Economia italiana: le previsioni per il 2024

Foto di Steve Buissinne da Pixabay

Un anno è finito e un altro è cominciato, come al solito nei primi giorni di gennaio si cerca di delineare una previsione su come si evolverà lo scenario nei prossimi mesi.

Come prima cosa si potrebbe tentare di tracciare un quadro astrologico e l’Italia, nata come stato unitario il 17 marzo 1861, può essere vista come segnata dalla costellazione dei Pesci per cui Branko, uno degli astrologi più famosi e seguiti, prevede un anno privo di avversità astrali con una situazione rara che permetterà di mandare avanti i progetti e indirizzare il proprio destino ma, seppur affascinante, questa visione non è di certo basata su dati misurabili e non permette di avere una visione verosimile di quello che potrebbe succedere nei prossimi 12 mesi.

Una cosa, però, questa previsione l’azzecca: una delle criticità del Paese, almeno nell’età repubblicana, è sempre stata l’instabilità politica e questo 2024 si apre, invece, con una situazione inedita poiché la maggioranza di governo è salda e supportata da un consenso forte e ben strutturato anche dopo un anno difficile, sotto molti aspetti, come è stato il 2023.

Nonostante gli strali di un’opposizione erratica e poco incisiva, non si vedono tempeste o, anche solo, temporali all’orizzonte a livello politico e questo permette di stilare un percorso di azione di lungo respiro, fosse anche solo fino a fine legislatura, come non si è mai visto, nemmeno durante il governo Berlusconi II, che resta tutt’oggi l’esecutivo più duraturo della storia italiana (dopo il governo Mussolini, in effetti, ma il paragone non è esattamente congruo). Non è un caso che anche le agenzie di rating abbiano visto un miglioramento nella situazione del Paese e abbiano confermato tutte i loro giudizi rivedendo in positivo gli outlook, tra l’altro.

Lo scenario politico non presenta elementi di preoccupazione, quindi, e la capacità di agire o, nel caso, di reagire agli shock esterni presenta una maggiore facilità rispetto al passato quando bisognava sempre ricercare mediazioni interne a maggioranze litigiose o cercare appoggi esterni per portare aventi l’azione di governo in campo economico.

L’economia, infatti, è sempre stata il punto dolente nella tenuta dei governi e la lunga stagnazione italiana è stata la diretta conseguenza di questa criticità; oggi sembra che, invece, sia proprio la visione di intervento economico il vero collante di tutto, con un progetto di rilancio del Paese che, si spera, possa essere il punto di svolta per un sistema che ha sempre espresso grandi potenzialità ma che non ha mai avuto l’occasione di trasformarle in sviluppo concreto.

Certamente le premesse con cui il 2023 si è chiuso non sono del tutto positive, poiché permane una situazione di elevato costo del denaro derivante da una lotta all’inflazione, da parte della BCE, quantomeno opinabile per la modalità di “messa a terra” ma anche solo guardando i dati di borsa non si può nascondere un prudente ottimismo per i prossimi mesi.

Guardando l’indice principale di Milano, il FTSE MIB, a fine anno ha superato quota 32’000, superando nettamente il record segnato a inizio 2022, prima del crollo a seguito dello shock inflattivo e dei primi e goffi aumenti dei tassi di interesse, che sembrava avvenissero per reazione e senza un piano razionale (dubbio che, in effetti, non è mai stato fugato), e nonostante sia ancora lontano dai massimi storici pre-crisi subprime del 2007, a oltre 44’800 punti (quindi si è ancora sotto di circa il 28%), si pone al livello più elevato dal 2008 indicando, perciò, una certa fiducia nell’evoluzione dell’economia locale e della redditività delle aziende quotate e, in generale, di tutto il sistema economico.

Vero è che il 2023 sia stato segnato da profitti record, spinti dalla crescita dei tassi, per il settore bancario, che rappresenta una fetta importante delle aziende quotate a Piazza Affari, ma l’anno che verrà difficilmente sarà replicato e tutti i grandi gruppi prevedono una contrazione significativa degli utili a seguito del previsto taglio dei tassi a sostegno dell’economia, ora che l’inflazione è rientrata, in molte zone, addirittura ben sotto ai tassi obiettivo.

Ma, visto che i mercati, solitamente, anticipano le evoluzioni dell’economia, perché se le si prevede una minore redditività per il comparto finanziario, banche e assicurazioni, e per quello energetico, per il calo continuo del costo delle materie prime, i listini salgono?

Non è un mistero che esista una correlazione inversa tra la crescita delle quotazioni in borsa e il costo del denaro, poiché bassi tassi d’interesse rendono meno convenienti le obbligazioni e i conti deposito e molto più attrattivi gli investimenti azionari anche se la lezione del 2023 spingerà a un più razionale stock picking e non più all’investimento emozionale a cui ci si è abituati nel decennio dei tassi a zero, poiché a questo livello difficilmente vedremo ancora gli indici di riferimento delle banche centrali, e ora i mercati puntano a un robusto taglio dei tassi sia da parte della FED in USA sia, soprattutto, da parte della BCE in Europa tanto che Goldman Sachs prevede un dimezzamento a 2,25% entro il Q4 dell’anno.

Se a questo si aggiunge che il prezzo dell’energia, come anticipato poc’anzi, si sia normalizzato rispetto al picco registrato nel periodo più caldo della crisi ucraina si può dire che, nonostante i due conflitti alle porte del continente, lo scenario economico si apra sotto prospettive incoraggianti anche se i dati macro attuali non siano certo entusiasmanti.

Secondo Istat il PIL registra una crescita annua dello 0,7% nel 2023, con una prospettiva di conferma sullo stesso livello nel 2024 trainato della domanda interna in crescita, per via della progressiva discesa dei prezzi e dell’aumento dei salari conseguente all’ultima tornata di chiusura dei CCNL, che va a compensare l’apporto della domanda estera che nel 2023 è stata negativa e si presuppone quasi nulla nel 2024, per via del forte rallentamento dell’economia nei partner esteri e della Germania in particolare.

A questo punto diventa cruciale il settore degli investimenti che potrebbero diventare il volano per la crescita, purtroppo ben sappiamo che la struttura produttiva italiana, basata sulle PMI (più “micro” che “piccola e media”), non è foriera di grandi investimenti, soprattutto in un periodo di elevati tassi di interesse dovendo dipendere pesantemente dal credito bancario, per questo i cantieri PNRR diventano decisivi, in attesa che il taglio dei tassi permetta di ridare slancio ai progetti di crescita delle imprese.

In pratica si può dire che il 2024 si apra in una situazione di luci e ombre, cosa che non è una novità in effetti, ma con uno scenario certamente non negativo che, richiamando l’oroscopo citato in incipit, permetterebbe di avere il controllo sulle mosse per indirizzare il futuro e, se non ci saranno esternalità negative (come una guerra o uno shock sui mercati), l’unico ostacolo esistente sarebbe la mancanza di volontà ad andare avanti.