NEGOZIATI TRA LE DUE COREE: SEUL DICE SI’ AI COLLOQUI PRELIMINARI

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Sarà un villaggio sul confine ad ospitare il prossimo 26 novembre il primo incontro a livello governativo i colloqui tra le due Coree. A proporre il summit in quello che è stato definito il Villaggio della Tregua –  Panmunjon sulla linea di armistizio che divide la Penisola coreana dal  1953 –  è stato il regime nordcoreano dopo che nella notte ha incassato la più pesante – finora – mozione di condanna da parte dell’Onu sui dritti umani e campi di prigionia.

Come per la controparte nordcoreana, anche Seoul ha affidato all’agenzia ufficiale Yonhap la risposta affermativa del ministero per la Riunificazione. Se si concretizzerà, l’incontro sarà il primo a livello governativo dal brusco raffreddamento dei rapporti dovuto a schermaglie militari al confine lo scorso agosto. Successivamente, la settimana di incontri di familiari separati dal conflitto e dalla linea d’armistizio ha contribuito a allentare la tensione.

Tuttavia è la crescente azione delle diplomazie a stimolare l’iniziativa del regime di Pyongyang, che rischia l’isolamento anche da parte del suo principale partner economico e unico alleato in sede di Consiglio di sicurezza Onu, la Cina popolare. L’avvicinamento che non è solo commerciale di Seul a Pechino e il clima più disteso tra autorità sudcoreane e giapponesi non gioca a favore di Pyongyang, ancor più dopo l’incontro a inizio novembre, il primo dopo tre anni, del presidente cinese Xi Jinping, dell’omologo sudcoreano Park Geun-hye e del premier giapponese Shinzo Abe.

Dal vertice era uscito un fermo impegno a evitare l’escalation del nucleare nordcoreano, che il regime considera invece una delle poche risorse di cui dispone per ottenere credito internazionale e aiuti determinanti per la sua sopravvivenza. Significativa anche la condanna in sede di commissione per i diritti umani dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove una risoluzione che condanna i “gravi” e diffusi abusi dei diritti umani in Corea del Nord ha ottenuto il voto a favore di 112 paesi, quello contrario di 19 e l’astensione di 50. Il voto del mese prossimo in sede di Assemblea generale sarà importante e una conferma di condanna metterebbe in difficoltà Pechino, costretta a porre il veto nel Consiglio di sicurezza per impedire che la Corte penale internazionale dell’Aia venga chiamata a giudicare il regime per crimini contro l’umanità.