“Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio”

«Imparate da me, che sono mite e umile di cuore»
«Discĭte a me, quia mitis sum et humĭlis corde» 

Solennità del Sacro Cuore di Gesù – Anno A – Mt 11,25-30

In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Il commento di Massimiliano Zupi

Dopo le solennità della Trinità e del Corpo e Sangue di Cristo, oggi la Chiesa celebra l’ultima delle feste immediatamente seguenti alla Pentecoste: il Cuore di Gesù. E non poteva essere scelto un Vangelo migliore di questo per l’occasione: pochi versetti che aprono una finestra sull’io profondo di Gesù, una specola privilegiata per gustare come il suo cuore senta, cosa provi. Innanzitutto, il cuore di Gesù è come quello di un piccolo, colmo di lode per il Padre: è contento, pieno di letizia, non per i propri successi o per la propria forza, ma semplicemente perché si sente amato dal Padre. Gesù, nella sua signoria, è come un bimbo innamorato del papà: vive di questa relazione d’amore, nella quale è racchiuso ogni tesoro ed ogni gioia. Il cuore di Gesù è il cuore di un Figlio amato: per questo è, in secondo luogo, un cuore che ama, è cioè mite ed umile. La mitezza e l’umiltà infatti sono le due caratteristiche principe dell’amore. L’amore è mitezza: dolcezza che non giudica e non condanna mai (Gv 3,17), che al contrario si compiace del bene e copre, sopporta ed allontana il male (1 Cor 13,7). L’amore è umiltà: non dominio, non affermazione di sé, bensì servizio attento a non fare mai ombra, ma a promuovere l’altro (Gv 3,30). Entrare in un cuore così, sintonizzarsi con questo suo duplice battito è l’esperienza più bella, il dono dei doni: lo Spirito Santo.