello studio. Nel suo collegio incontra un compagno più anziano e un po’ speciale: Ignazio di Loyola. Diventano grandi amici, e Ignazio aiuta Francesco a vivere un’esperienza spirituale nuova e profonda, una vera conversione per liberarsi da ogni ambizione e dedicarsi senza riserve al servizio di Dio, amando e seguendo Gesù Cristo. Finiti gli studi, insieme ad alcuni altri amici vanno a Roma e si mettono a disposizione del Papa per i bisogni più urgenti della Chiesa nel mondo. All’inizio sono una decina e decidono di chiamarsi la ‘Compagnia di Gesù’.

Siamo nel tempo in cui gli orizzonti si stanno allargando dall’Europa cristiana verso i confini del mondo allora sconosciuti. Nuovi continenti, scoperta di popoli che non hanno ancora sentito parlare del Vangelo di Gesù Cristo. Il re del Portogallo chiede al Papa di mandare alcuni Gesuiti nelle Indie orientali; tra questi c’è anche Francesco Saverio. Parte così il primo di una numerosa schiera di missionari appassionati, pronti a sopportare fatiche e pericoli immensi, a raggiungere terre e incontrare popoli di culture e lingue del tutto sconosciute, spinti solo dal fortissimo desiderio di far conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo, e così ‘salvare’, condurre a Dio e al loro vero bene tante persone. Saverio è nominato Nunzio apostolico, cioè rappresentante del Papa Paolo III verso i governanti delle cosiddette Indie. In poco più di undici anni compirà un’opera straordinaria. I viaggi in nave a quel tempo erano durissimi e pericolosi. Molti morivano in viaggio per naufragi o malattie. Saverio passa sulle navi oltre tre anni e mezzo, un terzo dell’intera durata della sua missione.

Giunto a Goa, in India, la capitale dell’Oriente portoghese, Saverio vi pone la sua base, ma non si ferma lì. Va ad evangelizzare i poveri pescatori della costa meridionale dell’India, insegnando catechismo e preghiere ai bambini, battezzando e curando i malati. Poi, durante una preghiera notturna presso la tomba dell’apostolo San Bartolomeo, sente di dover andare oltre l’India. Lascia in buone mani il lavoro già avviato e salpa con coraggio per le Molucche, le isole più lontane dell’arcipelago indonesiano, dove in due anni di lavoro fonda diverse comunità cristiane. Mette in versi il catechismo nella lingua locale e insegna a cantarlo. Quali siano i suoi sentimenti lo capiamo dalle sue lettere. Scrive: «I pericoli e le sofferenze, accolti volontariamente e unicamente per amore e servizio di Dio nostro Signore, sono tesori ricchi di grandi consolazioni spirituali. Qui in pochi anni si potrebbero perdere gli occhi per le troppe lacrime di gioia!» (20 gennaio 1548). Un giorno, in India, incontra un giapponese, che gli parla del suo lontano Paese, dove mai nessun missionario europeo si era ancora spinto. Saverio decide di partire al più presto, e ci arriva dopo un viaggio avventuroso sulla giunca di un cinese. I tre anni in Giappone sono durissimi, per il clima, le opposizioni e l’ignoranza della lingua, ma anche qui i semi piantati daranno grandi frutti.

In Giappone Saverio capisce che il Paese decisivo per la missione nell’Asia era un altro: la Cina. Con la sua cultura, la sua storia, la sua grandezza, esercitava di fatto un predominio su quella parte del mondo. Perciò egli torna a Goa e poco dopo s’imbarca di nuovo sperando di poter entrare in Cina, nonostante sia chiusa agli stranieri. Ma il suo disegno fallisce: egli muore sulla piccola isola di Sancian, aspettando invano di poter sbarcare sulla terraferma vicino a Canton. Il 3 dicembre 1552, in totale abbandono, solo un cinese è accanto a lui a vegliarlo. Così termina il viaggio terreno di Francesco Saverio. Aveva quarantasei anni, ma i capelli erano già bianchi, le sue forze erano consumate, donate senza risparmio al servizio del Vangelo. La sua attività intensissima è stata sempre unita alla preghiera, all’unione con Dio, mistica e contemplativa. Dovunque si trovava, aveva grande cura per i malati, i poveri e i bambini. L’amore di Cristo è stato la forza che lo ha spinto sino ai confini più lontani, con fatiche e pericoli continui, superando insuccessi, delusioni e scoraggiamenti, anzi, dandogli consolazione e gioia nel seguirlo e servirlo fino alla fine”.

Dal bollettino della Sala Stampa Vaticana