PRODI: “ANDIAMO ADAGIO A PARLARE DI DISSOLUZIONE DELL’UE”

L’ex Presidente della Commissione Europea e già Presidente del Consiglio dei ministri in Italia, Romano Prodi minimizza i rischi della BrExit, decisa dagli inglesi, con il 52% dei voti, nel Referendum. “Andiamo adagio a parlare di dissoluzione”, dichiara. “L’esito del referendum britannico è indubbiamente clamoroso, ma io oggi dico: calma e gesso”.

Il problema del contagio obiettivamente esiste, ma meno di quello che la gente pensa, perché i Paesi dell’Europa orientale, dell’ex area dell’Unione Sovietica, che sarebbero i più tentati, ricevono quantità cospicue di risorse dall’Unione Europea, e quindi, il loro tenore di vita precipiterebbe”.

Anche se  – continua  – certamente quello inglese è un segnale fortissimo, sia per Bruxelles, per una politica che non si è resa conto dei problemi di tutti, sia anche per la stessa Gran Bretagna, che potrà avere dei momenti di tensione interna estremamente forti, e questo proprio per la diversità con cui si è votato”. Nella sua analisi, “le classi abbienti hanno votato per il remain (restare), e le classi povere invece per il leave (uscire)”.

Sarebbe, insomma, questo, un voto di protesta. Ma, le proteste significano che qualcosa non va e deve essere cambiato. Soprattutto, per i diritti dei cittadini più deboli. “Questa Brexit è il grande segnale del malessere non nei confronti dell’Europa, ma di tutta la politica che viene fatta oggi ovunque”. Così, “nel mondo, non solo in Inghilterra, le proteste si stanno condensando nei ceti che soffrono per la globalizzazione, e l’Europa è vista come una parte di questo processo”. Nel doveroso mea culpa dei rappresentanti politici nazionali ed europei, il voto degli inglesi ci obbliga a riconoscere che “stiamo attuando una politica economica non inclusiva, e questo – afferma Prodi – dà linfa ai partiti populisti, che infatti stanno facendo proseliti in Italia, Francia, Spagna, nella stessa Germania. Nel caso inglese, tale malcontento si è espresso nella rabbia verso l’Europa”.

“Quella britannica è anche una bocciatura dell’idea stessa di Europa così com’è”.“La gente, se vede un’Europa ferma, che rinvia le decisioni, che non si occupa di capire le tensioni e i problemi delle popolazioni dei singoli Stati, inevitabilmente si allontana. Da anni ormai diciamo che questa politica europea dell’austerità tedesca non ci piace e sta rovinando l’Unione”.

Più pessimista, invece, è nei riguardi delle ricadute sulla politica interna della Gran Bretagna e sui suoi equilibri istituzionali. “La decisione britannica potrebbe avere anche forti conseguenze interne, visto che in Scozia e Irlanda del Nord la vittoria del sì all’Europa ha assunto dimensioni cosi elevate da far pensare che possa fungere da trampolino per rivendicazioni autonomiste. Rivendicazioni che potrebbero coinvolgere anche altre realtà europee, come la Catalogna in Spagna”.

Sono andato a dormire con la tranquillità che la Gran Bretagna rimanesse nell’Unione e questa mattina mi sono svegliato con la consapevolezza che tutto era diverso”, racconta ad askanews. “Poi discuteremo di tutte le conseguenze nel breve periodo, delle Borse che scendono, anche se questo mi preoccupa fino a un certo punto, perché credo che le conseguenze economiche non siano grandissime”. Ma, “quella britannica è anche una bocciatura dell’idea stessa di Europa così com’è, perché la gente se vede un’Europa ferma, che rinvia le decisioni, che non si occupa di capire le tensioni e i problemi delle popolazioni dei singoli Stati, inevitabilmente, si allontana. Da anni ormai diciamo che questa politica europea dell’austerità tedesca non ci piace e sta rovinando l’Unione”.

Prodi si dice “personalmente sdegnato dalle trattative svoltesi fra L’Europa e la Gran Bretagna per scongiurare la BrExit”: “Il governo britannico veniva autorizzato a stare fuori da ogni progresso che l’Unione avrebbe compiuto, configurando pertanto una Europa a due velocità, cambiando la stessa natura dell’UE”.

In una intervista all’“Huffington Post”, qualche giorno fa, invece, pur prudente, Prodi era stato meno ottimista. Aveva commentato così l’allora soltanto eventuale esito referendario favorevole all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea: “Sono convinto che, in caso di BrExit, si possano trovare i necessari compromessi che permettano non solo la permanenza degli intensi rapporti economici costruiti in questi anni, ma anche delle fondamentali alleanze politiche e militari che sono oggi e lo saranno anche domani, di comune interesse”. Poi, però, aveva anche evidenziato i “rischi”: “Il messaggio di fragilità che l’Unione Europea trasmetterebbe in tutto il mondo, ossia, quello di un’Unione reversibile e non duratura nel tempo”. E poi, la possibilità che “altre nazioni siano tentate di seguire la stessa strada, dato che, in tutti i Paesi, i movimenti antieuropei si sentiranno incoraggiati a perseguire lo stesso obiettivo”.