Strage di Bologna: dopo 42 anni ancora nessuna certezza

La mattina del 2 agosto 1980, nella sala d’attesa di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna, venne fatta esplodere una valigetta contenente un ordigno secondo i periti di fabbricazione militare. La detonazione provocò un’onda d’urto tale da demolire l’intera ala della stazione e buona parte del binario affollato di turisti, in partenza o di ritorno dalle ferie. I morti furono decine. E oltre 200 i feriti. La città rimase sconvolta. E così pure il paese. Da allora, dopo quarant’anni di indagini, non si è ancora risalti ai veri mandanti di quella strage.

In un primo momento, le autorità (e il governo, all’epoca presieduto da Francesco Cossiga) parlarono di cause fortuite, di un incidente (si disse lo scoppio di una caldaia). Poi, dopo i primi rilievi, ci si rese conto che l’origine dello scoppio era dolosa: si trattava di terrorismo. Tesi confermata da una rivendicazione dei NAR, i Nuclei Armati Rivoluzionari, gruppo terroristico di estrema destra ad alcuni quotidiani. Eppure, non era difficile immaginare un simile scenario. Era il periodo dell’eversione nera: solo pochi anni prima c’era stata la strage di Brescia e quella dell’Italicus. E non era passato molto tempo dalla strage di piazza Fontana. Un periodo che rimarrà negli annali della storia italiana per le morti causate dalle bombe di matrice neofascista.

Forse fu per questo (o forse per altri motivi) che, dopo il primo momento di “incertezza”, le autorità cambiarono rapidamente strada: il 22 agosto, venne diffuso un rapporto della Digos che conteneva alcuni documenti, “fogli d’ordine”, di Ordine Nuovo proprio l’organizzazione neofascista della strage di piazza della Loggia a Brescia e quella di piazza Fontana a Milano. Sei giorni dopo, a meno di un mese dall’attentato, la procura di Bologna emise 28 ordini di cattura nei confronti di personaggi facenti parte di organizzazioni neofasciste quali i Nuclei Armati Rivoluzionari, il Movimento Rivoluzionario Popolare e Terza Posizione. Un’azione tempestiva che lasciò ben sperare sull’individuazione dei veri responsabili della strage di Bologna.

Invece, a distanza di quarant’anni, i veri mandanti non sono ancora stati identificati. Secondo alcuni la colpa sarebbe da attribuire ai molti depistaggi. Non deve sorprendere: solo un paio di mesi prima, il 27 giugno 1980, nel tratto compreso tra le isole italiane di Ponza e Ustica era stato abbattuto il DC9 dell’ITAVIA. Una vicenda che resta una delle pagine più buie della storia dell’Italia del secolo scorso. Tra depistaggi, omertà, falsità e interessi economici che – secondo alcuni – andavano al di là della vita delle decine di persone morte e dei danni causati all’economia nazionale (ITAVIA chiuse e, forse, se non fosse andata così, gli italiani avrebbero risparmiato i miliardi di euro che è costata e continua a costare la compagnia di bandiera) le indagini assunsero toni ridicoli.

Per la strage di Bologna la situazione non fu molto diversa. Dopo il primo momento (quello dell’incidente), prima si parlò di un possibile complotto internazionale. Poi, con Cossiga divenuto presidente della Repubblica, vennero accusati dell’attentato i palestinesi. Ci fu anche chi propose la tesi di una ritorsione della Libia per l’attacco (fallito) contro Gheddafi. Alcuni parlarono addirittura di una manovra architettata dalla Cia. O dal Mossad. O da entrambi.

Tra indagini e depistaggi si arrivò al processo. Ma gli imputati, una ventina, furono assolti in appello. Solo il 23 novembre 1995, la Corte di Cassazione confermò l’ergastolo per alcuni membri dei NAR, considerati gli esecutori materiali della strage. E condannò per depistaggio delle indagini anche il maestro della P2, Licio Gelli, insieme a due alti ufficiali del Sismi (poi, nel 2007, venne condannato a trent’anni come esecutore della strage anche Luigi Ciavardini, all’epoca dei fatti minorenne). Nel 2017, un nuovo processo (chiuso solo pochi mesi fa) ha indicato come possibile organizzatrice della strage la massoneria deviata. Ma organizzatrice non vuol dire necessariamente mandante. Sono stati indicati anche altri nomi appartenenti a gruppi di estrema destra, ma soprattutto sarebbero state individuate responsabilità di ambienti eversivi inglesi che avrebbero aiutato i terroristi italiani. Lo scorso anno, il Presidente del Consiglio Draghi ha firmato una direttiva che dispone la declassificazione del segreto di Stato di alcuni atti sulla Loggia P2 (e sull’organizzazione Gladio). Una decisione importante, ma che non ha fornito le risposte sperate.

Oggi, a 42 anni dalla strage in cui persero la vita decine e decine di persone, l’unica certezza è che non c’è nessuna certezza su chi siano stati i veri mandanti dell’attentato. Si sanno solo i nomi di alcuni esecutori e degli intermediari: quelli che hanno fornito i soldi. E inspiegabilmente, alcuni di loro non sono mai finiti in galera per la strage di Bologna.