Mdp-Campo progressista, è strappo definitivo a sinistra

Se ne era parlato molto e troppo a lungo per poter essere davvero sorpresi del crac tra Campo progressista e Mdp: “Il tempo è finito. Abbiamo parlato troppo di noi, ora basta. Bisogna correre”. Lo aveva detto Roberto Speranza, leader di Articolo 1, al Corriere della Sera, di fatto chiudendo le tende sui rapporti mai idilliaci con l’ala di Cp guidata dall’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, il quale, in risposta all’invito ad andare di fretta, ha augurato “buon viaggio a Speranza”, non mancando di sentenziare sullo strappo spiegando di non credere “nella necessità di un partitino del 3%” ma “in un movimento molto più ampio e soprattutto capace di unire, non di dividere”.

Intesa fallita

Non è mai stato un rapporto sereno quello tra Pisapia e Speranza: lontanissimi i giorni estivi, in particolare l’1 luglio, quando Mdp e Cp si erano ritrovati sul palco insieme, a Roma, invocando all’unità della sinistra. Troppo distanti i punti di vista sul ruolo del Pd, con l’ex sindaco meneghino a parlare di Renzi come “uno che divide”ma che “ha vinto le primarie con milioni di voti”: in quell’occasione parlava di uno strappo con Mdp come di un’ipotesi lontana ma, allo stesso tempo, lasciando trapelare la possibilità di un’intesa coi dem ritenuta quantomeno improbabile un paio di mesi fa. Non la pensa così Roberto Speranza che, in qualche modo, si prende la responsabilità di chiudere la bagarre politica che ha visto, finora, più divisioni che unità d’intenti nell’ambito dell’auspicata “altra” sinistra.

Pisapia e Renzi, ipotesi dialogo

Del resto, lo stesso Renzi venerdì scorso, aveva parlato dei dissidenti del Pd non come avversari ma come protagonisti di un possibile dialogo. Il nodo è quello della Legge elettorale, con il Rosatellum bis ad aprire alla possibilità di nuove coalizioni. Una linea che non convince Mdp, come spiegato anche dal presidente della Toscana, Enrico Rossi: “Noi non vogliamo ridurci a un ruolo ancillare al Pd e ad Alfano”. Molto più probabile, a questo punto, che lo strappo si concretizzi in due liste distinte alle prossime elezioni, con una sinistra “a sinistra” del Pd ben lungi dall’essere quel baluardo di unità che avrebbe dovuto fornire agli elettori un’alternativa ai dem.