Morale ed etica sono più di un complesso insieme di algoritmi

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Papa Francesco, guardando il mondo che ci circonda, segnala le gravi questioni etiche legate al settore degli armamenti. La possibilità di condurre operazioni militari attraverso sistemi di controllo remoto ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo, contribuendo a un approccio ancora più freddo e distaccato all’immensa tragedia della guerra. La ricerca sulle tecnologie emergenti nel settore dei cosiddetti “sistemi d’arma autonomi letali”, incluso l’utilizzo bellico dell’intelligenza artificiale, è un grave motivo di preoccupazione etica. I sistemi d’arma autonomi non potranno mai essere soggetti moralmente responsabili: l’esclusiva capacità umana di giudizio morale e di decisione etica è più di un complesso insieme di algoritmi, e tale capacità non può essere ridotta alla programmazione di una macchina che, per quanto “intelligente”, rimane pur sempre una macchina. Per questo motivo, è imperativo garantire una supervisione umana adeguata, significativa e coerente dei sistemi d’arma. “Non possiamo nemmeno ignorare la possibilità che armi sofisticate finiscano nelle mani sbagliate, facilitando, ad esempio, attacchi terroristici o interventi volti a destabilizzare istituzioni di governo legittime.

Il mondo, insomma, non ha proprio bisogno che le nuove tecnologie contribuiscano all’iniquo sviluppo del mercato e del commercio delle armi, promuovendo la follia della guerra. Così facendo, non solo l’intelligenza, ma il cuore stesso dell’uomo, correrà il rischio di diventare sempre più ‘artificiale’ – ha avvertito il Pontefice in occasione dell’ultima Giornata mondiale della pace -. Le più avanzate applicazioni tecniche non vanno impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti, ma per pavimentare le vie della pace. La croce di Cristo è per il credente denuncia e vittoria sulla violenza, segno della solidarietà di Dio con l’uomo oppresso e sfregiato nella sua dignità. La croce non è propriamente apologia della sofferenza, del sacrificio e della morte. Abbracciandola, Gesù la trasforma in atto d’accusa della violenza del sistema religioso-politico del suo tempo, da cui è rifiutato e ingiustamente condannato. Per la risurrezione, che non è compenso e riparazione dell’apparente insuccesso della morte di Gesù, ma l’affermazione sfolgorante della potenza della vita divina, la croce indica ad ogni uomo la via che porta al trionfo sulla violenza e sull’odio. Con la crocifissione, Gesù assume su di sé anche la con-dizione di ogni persona ingiustamente condannata.

Poiché Dio Padre si curva sul Figlio per accogliere il dono della sua vita e per eternarla nel dinamismo potente della risurrezione, la croce testimonia la solidarietà di Dio nei confronti di chiunque sia calpestato nei suoi diritti fondamentali. Quando il credente si immerge nella morte e risurrezione di Gesù Cristo, specie con il Battesimo e poi partecipando all’Eucaristia ‒ ove è celebrato il memoriale della passione del Figlio di Dio, che muore per redimere dal peccato e spezzare il circolo vizioso della violenza ‒, è reso partecipe della vitalità e della fecondità sanante e liberatrice dell’Amore-non violento. Nello stesso tempo è chiamato ad essere uomo del perdono, ad amare i propri nemici e a pregare per i propri persecutori. Profondamente pacificato, attivo nel dono di sé, è invitato a impegnarsi a fianco degli oppressi e degli ultimi, non per annientare gli oppressori e gli sfruttatori, ma per scuoterne le coscienze e portarli a Cristo, il «Servo sofferente», perché siano guadagnati definitivamente all’amore, alla giustizia, alla pace. Gesù, nel suo incontro con l’umanità, ha guarito gli ammalati e i peccatori, ristabilendoli nella loro integrità e nella loro dignità. Non ha condannato il peccatore, ma con i suoi gesti e con le sue parole ha rivelato la violenza latente nei suoi interlocutori (i farisei, i sadducei, gli zeloti), riformulando sistematicamente le loro subdole domande e sollevando i veri problemi, per mettere i suoi detrattori di fronte alla loro coscienza. Ai suoi occhi la violenza nasce nel cuore e si esprime già nella parola.