Rischio “Antartide verde”: la pericolosa avanzata dei muschi sul pack polare

Clima che cambia, paesaggi che cambiano. Il problema, il più delle volte, è che tali modifiche dell’assetto naturalistico-ecologico incidono fortemente sugli ecosistemi del Pianeta, sconvolgendo non solo l’aspetto esteriore ma anche e soprattutto il ruolo che tali paesaggi giocano nella preservazione dell’equilibrio biologico. E questo, senza dubbio, vale ancor di più se si parla dell’Antartide, il sesto continente terrestre, sempre più al centro di studi scientifici che, da diversi punti di osservazione, tentano di capire se il surriscaldamento globale possa o meno portare a uno dei suddetti scenari, inficiando sul delicato compito svolto dai poli nel regolamentare il clima terrestre. La risposta, in modo alquanto preoccupante, è affermativa e lo dimostra uno studio effettuato dall’Università di Exeter, pubblicato successivamente su Current Biology. L’allarme, in questo caso, non arriva da fenditure nella calotta polare o da scioglimenti massicci, né da distacchi improvvisi di iceberg colossali: il campanello stavolta suona per la vegetazione che, anziché tenersi alla larga dalle gelide temperature antartiche, inizia a trovarsi sempre più a proprio agio sul pack. Un ulteriore segnale che, in effetti, qualcosa sta cambiando.

Dal gelo al fresco

L’idea di un Antartide “verde”, di per sé, potrebbe quasi affascinare anche se, qualora tale ipotesi dovesse verificarsi, si rivelerebbe come diretta conseguenza di un disastro in atto. I vegetali in questione sono gli stessi muschi che, nel corrispettivo artico, crescono nella fascia interessata dalla tundra. Un fenomeno di crescita che, finora, era piuttosto circoscritto, osservato durante un unico studio in un solo sito, nel 2013. La rapidità con la quale le piante hanno iniziato a riprodursi, mostrando evidenti segni di acclimatazione, ha spinto i ricercatori a estendere il raggio dell’indagine e, dai risultati ottenuti su 20 delle 23 serie analizzate (in un raggio di 640 chilometri), è stato possibile stabilire ingenti cambiamenti a livello di temperatura dal 1950 a oggi, un periodo relativamente breve: “Questi cambiamenti – spiegano i ricercatori – combinati con l’aumento dell’estensione delle aree libere da ghiacci, porteranno a un’alterazione su larga scala del paesaggio anche dal punto di vista biologico lungo tutto il corso del ventunesimo secolo”.

Allarme Antartide

In sostanza, secondo gli scienziati, in un lasso di tempo altrettanto breve “l’Antartide potrebbe diventare molto più verde”. Il che, ovviamente, non è una buona notizia, poiché significherebbe un’alterazione sempre più forte dell’equilibrio climatico, con aumento costante delle temperature e possibilità decisamente più concrete di scioglimento. Ovviamente, tale ipotesi resta lontana (anche se non troppo) perlomeno ragionando in termini biologici. D’altra parte, è anche vero che l’impiego di combustibili fossili non è certo diminuito, nonostante gli allarmi recenti lanciati in particolar modo dopo la Conferenza sul clima di Marrakech dello scorso novembre. E’ innegabile, per di più, che nel recente periodo l’influsso di correnti marine calde ha mitigato fortemente le temperature delle acque, portando a un’erosione dal basso delle barriere di ghiaccio, sempre più soggette a spaccature e cedimenti improvvisi. Sarà forse ridondante ma è essenziale ripetere che, se davvero si vuole impedire una catastrofe ambientale, il tempo dei provvedimenti è adesso.