Aspi, luci e ombre della nuova public company

I sogni muoiono all’alba è il titolo di un vecchio film (1961) tratto da un dramma teatrale di Indro Montanelli (il grande giornalista e scrittore la cui statua è stata cosparsa di vernice rossa in un giardino milanese) che prese parte anche alla regia.

Non abbiamo ancora capito se il ‘’sogno’’ di chiudere la controversia con la famiglia Benetton e con la loro gestione, in concessione, di gran parte della rete autostradale della Penisola, si sia avverato all’alba di ieri o abbia anch’esso tirato le cuoia. Per ora tutte le parti in causa cantano vittoria e il titolo di Atlantia vola in Borsa. In verità recupera un po’ di quel sangue che ha versato negli ultimi due anni dopo la tragedia del Ponte Morandi e le conseguenze politico-giuridiche che hanno fatto seguito: infatti, come riassume l’ANSA, ‘’Atlantia infrange un nuovo diaframma in Piazza Affari, dove guadagna il 25,69% a 14,28 euro, riportandosi ai livelli dello scorso 8 luglio.

Recuperati gli 1,7 miliardi di euro persi lunedì scorso (-15,19% a 11,36 euro) dopo la bocciatura del presidente del consiglio Giuseppe Conte alla proposta da 3,4 miliardi di euro di Aspi. Un calo, quello di lunedì, superiore a quello registrato tra il 4 e il 18 marzo scorsi, quando il titolo era precipitato fino a 9,82 euro a seguito dei dati di traffico autostradale e aeroportuale per l’emergenza Covid. Il balzo odierno –prosegue l’agenzia – supera la debacle del 16 agosto 2018 (-22,25%) all’indomani del crollo del Ponte Morandi, ma con un prezzo ben al di sotto dei 18,3 euro di allora.)’’. Il groviglio dei veti pare sia stato sciolto da un passo indietro dei Benetton che, arrivato in Consiglio dei ministri, ha consentito l’accordo su Autostrade per l’Italia.

L’intesa passa dall’ingresso di Cdp con il 51%, che renderà di fatto Aspi una public company. E da una revisione complessiva della concessione, dai risarcimenti alle tariffe. Il presidente del Consiglio si è dichiarato abbastanza soddisfatto “E’ un altro dossier che abbiamo ricondotto alla ragione”. Di parere contrario Matteo Salvini: “Non si sa ancora nulla” dell’accordo tra il governo e Aspi. “Costi delle opere, chi ci guadagna e chi ci perde. Ci sa tanto di fregatura e vogliamo che siano chiari“. Ed annuncia una mozione del suo partito sull’ASPI. Secondo una più loquace Paola De Micheli, ministro delle Infrastrutture: “La soluzione della vicenda Aspi del Governo tutela l’interesse pubblico di tutti gli italiani e i lavoratori dell’azienda. Ora avanti con gli investimenti già definiti per le infrastrutture e le fondamentali opere di manutenzione per la sicurezza delle nostre autostrade”.

Sarà vero, ma  noi ci fidiamo di un tweet di Carlo Cottarelli il quale non esita ad esprimere qualche dubbio: “Oggi tutti discutono dell’accordo Autostrade e c’è chi canta vittoria. Peccato che non si sappia il prezzo a cui Cassa Depositi e Prestiti (CDP) acquisirebbe la maggioranza di Aspi. Ma che accordo è se non si sa il prezzo? Un altro accordo “salvo intese”?’’ . In sostanza, Aspi dovrebbe diventare una public company con una maggioranza della CDP e con l’ingresso di altri soci pubblici, mentre la famiglia Benetton manterrà una quota minoritaria di azioni tra il 10 e il 12% del capitale (ecco quindi l’opportunità della domanda di Cottarelli) e sarà bandita persino dal CdA.

Diciamoci la verità: si tratta di una vendetta politica compensata da un pacchetto di miliardi di buonuscita ai vecchi azionisti (detentori dell’88% di Aspi). La CDP dovrà pure acquistare la maggioranza del pacchetto azionario ai valori di mercato? Oppure sarà fissato un prezzo politico contro ogni regola? Si sappia che il pacchetto ASPI, detenuto da Atlantia, ora vale 29 miliardi; in più ci sono 5 miliardi di debiti che, a questo punto, Atlantia non è più tenuta a coprire. Per di più ASPI – come ha ricordato Claudio Negro – aveva già accettato di pagare danni per 3,4 mld (oltre ad averci messo, come giusto, i soldi per la ricostruzione del ponte).

Si era impegnata ad un massiccio programma di investimenti, ad accettare controlli molto più serrati, ad aderire a un programma di riduzione delle tariffe. Ora ha deciso di mollare l’osso, ma al governo non è riuscito ‘’l’esproprio proletario’’ che a suo tempo fu imposto alla famiglia Riva per l’ex ILVA. Poi che senso ha una sostanziale nazionalizzazione – a caro prezzo – di gran parte della rete autostradale? Senza nessuna ragione economica, ma per motivi solo politici, perché così voleva la “gola profonda” del M5S. Solo che questa volta a brindare sul balcone sono i fratelli Benetton. Poi, le strutture operative e il personale chi ce li mette? La CDP? L’ANAS? O restano quelli che ci sono?