E' ora di riformare il diritto di famiglia

L'interesse suscitato dalla sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite qualche giorno fa in tema di assegno di mantenimento, si spiega per una serie di ragioni. In primo luogo perché i giudici non si sono limitati a superare il contrasto giurisprudenziale sorto a seguito della nota sentenza della Cassazione del 10 maggio dello scorso anno, ma hanno introdotto elementi di novità importanti e proposto spunti di riflessione che il legislatore, che ad oggi si è mostrato alquanto disinteressato in concreto al tema, si auspica possa cogliere in un futuro prossimo.

La questione dell’assegno divorzile, della quale si discute da anni, ha raggiunto un picco di interesse a seguito della già indicata sentenza del 10 maggio scorso che, come molti ricorderanno, ha superato dopo quasi trent’anni, l’orientamento granitico dei giudici sul mantenimento, stabilendo che non dovesse più essere determinato a favore del coniuge debole (per lo più la moglie come i dati statistici insegnano) in ragione del tenore di vita matrimoniale, bensì parametrandolo alla indipendenza oppure all’autosufficienza economica dello stesso. La decisione, tuttavia, non è stata unanimemente condivisa, tant’è che alcuni Tribunali hanno assunto posizioni diverse, se vogliamo conservative, in contrasto con quella della Suprema Corte, continuando a riconoscere il diritto a percepire l’assegno divorzile da parte dell’ex moglie sulla base del tenore di vita goduto dalla stessa nel corso del matrimonio.

Da qui la recente sentenza delle sezioni unite che dovrebbe dirimere le divergenze. La decisione dei giudici del Palazzaccio è senza dubbio apprezzabile poiché, attraverso una disamina approfondita dell’argomento coglie, seppur implicitamente, la ormai diffusa richiesta di un cambiamento di regole sul tema, considerando che anche in ragione della persistente crisi economica, le famiglie sono sempre più povere e difficilmente un solo reddito può garantire il mantenimento dell’intero nucleo. A ciò si aggiunga che, come numerosi studi hanno accertato, le separazioni costituiscono eventi di rottura che innescano oltre che condizioni di impoverimento anche, forse soprattutto, di isolamento ed emarginazione. D’altra parte è evidente a chiunque che le separazioni dei coniugi sonosempre più conflittuali al punto da essere considerate una vera e propria emergenza sia sotto il profilo economico che per quanto riguarda la tutela dei figli i quali, prima e più di altri, ne subiscono le conseguenze.

La platea degli interessati all’argomento, peraltro, è sempre più ampia se si considera che in Italia si registrano oltre novantamila separazioni e circa ottantamila divorzi che purtroppo sono fonte, oltre che della disgregazione delle famiglie, non di rado di eventi drammatici come per esempio, quando vengono contesi i figli in tenera età oppure quando il genitore che ha più ascendente su di loro li manipola per bramosia di vendetta nei confronti dell’ex. Un comportamento che ha contribuito a far aumentare il numero di bambini vittime di alienazione genitoriale. Si tratta di tematiche di primaria importanza meritevoli di particolare attenzione, che inducono a considerare che la recente decisione della Corte di Cassazione, pur costituendo una tappa importante, non è l’approdo definitivo. E' tempo che anche il nostro Paese, così come accade in altri ordinamenti giuridici, riconsideri la possibilità di intervenire sulle attuali leggi relative alle separazioni e divorzi, aggiornandole tenendo conto della corrente realtà sociale, economica e culturale.

Ma soprattutto ciò di cui abbiamo effettivamente bisogno è un intervento riformatore del diritto di famiglia, partendo dal presupposto che quest’ultima ha subìto, negli ultimi anni, considerevoli trasformazioni, al punto che oggi si può consapevolmente parlare di un nuovo modello familiare. È questo un settore che a vario titolo rappresenta lo specchio del Paese e che va ben oltre le pur rilevanti problematiche dei contrasti tra ex coniugi. La famiglia, soprattutto nella sua nuova accezione, svolge una funzione economica, non di rado di ammortizzatore sociale e di sostegno per i tanti più giovani o più anziani che diversamente sarebbero abbandonati al loro destino. Si tratta di uno straordinario impegno socializzante, per il quale dovrebbe ricevere un più adeguato e consistente riconoscimento da parte delle Istituzioni, non propriamente concentrate all’attuazione di una efficace politica familiare.