La critica di Bishop: “Poche donne parlamentari”

E'ancora presto per parlare dell'addio di Malcolm Turnbull (e anche del suo) ma l'ex ministro degli Esteri d'Australia, Julie Bishop, ha approfittato del caos calmo che ora regna nel Nuovissimo continente a seguito dell'elezione di Scott Morrison come primo ministro, per togliersi qualche sassolino e rimproverare le istituzioni australiane su alcuni punti sensibili. E lo fa parlando a un evento settimanale riservato alle donne, a Sydney. Ed è stata proprio la categoria delle parlamentari di sesso femminile uno dei temi centrali del suo intervento: critica in particolare il Partito liberale, trovando “inaccettabile che contribuisca a far cadere l'Australia dal 15esimo al 50esimo posto al mondo in termini di rappresentanza parlamentare femminile dal 1999 a oggi”.

Il dibattito con Daisy Turnbull

Riferendosi all'appena disgregato governo Turnbull, Bishop ha spiegato che appena un quarto dei parlamentari del Partito liberale erano donne, ossia meno del 25%, affermando poi che “oggi c'è molto da fare”. Un tema estremamente caldo che ha coinvolto anche la figlia dell'ex premier Turnbull, Daisy, la quale ha scritto via Twitter che sarebbe “molto difficile allevare figlie e dire loro di guardare al partito liberale per modelli femminili forti”, in sostanza concordando sulla linea di Bishop che, nel frattempo, aveva spiegato che “il partito, in realtà tutte le parti, riconosce di avere un problema nell'attrarre e mantenere le donne, la diversità in generale”. E Daisy Turnbull ha ribadito in nuovo tweet: “Non sono mai stata una fan delle quote, ma potrebbero essere l'unica speranza dei Lib per riconquistare le donne sostenitrici”.

Comportamenti scorretti

Ma non solo la questione donne nelle istituzioni: l'ex responsabile dei Foreign Affairs, ha lamentato comportamenti di “bullismo” ritenuti, per così dire, poco edificanti durante la sua esperienza a Canberra: “Ho visto, assistito e sperimentato un comportamento sconvolgente in parlamento, il tipo di comportamento che 20 anni fa, quando ero socio di uno studio legale di 200 dipendenti, non sarebbe mai stato accettato”. E, conclude senza scendere in ulteriori dettagli, che non sarebbe “tollerato in nessun altro posto di lavoro in tutta l'Australia”.