Ottenuto il primo identikit di un atomo di antimateria grazie alla luce laser

Ottenuto il primo ‘identikit’ di un atomo di antimateria, ossia la materia le cui particelle hanno la stessa massa ma carica elettrica opposta rispetto a quelle della materia. Dopo la misura più precisa di un atomo di antimateria, ottenuta il 3 novembre nell’esperimento Asacusa del Cern di Ginevra, il nuovo risultato segna un altro passo in avanti: dimostra per la prima volta che materia e antimateria rispondono in modo molto simile ad uno stimolo identico, come una luce laser. Questo secondo risultato è stato ottenuto nell’esperimento Alpha dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare (Cern), ed è stato pubblicato sulla rivista Nature.

Questa volta l’esperimento non è stato condotto su singole particelle di antimateria, ma su un oggetto complesso come un atomo, e la luce ha permesso di studiarne le caratteristiche attraverso lo spettro, come gli astronomi fanno con le stelle. “L’obiettivo era capire se l’antiatomo funziona come un atomo“, ha osservato il presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), l’italiano Fernando Ferroni. Nato a Roma nel 1952, Ferroni ha una lunga esperienza in fatto di particelle. Attualmente lavora presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso nell’esperimento CUORE – abbreviazione di Cryogenic Underground Observatory for Rare Events (Osservatorio criogenico sotterraneo per eventi rari) – per la ricerca del decadimento doppio beta senza emissione di neutrini e in un progetto innovativo nello stesso campo finanziato da un grant dello European Research Council.

 

L’antimateria prodotta naturalmente in piccolissimi quantitativi nei processi astronomici più energetici, o prodotta nei laboratori di fisica delle particelle presenti sul nostro pianeta, ha vita breve e non può essere immagazzinata, in quanto si annichilisce al primo contatto con la materia. Fino a pochi anni fa, si riteneva che non esistessero quantità significative di antimateria in tutto l’universo. Ma studi successivi hanno ribaltato questo assioma. Secondo i dati prodotti nel 2014 dal “cacciatore di particelle cosmiche” Ams-02 installato all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale (Iss) – progetto al quale l’Italia partecipava con Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) – nello spazio ci sarebbe “troppa” antimateria.

“Esiste più antimateria di quanto ci si aspettava”, aveva spiegato Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi). “Nei prossimi anni”, aveva continuato, “si potrà capire se a produrre questo eccesso di antimateria sia qualche oggetto cosmico, come una pulsar, oppure una traccia della presenza di materia oscura. Sappiamo che questa forma di materia esiste e che è sei volte più abbondante della materia ‘tradizionale’, ma non sappiamo di che cosa sia fatta: non è una materia come la nostra”.