Blitz contro il caporalato in Calabria: le disumane condizioni a cui erano costretti i lavoratori

Ai domiciliari 5 imprenditori del cosentino e 2 stranieri che rivestivano un ruolo di intermediari

caporalato

Turni di lavoro massacranti, anche di 26 ore, con una paga di 1,50 l’ora, costretti a mangiare a terra. Condizioni disumane alle quali si aggiungevano minacce e insulti. E’ la realtà che è emersa dalle indagini condotte dal commissariato di polizia di Paola, diretto dal vicequestore Giuseppe Zanfini.

Le indagini

Il blitz contro gli sfruttatori è il frutto delle indagini delle forze dell’ordine, iniziate in seguito alla denuncia di un lavoratore, stanco delle condizioni disumane alle quali era costretto. In seguito all’operazione della polizia, sono finiti in manette 5 imprenditori più due persone straniere accusate di svolgere un ruolo di intermediazione: riscuotevano il denaro e rivestivano una posizione di privilegio all’interno dell’azienda. Sequestrata anche un’azienda agricola di Amantea di cui i cinque imprenditori erano soci. Ora, i cinque, insieme agli altri due stranieri, sono agli arresti domiciliari.

Le vittime

Tra le vittime dei caporali alcuni cittadini di origine bengalese, di età compresa tra i 20 e i 50 anni. Costretti a vivere anche in dieci in appartamenti di 70 metri quadrati con bagni rotti e inefficienti. I cittadini bengalesi – che dovevano caricare e scaricare cassette di frutta custodite in un deposito ad Amantea e destinate ai mercati locali – erano costretti a turni di lavoro massacranti, della durata di 26 ore, pagati 1,50 l’ora. A questo si aggiungevano le minacce e le umiliazioni. Costretti a mangiare a terra, a differenza di altri lavoratori italiani a cui veniva fornito un tavolino.