Caso Orlandi, la S. Sede definisce “falso e ridicolo” il dossier di Fittipaldi

Nuove rivelazioni, nuova stagione di corvi o semplicemente nuovo libro da pubblicizzare? Ancora una volta Emanuele Fittipaldi annuncia un dossier esplosivo su un caso mai risolto che riguarda il Vaticano, quello della scomparsa di Emanuela Orlandi, sparita nel nulla nel 1983. Ma il commento rilasciato dal direttore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke (oltre ad altri particolari…) sembra sufficiente a inquadrarlo nel modo giusto: “Documentazione falsa e ridicola, che non ha nessuna credibilità. E’ una montatura“.

Il dossier

Di cosa si tratta? Il giornalista, già finito sotto processo per il caso Vatileaks 2 insieme a Gianluigi Nuzzi (entrambi prosciolti per difetto di giurisdizione nel luglio 2016), ha anticipato un passaggio centrale del suo nuovo libro in cui rivela di essere entrato in possesso, grazie a una fonte supersegreta, peraltro all’inizio abbastanza restia, di un dossier che “sintetizza gli esborsi sostenuti dal Vaticano dal 1983 al 1997. La somma totale investita nella vicenda Orlandi è ingente: oltre 483 milioni, quasi mezzo miliardo di lire”. Fittipaldi, dopo aver pubblicato la notizia su Repubblica on line, ha anche convocato una conferenza stampa. E ha ribadito di aver avuto sentore che altri erano in possesso del documento. Secondo il quale il Vaticano avrebbe speso “oltre 483 milioni di lire per l’allontanamento” e presumibilmente per la “detenzione” di Emanuela Orlandi in un luogo protetto (si parla di diversi viaggi a Londra e anche di pagamenti di visite ginecologiche nella capitale britannica). Di “Spese del Vaticano fino al 1997, un giallo il dossier su Emanuela” riferisce anche un articolo del Corriere della Sera.

Cinque pagine

Fittipaldi spiega che gli è stata consegnata “una lettera di cinque pagine, datata marzo 1998. È scritta al computer o, forse, con una telescrivente, ed è inviata (così leggo in calce) dal cardinale Lorenzo Antonetti, allora capo dell’Apsa (l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica), ai monsignori Giovanni Battista Re e Jean-Louis Tauran“. Si tratterebbe di una sorta di “nota spese” inviata dal porporato a quelli che all’epoca erano i sostituti rispettivamente agli affari generali e ai rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Una nota che fa riferimento a 197 pagine di fatture di cui peraltro non sembra esserci traccia. I dubbi sull’autenticità del documento sono diversi, a cominciare dall’intestazione: la formula “Sua Riverita Eccellenza” al posto di “Sua Eccellenza Reverendissima” fa sorridere; inoltre il nome del futuro cardinale Tauran è sbagliato (Luis e non Louis). Scritto così da chi (il card. Antonetti) era stato nunzio a Parigi fa sorridere ancora di più. Ma soprattutto, se si fosse trattato del pagamento di operazioni segrete, è poco plausibile che ne sia stata lasciata traccia in maniera così evidente. “Non ho mai visto quel documento pubblicato da Fittipaldi, non ho mai ricevuto alcuna rendicontazione su eventuali spese effettuate per il caso di Emanuela Orlandi” ha dichiarato dal canto suo il cardinale Re. “Ho grande stima per Fittipaldi e le sue inchieste, ma su questa vicenda delle note spese ho dei dubbi” ha detto Ferdinando Imposimato, presidente emerito della Corte di Cassazione ed ex legale della famiglia Orlandi, commentando a Radio Cusano Campus le nuove rivelazioni. Ciò nonostante Imposimato è convinto “che il Vaticano conosca molte cose di questa vicenda, ci sono molte prove in merito. I collegamenti del Vaticano col sequestro Orlandi sono numerosi”.

Un nuovo Vatileaks?

Fittipaldi non si scompone: il suo ragionamento è semplice. Se il dossier è autentico, la cosa sarebbe gravissima (e come dargli torto?). Se è falso, vorrebbe dire che sono tornati a volare i corvi. Che, ovviamente, avrebbero come obiettivo Papa Francesco. “Se fosse un falso, devo dire che non ne ho mai visto uno così ben fatto” ha detto il giornalista in conferenza stampa. Ed ha aggiunto di ritenere che questo “sia l’inizio di una nuova fuoriuscita di documenti interni al Vaticano”. Insomma, non c’è due senza tre: potremmo essere all’alba di un nuovo Vatileaks. E se fosse solo spazzatura?