DDL FIANO: I GADGET FASCISTI DIVENTANO REATO?

In Italia sta per cominciare una nuova e innovativa fase di resistenza al fascismo. Poco a che vedere con la guerra civile che insanguinò il Belpaese tra il 1943 e il 1945. Stavolta non ci saranno partigiani con il fazzoletto rosso al collo e con i fucili puntati, ma le manette pronte a scattare per chiunque richiami “pubblicamente la simbologia o la gestualità” del fascismo o del nazismo.

Fino a due anni di carcere

Le pene, che si aggravano di un terzo se la propaganda sarà commessa attraverso pc e internet, vanno dai sei mesi ai due anni di reclusione. Questo prevede il ddl Fiano, che introduce nel codice penale l’art. 293-bis e che la Camera ha approvato martedì sera, uno dei primo provvedimenti discussi alla riapertura dell’aula dopo la pausa estiva. In attesa che il testo arrivi in Senato per il voto definitivo, montano le polemiche.

Bando ai gadget nostalgici

Se non dovessero esserci modifiche, potrebbe innescarsi un giro di vite nei confronti di tutto quel mondo imprenditoriale che ruota attorno alla vendita di gadget nostalgici. Busti del Duce et similia verrebbero banditi, dal momento che il testo afferma esplicitamente che la pena colpisce chi fa propaganda di fascismo e nazismo “anche solo attraverso la produzione, distribuzione, diffusione o vendita di beni raffiguranti persone, immagini o simboli a essi chiaramente riferiti”.

Il proposito di Fiano

Del resto fu lo stesso Emanuele Fiano (Pd), primo firmatario della proposta, a spiegare con un intervento in aula il 2 ottobre 2015 che è “grave e non derubricabile a un mero fatto di folklore” tutta quella “complessa attività commerciale” dedita alla vendita di oggetti “riproducenti immagini, simboli o slogan esplicitamente rievocativi dell’ideologia del regime fascista o nazifascista”.

Il silenzio dei negozianti

Diverse sono le attività commerciali che hanno fatto della nostalgia verso il fascismo un business. A Predappio, paese natale di Benito Mussolini, è noto Ferlandia, il primo negozio di souvenir fascisti. Sorto negli anni Cinquanta, fu subito un successo a tal punto da diventare ispirazione per altri imprenditori locali. In Terris ha provato a contattare i proprietari per raccogliere un parere sul ddl Fiano, ma dall’altra parte del telefono una voce femminile ha tagliato corto: “La titolare è in ferie e noi dipendenti non siamo autorizzati a rilasciare dichiarazioni”. Stessa chiusura nei confronti della stampa da parte di altri negozi nei pressi della casa natale del Duce.

“Il Federale” di Artena

È invece loquace la signora Adelaide, proprietaria del ristorante Il Federale, ad Artena, provincia sud di Roma. Qui si possono ordinare i cannolicchi al balilla o la zuppa del fascio littorio, innaffiata da vino nero o bianco dell’Asse. Il locale, famoso anche per la buona cucina, è un memoriale del Ventennio, raccontato attraverso stampe e cimeli.

“Non lo so perché c’è paura di questo personaggio (Mussolini, ndr), che ha fatto tanto bene all’Italia”, osserva la signora Adelaide ad In Terris in un momento di pausa dai fornelli. Dice con vigore di non sentirsi minacciata dall’approvazione del ddl Fiano. “Assolutamente! Il mio è un locale privato, non obbligo nessuno a venire, le persone scelgono in libertà”. E poi aggiunge: “Da italiana ritengo ignobile tutto questo: la storia è storia e non si può cancellare, come invece vorrebbero fare con l’obelisco del Foro Italico”. In effetti lo stesso Fiano si è detto favorevole a rimuovere la scritta “Mussolini Dux” dal monumento che campeggia a due passi dallo Stadio Olimpico di Roma.

Predappio: camicie nere, fez e saluti romani

Ma si prevedono tempi duri non solo per oggetti e opere scultoree, anche per le gestualità. L’eventuale approvazione della legge metterà in soffitta il celebre saluto romano. Un gesto rievocativo che conosce bene la città di Predappio. Fin dal 1957, anno in cui la salma del duce venne riportata nella terra dove egli nacque, il piccolo cimitero è meta di pellegrinaggi nostalgici e sovente pittoreschi, con bella mostra di camicie nere e fez. Specie nelle date impresse in ogni “cuore nero” (il 28 ottobre, Marcia su Roma, o il 28 aprile, morte di Mussolini) plotoni di nostalgici si radunano intorno alla tomba per omaggiare il Duce d’Italia.

Il parere del sindaco

Il binomio tra Predappio e turismo nostalgico fascista appare indigesto al primo cittadino del paese romagnolo, Giorgio Frassineti. Intervistato da In Terris, il sindaco dapprima si dice “favorevole” alla proposta di legge del suo collega di partito Fiano. Ma dalle sue parole successive trapela qualche nota polemica.

“Sono settant’anni che in Italia abbiamo istituzioni democratiche – prosegue – e non vedo pericoli di derive fasciste”. Frassineti ricorda a tal proposito la legge Scelba del 1952, che punisce la “ricostituzione del partito fascista”, e la legge Mancino del 1993, contro la propaganda di idee fondate sull’odio razziale: “Non ho capito questa nuova legge cosa vada ad aggiungere”, il suo commento.

Piuttosto, Frassineti invoca un lavoro culturale, come quello che si propone di diffondere il centro studi sul fascismo che il sindaco sta mettendo in piedi a Predappio. “Si possono vietare gli accendini con la faccia di Mussolini – dice – ma con la storia bisogna fare i conti, occorre studiare quel periodo storico che fu una tragedia collettiva”.

Nessuna ricaduta negativa sul turismo

Frassineti nega che l’approvazione del ddl Fiano possa determinare ricadute negative sul turismo a Predappio. “Su 630 partite Iva, sono solo tre i negozi che vendono gadget di Mussolini e non rendono onore al paese”, afferma. E ci tiene a sottolineare che Predappio, benché sia una storica roccaforte rossa che ha sempre eletto sindaci di sinistra, è tollerante verso le adunate di nostalgici del Duce provenienti da tutta Italia. “Oggi il clima è cambiato, negli anni ’70 volavano cazzotti e anche di più: una volta misero una bomba al cimitero”, ricorda Frassineti.

I tempi che cambiano

Il sindaco si congeda al telefono con un auspicio: “Vorrei solo che Predappio venisse ricordata anche per le tante sue virtù: il 25 per cento del bilancio comunale va al sociale, una famiglia su dieci vive nelle case del Comune, non ci sono parcheggi a pagamento, la scuola è gratis, la raccolta differenziata va a gonfie vele e ospitiamo venti richiedenti asilo”. Già, proprio così, la terra del Duce è oggi luogo d’accoglienza di immigrati. Un paradosso o forse, più semplicemente, un segno dei tempi che cambiano.