Papa: “I cristiani chiusi finiscono sempre male”

In udienza generale, Papa Francesco, concludendo il ciclo di catechesi su "La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente", ha incentrato la sua meditazione sul tema: "Effatà, apriti Chiesa!"

Il Papa in udienza generale in Sala Nervi, in Vaticano. Foto: @vaticannews_it

“Il cristiano deve essere aperto alla Parola di Dio e al servizio degli altri. I cristiani chiusi finiscono male sempre perché non sono cristiani ma ideologi, ideologi della chiusura”. Lo ha detto il Papa nell’udienza generale concludendo il ciclo di catechesi sulla evangelizzazione. “Chiediamo anche la grazia, come Chiesa, di attuare una vera conversione pastorale e missionaria”, ha aggiunto Papa Francesco.

L’appello del Papa sul conflitto in Israele e Palestina, al termine dell’udienza generale di questa mattina:  “Incoraggio tutte le parti coinvolte a riprendere i negoziati e far arrivare gli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza. Si liberino tutti gli ostaggi che avevano visto una speranza nella tregua e che questa grande sofferenza finisca.” Il dono della pace anche per “la martoriata ucraina”. Riportiamo integralmente la catechesi del Papa.

La catechesi del Papa

Cari fratelli e sorelle, concludiamo oggi il ciclo dedicato allo zelo apostolico, in cui ci siamo lasciati ispirare dalla Parola di Dio, dalla vita di alcuni testimoni e dal Magistero recente a coltivare la passione per l’annuncio del Vangelo. Essa, lo ribadisco, riguarda ogni cristiano, fin dall’inizio. Pensiamo al fatto che nel Battesimo il celebrante dice, toccando le orecchie e le labbra del battezzato: «Il Signore Gesù, che fece udire i sordi e parlare i muti, ti conceda di ascoltare presto la sua parola, e di professare la tua fede». Si chiede a Dio di renderci ascoltatori e annunciatori di Gesù. È il Rito dell’Effatà: il nome deriva proprio dal segno prodigioso compiuto da Gesù che abbiamo ascoltato e di cui vorrei parlarvi (cfr Mc 7,31-35).

L’evangelista Marco si dilunga a descrivere dov’è accaduto: «verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli», dopo che Gesù era «uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone» (v. 31). Che cosa accomuna questi territori? L’essere prevalentemente abitati da pagani. I discepoli più stretti, infatti, non sembrano gradire questa “escursione” di Gesù, il quale, invece, proprio lì risana un sordomuto. In precedenza, in tutto l’Antico Testamento, non c’era stata alcuna guarigione di sordi e di muti. Ricordiamo che il senso del mutismo e della sordità nella Bibbia è soprattutto metaforico e designa la chiusura ai richiami di Dio.

Papa: “I cristiani chiusi finiscono sempre male”

A essere chiusi qui sono i discepoli e Cristo sembra rivolgersi a loro: compie il gesto di “prendere in disparte” (cfr v. 33) e, ogni volta che il Vangelo di Marco usa quest’espressione, fa riferimento alla loro mancanza di comprensione. Sembra dunque che Gesù, facendo uscire i discepoli dalle sicurezze dei territori abituali e guarendo un pagano perché possa ascoltare il Vangelo, desideri che i suoi accolgano l’invito a lasciare i confini ristretti di un popolo o di una cerchia religiosa per annunciare la presenza salvifica e liberatrice di Dio a tutti: agli stranieri, a chi è lontano, a chi è sordo nel corpo e nel cuore, a chi non parla la stessa lingua.

Un altro segnale è indicativo: il Vangelo riporta la parola decisiva di Gesù in aramaico, la lingua che parlava abitualmente con i discepoli. Effatà significa “apriti” ed è un invito rivolto non tanto al sordomuto, che non poteva sentirlo, ma proprio ai discepoli di allora e di ogni tempo. Anche noi, che abbiamo ricevuto l’effatà dello Spirito nel Battesimo, siamo chiamati ad aprirci. “Apriti”, dice Gesù a ogni credente e alla sua Chiesa: apriti perché il messaggio del Vangelo ha bisogno di te per essere testimoniato e annunciato! Apriti, non chiuderti nelle tue comodità religiose e nel “si è sempre fatto così”!

“Apriti, Chiesa, al soffio dello Spirito Santo”

Apriti, Chiesa, al soffio dello Spirito Santo, che ti spinge a essere missionaria, evangelizzatrice! Notiamo un ulteriore dettaglio: Gesù tocca la lingua del sordomuto con la saliva. Secondo la mentalità del tempo si pensava che essa fosse “un soffio condensato”: non a caso il Vangelo sottolinea che Cristo, prima di dire effatà, “emette un sospiro” (cfr v. 34). Soffio e sospiro: si tratta di una trasmissione dello Spirito Santo, perché si aprano le orecchie e si sciolga la lingua. È un invito per noi a ritrovare la gioia della missione nel fuoco dello Spirito. Lo slancio missionario, infatti, non è una propaganda per ottenere consenso, non è proselitismo, nemmeno è riempire la testa di nozioni, ma è appiccare la scintilla dell’amore di Dio nel cuore.

“Lo zelo apostolico non dipende dall’organizzazione, ma dall’ardore”

Parafrasando una bella espressione, potremmo dire che il cuore di coloro a cui annunciamo “non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere”. Dunque lo zelo apostolico non dipende dall’organizzazione, ma dall’ardore; non si misura con il consenso che riceviamo, ma con l’amore che doniamo. Anche alla fine dei Vangeli Gesù ci consegna questo suo desiderio missionario. Proprio nell’ultima pagina del Vangelo di Giovanni (cfr 21,1-18) dà a Pietro la missione di pascere le sue pecore, di essere pastore per tutti. Gli affida infatti l’incarico in Galilea, nella regione più eterogenea e composita del territorio di allora. Gesù incarica Pietro lì: non a Gerusalemme, nel luogo religioso più puro e identitario, ma nella Galilea delle genti, e lo fa dopo la pesca miracolosa di 153 grossi pesci, numero che richiama tutti i popoli presenti nel mondo (cfr v. 11).

Il messaggio è chiaro: per essere pastori del Popolo di Dio occorre essere pescatori di uomini, disposti a lasciare le rive delle proprie sicurezze per prendere il largo col Vangelo nel mare del mondo. Fratelli, sorelle, sentiamoci tutti chiamati, in quanto battezzati, a testimoniare e annunciare Gesù. E chiediamo la grazia, come Chiesa, di saper attuare una conversione pastorale e missionaria. Il Signore sulle rive del Mare di Galilea domandò a Pietro se lo amasse e poi gli chiese di pascere le sue pecore (cfr vv. 15-17). Anche noi interroghiamoci: amo davvero il Signore, al punto da volerlo annunciare? Voglio diventare suo testimone o mi accontento di essere suo discepolo? Prendo a cuore le persone che incontro, le porto a Gesù nella preghiera? Desidero fare qualcosa perché la gioia del Vangelo, che ha trasformato la mia vita, renda più bella anche la loro?

Il Papa: “Rinnovo l’appello per immediato cessate il fuoco”

“Continuo a seguire con molta preoccupazione e dolore il conflitto in Israele e in Palestina. Rinnovo il mio appello per un immediato ‘cessate il fuoco’ umanitario. Si soffre tanto lì. Incoraggio tutte le parti coinvolte a riprendere i negoziati, e chiedo a tutti di assumersi l’urgente impegno di fare arrivare gli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza che è allo stremo e ne ha veramente bisogno”, ha detto il Papa alla fine dell’udienza generale. “Si liberino subito tutti gli ostaggi che avevano visto una speranza nella tregua di qualche giorno fa. E che questa grande sofferenza per gli israeliani e per i palestinesi finisca. Per favore, no alle armi, sì alla pace”, ha concluso il Papa le cui parole sono state accolte da un lungo applauso.

Non dimentichiamo di chiedere la pace per l’Ucraina

“Non dimentichiamo di chiedere il dono della pace per le popolazioni che soffrono a causa della guerra, in modo speciale per la martoriata Ucraina, e per Israele e Palestina”, ha aggiunto il Pontefice.

Fonte: Ansa