“Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele”

«I cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni»
«Catelli edunt de micis, quae cadunt de mensa dominōrum suōrum»

XVIII Settimana del Tempo Ordinario – Mt 15,21-28

In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Il commento di Massimiliano Zupi

Dopo essere stato motivo di scandalo nella sua patria, a Nàzaret, ed aver ricevuto l’annuncio della morte di Giovanni Battista, Gesù si era ritirato sulla barca, in un luogo deserto, in disparte: tuttavia molta folla lo aveva seguito a piedi, lasciando le
città. Ora, dopo aver rimproverato Pietro per avere dubitato ed essere stato uomo di poca fede, ed aver discusso con scribi e farisei su ciò che è causa di impurità per gli uomini (Mt 15,1-20), si ritira di nuovo, questa volta in terra pagana, nella zona di Tiro e Sidòne: anche lì è raggiunto, non però da una folla israelita, bensì da una donna pagana. Il contrappunto, in verità, tra il ritrarsi di Gesù e il suo attirare a sé proprio così una moltitudine, è ancora più forte del precedente: la donna, infatti, è una sola, ma è simbolo di tutte le nazioni alle quali sarà portato il vangelo, fino alle estremità della terra (At 1,8).

Il punto di partenza, per gli infedeli, è il medesimo degli israeliti: la propria figlioletta è posseduta da un demonio. Comune è la fatica di vivere a tutti gli uomini, indistintamente: essere paralizzati dal peccato, schiavi dei propri vizi, non riuscire a fiorire. La reazione di Gesù però è molto diversa: in Israele non si stanca di insegnare; qui invece non pronuncia neppure una parola. In effetti, nella sua breve vita, Gesù non si è rivolto se non agli ebrei: è il prezzo dell’incarnazione, autodelimitazione di Colui che è infinito in un punto definito nel tempo e nello spazio. Come non ha potuto far sentire la sua voce terrena se non per pochi anni, così non l’ha potuta spingere se non all’interno di una regione circoscritta.

Ciò nondimeno, la sua Parola è giunta fino a noi attraverso i secoli: grazie alla testimonianza dei suoi discepoli, di generazione in generazione, in una catena ininterrotta (Lc 1,1-4; 1 Gv 1,1-3). La delimitazione della sua missione storica esige il nostro coinvolgimento: diventiamo missionari insieme con lui, figli del medesimo Padre. Già quella donna, tuttavia, ricevette il dono della guarigione della figlia direttamente da Gesù: come ha fatto a forzarlo, ad anticipare i tempi? Gesù stesso dà la risposta: attraverso la grandezza della sua fede. Nella donna, la fede è riconoscere in sé stessa il proprio bisogno e indigenza, ed in Gesù la medicina in grado di guarirla, il pane capace di saziarla (Gv 6,35). È vero: come tutti noi pagani, anch’ella è un cane. Tuttavia le basta raccogliere una sola briciola del pane moltiplicato nel deserto, una particola di Eucarestia: ed allora, come il deserto si era trasformato in giardino (Mt 14,19), così il cane diventa figlio. Il Figlio ha offerto il suo corpo per tutti, affinché ognuno, accogliendolo, impari a sua volta a vivere da figlio.