Mamma -Bambino: le attività di SOS Villaggi per ricostruire la capacità genitoriale

L'intervista di Interris.it a Glenda Pizzetti di SOS Villaggi dei Bambini, coordinatrice del Programma Mamma e Bambino di SOS Villaggi dei Bambini

mamma bambino
A destra Glenda Pizzetti Foto di Bruno Nascimento su Unsplash

La violenza assistita è il fare esperienza da parte del  bambino di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative per lui. Secondo stime Istat in Italia sono oltre 400.000 i bambini e i ragazzi che assistono ad episodi di violenza domestica con conseguenze devastanti e che se non vengono curate con cura e per tempo possono diventare permanenti.  

Il Programma Mamma – Bambino

Questo programma è attivo in tutti i Villaggi SOS presenti in Italia e consiste nell’accoglienza di donne, vittime di  maltrattamenti tra le mura domestiche e dei loro bambini. Il progetto si concretizza attraverso la casa mamma con bambino, che accoglie giovani madri con i figli e gestanti che hanno bisogno di un sostegno, la casa per donne vittima di violenza e gli appartamenti per l’autonomia, in cui si lavora per il recupero della genitorialità e l’acquisizione di un’indipendenza lavorativa, economica e abitativa.

SOS Villaggi dei Bambini

Per sostenere il Programma “Mamma e Bambino” i SOS Villaggi dei Bambini hanno lanciato dal 16 al 29 ottobre la campagna di sensibilizzazione “La violenza non è un gioco”. Da sessanta anni l’organizzazione è impegnata a sostenere i bambini e ragazzi a rischio di perdere le cure genitoriali o temporaneamente allontanati dalla famiglia d’origine.

L’intervista

Interris.it ha intervistato Glenda Pizzetti, coordinatrice del Programma Mamma e Bambino di SOS Villaggi dei Bambini all’interno del Villaggio di Saronno, che ha raccontato quali sono le conseguenze della violenza e l’importanza di sostenere dal punto di vista psicologico ed educativo la relazione madre-figlio. 

Glenda, quanto è importante che mamma e bambino non vengano divisi?

“È fondamentale cercare di mantenere insieme madre-figlio perché si tratta di una relazione familiare e, per questo motivo, qualsiasi tipo di intervento dei servizi sociali cerca sempre di salvaguardarlo. All’interno della comunità lavoriamo con l’obiettivo di sostenere la relazione madre-figlio, rafforzando le capacità genitoriale della mamma. Le relazioni familiari sono al centro e vengono attivati una serie di interventi per garantire ai bambini e alle donne di incontrare il resto della famiglia. Solamente quando le relazioni familiari e quindi anche la relazione mamma-bambino ostacolano lo sviluppo psico-emotivo del bambino, i servizi sociali possono intervenire collocando il bambino in un contesto extra-familiare, come ad esempio una struttura comunitaria”.  

La violenza in casa che ferite lascia?

“Si tratta di un dolore molto forte, difficile da superare e che nella maggior parte dei casi porta con sé delle cicatrici permanenti. I segni non sono solo quelli fisici, dovuti alle percosse, ma anche ai danni psicologici che possono portare a uno stato depressivo e all’abuso di sostanze e farmaci. Il nostro ruolo è quello di aiutare le donne accolte vittime di violenza a superare il trauma, attraverso l’attivazione di un percorso di sostegno psicologico, e al contempo sostenerle nel loro ruolo di madri”.

Capita spesso che i minori siano spettatori di queste violenze. Come vivono tutto ciò?

“Assistere a un maltrattamento è una delle forme della violenza stessa, chiamata appunto violenza assistita. Quindi, anche nei bambini spettatori delle violenze, ci saranno delle ripercussioni a livello psicologico ed emotivo. Essere presente a una violenza domestica può portare a un ritardo dello sviluppo cognitivo e motorio, suscita uno stato di ansia e una condizione di iper allerta in quanto il mondo viene avvertito come una minaccia da cui difendersi costantemente. Inoltre, ci sono conseguenze dal punto di vista emotivo, ovvero i bambini vittime di violenza gestiscono con maggiore difficoltà le proprie emozioni e i propri comportamenti”.

La violenza porta a una incapacità di comunicazione tra mamma e bambino?

“Si tratta di una possibilità poiché la donna vittima di violenza si trova in una condizione di fragilità psico-emotiva tale per cui la comunicazione tra mamma e figlio, o meglio la  capacità della madre di rispondere ai bisogni del suo bambino, mostra delle difficoltà. Per questo motivo, i nostri interventi mirano a rafforzare la relazione tra la madre e il figlio, aiutando la mamma a occuparsi del suo bambino. Per farlo garantiamo un supporto psicologico grazie al quale le donne possono iniziare un percorso di rielaborazione delle esperienze traumatiche. Stessa cosa vale per i bambini che per prima cosa vengono ascoltati per capire quali sono i bisogni, i disagi e le emozioni”.