Romania: la Costituzione non difenderà la famiglia naturale

È fallito in Romania il tentativo di inserire in Costituzione che il matrimonio è l'unione tra uomo e donna. Il referendum che si è tenuto nel Paese dell'Europa dell'Est sabato e domenica scorsi non ha raggiunto il quorum: ha votato il 20,4 per cento degli elettori. L'Ufficio elettorale centrale spiega che il numero complessivo di votanti è stato pari a 3.731.704, di cui 1.829.816 nelle aree urbane e 1.901.888 nelle aree rurali. Così nel testo rimarrà la dicitura attuale, ossia che il matrimonio è l'unione tra due sposi. La modifica avrebbe neutralizzato sul nascere il tentativo di legalizzare il matrimonio omosessuale: in Romania al momento non è riconosciuta nemmeno alcuna forma di unione civile.

La Coalizione per la famiglia, un’alleanza di sigle che aveva sponsorizzato il referendum sostenuta dai vescovi ortodossi e cattolici, ha accusato i partiti del “boicottaggio generale” del voto. Ciò nonostante il patriarca Daniel, capo della chiesa ortodossa romena – che conta oltre 18 milioni di fedeli – avesse esortato nel proprio sermone domenicale ad andare a votare – riferisce Il Fatto Quotidiano – “prima che sia troppo tardi”. I vescovi cattolici avevano dichiarato in una nota che “questa precisazione nella Costituzione è più che necessaria“, in quanto la Carta fondamentale di ogni Popolo europeo od occidentale dovrebbe avere “lo scopo di essere alla base di un’adeguata legislazione nel campo della famiglia nella quale siano tutelati i diritti di ognuno e sia rispettata la natura delle cose nella tradizione cristiana“. Non solo i movimenti più conservatori e le Chiese, a favore del referendum si era schierato anche il Partito Socialdemocratico al Governo. Una mossa, quella del centrosinistra rumeno, che aveva creato frizioni nel gruppo parlamentare a Bruxelles dei socialisti e democratici, il cui capogruppo Udo Bullman ora esprime soddisfazione per quanto avvenuto in Romania: “I risultati mostrano con chiarezza che i romeni non si sono fatti raggirare da un’agenda politica orchestrata per seminare odio e discordia“, dichiara. “La maggior parte dei noi socialdemocratici – aggiunge – crede che un diritto umano non debba essere oggetto di un referendum”.