Santa Giovanna Beretta Molla: il sacrificio per amore della figlia

Santa Gianna Beretta Molla, medico, Magenta (Milano), 4/10/1922- Magenta, 28/04/1962. Riceve a soli 5 anni e mezzo la Prima Comunione. E’ proprio nell’assidua frequentazione alla mensa eucaristica che trova la forza per superare le difficoltà e le prove della giovinezza: nel 1942 in pochi mesi perde entrambi i genitori. Partecipa con impegno all‘Azione Cattolica e alle conferenze delle Dame di San Vincenzo.

Avvenimenti

• Si laurea in medicina e chirurgia e si specializza in pediatria.

Si reca a Lourdes affinché la Madonna l’aiuti a capire la sua vera vocazione.

• Poco dopo conosce l’ingegner Pietro Molla e se ne innamora: considera questo incontro un segno certo della sua vocazione di moglie e madre. Nascono tre figli: Pierluigi, Maria Zita e Laura.

• Svolge la sua professione di medico fino a pochi giorni prima della morte.

Spiritualità

“Coronando un’esistenza esemplare di studentessa, di ragazza impegnata nella comunità ecclesiale e di sposa e di mamma felice, seppe offrire in sacrificio la vita, affinché potesse vivere la creatura che portava in grembo. Ella, come medico chirurgo, era ben consapevole di ciò a cui andava incontro, ma non indietreggiò dinanzi al sacrificio”. (San Giovanni Paolo II). La sua decisione eroica, consapevole e meditata è la conseguenza di una lunga maturazione interiore, che Gianna raggiunge anche grazie alla partecipazione quotidiana all’Eucaristia, e che le fa valutare ogni situazione della vita alla luce della volontà divina. Tratta tutti i pazienti con grande umanità e disponibilità. Ai poveri, oltre alle medicine gratuite, fornisce anche aiuti economici.

Pensieri e insegnamenti

«Gesù, ti prometto di sottopormi a tutto ciò che permetterai mi accada. Fammi solo conoscere la tua volontà».

«Il segreto della felicità è di vivere momento per momento e di ringraziare il Signore per tutto ciò che egli nella sua bontà ci manda».

«Voglio formare una famiglia veramente cristiana dove il Signore sia di casa; un piccolo cenacolo dove egli regni nei nostri cuori, illumini le nostre decisioni, guidi i nostri programmi».

«Diventiamo collaboratori di Dio nella creazione, possiamo così dare a lui dei figli che lo amino e lo servano».

Morte

Alla quarta gravidanza, una voluminosa massa uterina o fibroma (e non una cisti ovarica come scritto anche in autorevoli biografie) rende molto rischioso il proseguimento della gestazione, in quanto la massa, per lo stimolo ormonale gravidico, è destinata progressivamente a ingrandirsi. Gianna non considera neppure per un momento l’idea di interrompe la gravidanza e ripete: «Sono pronta a tutto pur di salvare la mia creatura»; e: «Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete – e lo esigo – il bimbo. Salvate lui». Il fibroma uterino viene esportato e la gravidanza, sia pure con qualche problema, arriva al termine; non è possibile un parto per via naturale. Il 21 aprile con il cesareo nasce una bellissima bambina, Gianna Emanuela, che la mamma dopo il risveglio dall’anestesia, riesce a stringere gioiosamente tra le braccia. La felicità dura poco perché insorge una peritonite settica con febbre altissima e dolori atroci: tutte le cure sono inutili. Gianna rifiuta i sedativi: vuole restare lucida. Chiede la Comunione ma, a causa del vomito persistente, può ricevere solo un piccolo frammento di ostia. Dice alla sorella che sul letto di morte molte cose, alle quali si dà tanta importanza nel mondo, appaiono inutili. Stringe tra le mani un crocifisso e baciandolo dice: “Oh, se non ci fosse Gesù che ci consola in certi momenti”. Spesso tra le sue sofferenze ripete: “Gesù ti amo”. Entra in coma e il marito, per esaudire un suo desiderio, la fa portare a casa dove si spegne alle ore 8 del mattino del 28 aprile 1962, quando non ha ancora compiuto 40 anni. Nel 2004 è canonizzata: è la prima volta a cui partecipano al rito il marito, i figli e la sorella della novella Santa. La sua tomba è venerata a Mesero. 

Tratto dal libro “I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire” di Luigi Luzi