“Tra apocalisse e normalità”, un racconto di Londra durante la pandemia

Ad Interris.it Vittoria Rizzardi Peñalosa, giovane scrittrice e sceneggiatrice, racconta come la pandemia viene vissuta nella capitale britannica

Una Londra spettrale senza managers, uomini d’affari e turisti. Il governo è alle prese con i difficili accordi per la Brexit e con i contagi da Coronavirus che salgono inesorabili. Il premier Boris Johnson vede il consenso che lo ha portato alla leadership dei conservatori scemare. “La Gran Bretagna è una delle nazioni che ha gestito peggio la crisi” commenta ad Interris.it Vittoria Rizzardi Peñalosa, giovane scrittrice e sceneggiatrice che abita nella capitale britannica.

Vittoria, il premier Johnson ha deciso per tre livelli di sicurezza. Qual è la situazione a Londra?
“La situazione a Londra oscilla costantemente tra la normalità e l’apocalisse. Sono seduta in un tavolino nel bar che fa angolo sulla mia strada a Shoreditch proprio in questo momento. Prima di entrare, ho dovuto registrarmi sull’app della NHS ed aspettare alla porta finché uno dei camerieri si facesse disponibile ad accompagnarmi al tavolo dopo avermi spruzzato del disinfettante sul palmo delle mani. La porta è spalancata, ormai a Londra c’è freddo quindi chiedo gentilmente di chiuderla. Il cameriere sorride e mi comunica, nella maniera più dispiaciuta possibile, che non sono autorizzati a chiuderla. Il loro manager preferisce lasciarla aperta in modo da fare circolare l’aria. Mi piace venire a scrivere in questo bar perché le regole vengono rispettate, anzi, prendono due o tre precauzioni in più e ciò mi fa sentire al sicuro diversamente da molti altri posti nel cuore della, una volta frenetica, capitale”.

Anche lì sussiste il problema dei trasporti?
L’altro ieri sono andata a cena fuori con un vecchio amico che non vedevo da anni. Mi ha dato appuntamento dall’altra parte di Londra rispetto a dove vivo io. Ho deciso di prendere l’autobus piuttosto che la metropolitana. Salgo per prima, l’autobus era ancora completamente vuoto. Mi affretto a prendere il posto in prima fila al secondo piano. Il mio preferito. Fermata dopo fermata, l’autobus si affolla sempre di più con passeggeri senza mascherina. Un signore in un completo blu si siede di fianco a me, io gli chiedo gentilmente di mettersi la mascherina. Lui bofonchia, girandosi dalla parte opposta. Arrivata al ristorante, mi trovo con il mio amico davanti alla porta d’entrata. Mi dice che è la prima volta da quando hanno riaperto i ristoranti che va fuori a cena. Io mi sento quasi in colpa, non vorrei farlo sentire in dovere di andare in un posto pubblico quando non si sente al sicuro. Decidiamo di entrare, io mi tiro su la mascherina mentre lui si fa strada tra i tavoli pieni di gente che cena nella sala senza nulla sul viso. Mi guarda e sorride, dicendomi che ha dimenticato la mascherina a casa”.

Una Londra disattenta…
“Lunedì il premier Johnson ha confermato che Londra, per questa settimana, è ancora considerata “low risk” quindi rientra nel livello più basso di sicurezza rispetto a città nel nord che sono rientrate in uno stato di semi-lockdown. La mascherina, però, è diventata obbligatoria nei posti all’interno da due settimane, ma, purtroppo c’è molta gente che prende tutto poco seriamente e, di conseguenza, i casi sono in netto aumento e non mi sorprenderei affatto se anche Londra presto seguisse le orme di Birmingham”.

Perché c’è polemica intorno alla chiusura dei ristoranti e dei pub?
La polemica riguardo i pub ed i ristoranti non è focalizzata necessariamente sulla chiusura obbligatoria ad una certa ora, ma, piuttosto, sull’orario selezionato per la chiusura. Il premier Johnson ha stabilito che tutti i pub e ristoranti devono chiudere alle dieci di sera. Importante notare che questo non è un coprifuoco, la gente può rimanere a passeggiare in strada anche tutta la notte, cosa che molti inglesi fanno). Quindi, con questa nuova direttiva, si finisce per creare assembramenti nei mezzi pubblici come autobus o metro perché tutti tornano a casa alla stessa ora. Dunque, molti interpretano questa iniziativa come una direttiva al quanto controproducente. Sarebbe meglio o spostare l’orario di chiusura un po’ più tardi così che tutti inizino ad avviarsi verso casa al proprio orario, oppure, mettere un copri fuoco, in modo che l’intenzione dietro la chiusura forzata abbia un effetto e, quindi, un risultato concreto”.

Come giudichi le misure dell’esecutivo britannico per fronteggiate il Covid dall’inizio della pandemia?
Beh, penso che siamo tutti d’accordo nel dire che la Gran Britannia è una delle nazioni, escludendo i Paesi in via di sviluppo e l’America, che ha gestito la situazione del Covid in maniera peggiore. Senza andare a fissarsi sui numeri e sulle statistiche, l’Inghilterra ha decisamente fallito nella comunicazione tra il proprio governo ed il popolo. Oltre a faticare nel dire le cose come stavano fin da subito, è stata anche, e lo è tutt’ora, una continua contraddizione, una direttiva dopo l’altra – cosa che fa arrabbiare gli inglesi più che mai, creando più scompiglio che miglioramento”.

Si era parlato di immunità di gregge ma ora i contagi sono davvero molti. Il Sistema Sanitario Nazionale può reggere?
“L’immunità di gregge è un concetto ormai completamente smentito su tutti i fronti quindi chiaramente non è considerata più un’opzione nemmeno qui in Inghilterra. Questa, purtroppo, è una domanda delicata per tutti i governi in questo momento. C’è da dire che, a differenza di altri Paesi, qui i tamponi sono ancora pochi”.

Le persone a Londra hanno paura di un nuovo lockdown totale?
“Si, decisamente. Alcuni, però, dicono che non chiuderanno mai Londra per una seconda volta, altrimenti, l’economia crollerebbe definitivamente. Altri, invece, sono sicuri e sperano in un secondo lockdown addirittura dicendo che se non ci sarà vorrà dire che: ‘the government is trying to kill us’ – come ha detto un mio amico un paio di giorni fa. (tradotto: ‘il governo sta cercando di ucciderci’ ndr)”.

Si parla di una city deserta. Qual è lo stato del commercio?
“Non saprei parlare precisamente dello stato del commercio, però, posso confermare che Londra è per la prima volta completamente senza turisti. Recentemente Rishi Sunak, membro del conservative party e ministro delle finanze, ha rilasciato un’intervista, in risposta alle lamentele provenienti dal mondo dello spettacolo, dichiarando che gli artisti (musicisti e chiunque lavori nelle arti e che, quindi, si ritrova con poco o senza lavoro al momento) in difficoltà finanziarie dovrebbero iniziare a pensare a trovarsi un altro lavoro. Questo ha fatto esplodere una gran polemica sul web, dove alcune celebrità inglesi hanno cominciato a sottolineare attraverso tweets e post su instagram che, senza le arti, questa condizione sarebbe invivibile e che il governo dovrebbe dare una mano per mantenere viva la cultura, piuttosto che suggerire cose simili. Il teatro è una delle arti che attrae il turismo a Londra. Ora, molti teatri hanno chiuso definitivamente e questo porterà a delle conseguenze molto gravi che emergeranno quando l’Inghilterra cercherà di ricostruire l’economia post covid e post Brexit”.

Da giovane regista e sceneggiatrice come descriveresti in un tuo film quello che sta accadendo?
“Questa è una domanda molto complessa, specialmente perché è una situazione che stiamo tutt’ora vivendo e di cui non si conosce né intravede una fine. Credo che il virus abbia alzato della polvere che giaceva per terra da anni. Ciò che ha mandato tutto in confusione, in tilt, se vogliamo, non è il virus in sé ma l’ignoranza coltivata da tempo, governi guidati da persone elette non per capacità ma per fama, e la rabbia e l’insoddisfazione costante da parte dell’uomo alimentata dai progressi di una tecnologia che ci fornisce quasi tutto quello di cui abbiamo bisogno, portandoci a volere sempre di più. Quando qualcosa trova un’ostruzione e smette di funzionare come vorremmo, ci arrabbiamo. Invece di essere grati della vita, la esigiamo”.