Clown terapia: aiutare i bambini con un sorriso

Donare un sorriso è sempre un'arte nobile e farlo quando il paziente è un bambino piccolo ha un valore ancora maggiore. Questo è il compito dei clown dottori.

Non solo medici, un ruolo importante in ospedale è svolto dai “clown dottori”. Team di esperti che mettono al servizio dei piccoli malati il loro sorriso ed il loro amore per regalare attimi di spensieratezza. Tra questi, a Santa Marinella di Roma, esiste la onlus Comici Camici, una cooperativa sociale romana che dona un sorriso ai piccoli pazienti del Bambino Gesù grazie all’8xmille alla Chiesa cattolica.

 

Firmato da te, un progetto televisivo di TV2000 che racconta, attraverso la voce dei protagonisti, cosa si fa concretamente con l’8xmille destinato alla Chiesa cattolica e segue le ricadute di un piccolo gesto nel vissuto di persone e luoghi, è entrato all’interno dell’ospedale per raccontare quanto riescono a fare questi dottori tanto amati dai più piccoli.

L’intervento dei Clown Dottori, che operano sempre in coppia e si relazionano in media con non meno di venti bambini ed i loro rispettivi genitori, facilita il rapporto dei piccoli pazienti con i fisioterapisti ed i logopedisti, favorendo lo svolgimento delle sedute specialistiche

Interris.it ne ha parlato con la dott.ssa Kokoska della cooperativa sociale Comici Camici.

Cosa rappresenta la clown terapia per bambini e famiglie che affrontano un percorso fatto di dolore e speranza?
“Significa generare un combustibile che alimenta la speranza, spalancare una finestra da cui entra il sole quando tutto sembra grigio e triste. A volte c’è bisogno di accendere la stanza, portare allegria e sonore risate, altre volte, esserci, per donare calma, vicinanza che viene dall’ascolto rispettoso. L’ incontro tra un clown dottore e un bambino genera una vera e propria scintilla in grado di cambiare il segno alle emozioni negative virandole verso la gioia, la fiducia, la speranza elementi determinanti che, come sappiamo dagli studi della PNEI (PsicoNeuroEndocrinoImmunologia), permettono al bambino di essere protagonista attivo del proprio percorso di cura e guarigione”.

“Sono risultati che riescono a sedimentarsi con la continuità e la ciclicità delle visite. I bambini ci aspettano, quell’attesa crea una fibrillazione positiva, uno scopo, un amo verso la progettualità e il domani. Una condizione che restituisce ai genitori una bolla di leggerezza. È vita in movimento in un luogo che per sua natura cristallizza il tempo e lo spazio”.

“È importante sottolineare che qualunque sia la condizione clinica del bambino noi ci rivolgiamo alla sua parte sana. Si ritorna ad un momento in cui la malattia non c’è, non per una negazione della stessa, ma per l’instaurarsi di una sfera emotiva in cui la vita è forte e va avanti”.

Come ci si avvicina a questi bambini? Capita che si incontrino persone che non vogliono essere aiutate?
“Ci si avvicina in punta di piedi e chiedendo il permesso. La nostra chiave di accesso è “sentire” la stanza, leggere l’energia e le emozioni presenti. Ogni volta è un nuovo incontro. Non crediamo nello spettacolino preparato o nell’animazione da portare in corsia. Si tratta per noi di una relazione terapeutica che necessita di volta in volta di una lettura immediata di quello che incontriamo e di una co creazione dell’intervento che prende vita insieme al bambino e alla sua famiglia. Una capacità di lettura e di azione che nasce da una formazione lunga, impegnativa…. fondamentale”.

“Capita che un bambino dica no e questo è importante, perché restituisce al bambino la dignità e il potere di incidere su una situazione dove quel no non è possibile dirlo: a medici, alle procedure mediche. Per esperienza possiamo dire che quel no difficilmente resta tale… finisce per diventare un si, molto bello perché frutto di una fiducia conquistata”.

Come si svolge la clown terapia in questo periodo? Si riescono a portare avanti i progetti?
“Dal mese di marzo, con il diffondersi dell’emergenza COVID-19, su richiesta delle direzioni sanitarie le attività in corsia sono state sospese. Abbiamo prontamente attivato il progetto Comici Camici CAM che ci permette di restare in contatto con i bambini attraverso una videochiamata. E’ un tentativo di portare serenità nella stanza, demolire la percezione di isolamento che accompagna i loro vissuti. In questo momento forse ancor di più di prima, è importante esserci. Speriamo sarà presto possibile, con tutte le misure di sicurezza necessarie”.

Qual è il momento più difficile che si affronta quando si fa questo lavoro?
“Il momento più difficile è quando torni in quella stanza di lungodegenza e non c’è più quel bimbo cintura nera di fantanimali, con la sua maglietta arancione preferita e i suoi disegni della volpe cinolina, o quella ragazzina straniera con gli occhi di velluto con cui cantavamo malissimo 70 volte le canzoni della Pausini nella sua lingua. È un momento difficile anche quando incontri storie di vita troppo forti per essere accettate. In questo lavoro, che richiede una formazione continua, la supervisione psicologica è uno strumento salvavita. Nel nostro mestiere metti in campo chi sei, il naso non è una maschera, è l’umano portato senza filtri ed in totale presenza. Con la sua forza e la sua fragilità, soprattutto quando sa che deve dire ciao”.

Quanto è importante raccontare tramite un documentario questa realtà che non sempre è molto conosciuta?
“Un documentario sarebbe tanto importante e non semplice nello stesso momento. La figura del clown in ospedale spesso si associa ad un pagliaccio che fa scherzi e porta un sorriso nei luoghi di sofferenza, si ha spesso un’idea piuttosto distante dalla realtà del lavoro del clown dottore. Non semplice perché rappresenterebbe una sfida per la telecamera non turbare un equilibrio che si sta creando e cogliere la magia che può nascere nell’intimità di una stanza d’ospedale. Ma sarebbe straordinario, con un documentario, poterla raccontare”.