Turchia: inizia il dibattito sul presidenzialismo, Erdogan vuole il referendum in primavera

Al Parlamento turco è iniziato il dibattito in sessione plenaria sulla proposta di riforma costituzionale per l’introduzione del presidenzialismo, voluto dall’Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan. Il testo arriva in aula dopo l’approvazione da parte della commissione costituzionale, al termine di un acceso confronto. Secondo il leader dell’opposizione socialdemocratica Chp, Kemal Kilicdaroglu, la riforma porterebbe la Turchia “da una democrazia parlamentare a un regime totalitario”. La bozza giunta in Parlamento prevede che il presidente della Repubblica, eletto direttamente dal popolo, sia alla guida del governo, possa restare a capo di un partito e abbia il potere di dichiarare lo stato d’emergenza. La riforma entrerebbe in vigore dopo un periodo di transizione dal 2019, permettendo a Erdogan di candidarsi per altri due mandati e, se eletto, restare al potere fino al 2029. Per approvarla con la soglia minima di 330 voti su 550, l’Akp avrà bisogno dell’appoggio annunciato dell’opposizione nazionalista Mhp. In seguito, la proposta verrà sottoposta a un referendum costituzionale, atteso in primavera.

Il tutto avviene mentre il Paese vive una fase di emergenza, scandita dall’attentato di Istanbul dell’1 gennaio, costato 39 vittime. Nell’ultima settimana sono state arrestate 442 persone in operazioni antiterrorismo. Lo ha reso noto il ministero dell’Interno di Ankara, precisando che la maggior parte (406) sono finite in manette per sospetti legami con la presunta rete golpista di Fethullah Gulen, mentre altri 36 con l’accusa di legami con il Pkk curdo. Nello stesso periodo, si aggiunge, sono stati 129 i fermi di sospetti affiliati all’Isis, senza precisare se alcuni di questi, probabilmente fermati anche in relazione all’attacco di Capodanno, siano poi stati formalmente arrestati. Lo stato d’emergenza in vigore in Turchia permette di prolungare il fermo di polizia fino a un mese.

Gulen è considerato l’ispiratore del tentato golpe del 15 luglio e di alcuni attacchi condotti contro autorità e forze dell’ordine turche. La mancata estradizione dell’Imam milionario da parte degli Stati Uniti è ancora causa di polemiche tra Ankara e Washington. “La nostre aspettative urgenti nei conforti degli Usa sono l’estradizione in Turchia del capo di Feto (Fethullah Gulen, ndr) e che pongano fine alla loro cooperazione con l’Ypg (curdi-siriani, ndr), affiliato al Pkk” ha detto il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, a pochi giorni dall’insediamento alla Casa Bianca di Donald Trump, parlando alla Conferenza degli ambasciatori del Paese in corso ad Ankara. Tra i vari aspetti della politica estera affrontati da Cavusoglu, anche il rapporto con Bruxelles: “Senza la Turchia, l’Ue resterà incompleta. La xenofobia e il populismo islamofobico impediranno il progresso dell’Europa”. Nel suo discorso, il ministro turco ha inoltre ricordato l’ambasciatore russo ucciso il mese scorso ad Ankara, Andrei Karlov, come “una perdita comune del popolo turco e russo”.