Cosa si nasconde dietro alle aggressioni con acido o fuoco contro le donne

Una donna bresciana è morta in ospedale a Genova a causa delle ustione riportate dopo che il marito le aveva dato fuoco. Un calvario durato una settimana. Questo tipo di uomini hanno un solo obiettivo: uccidere. Ma a volte non gli basta, le vogliono distruggere, c’è una volontà feroce di annichilimento, non deve restare nessuna traccia di loro. Ecco perché scelgono strumenti come l’acido o il fuoco con il preciso obiettivo di distruggerne anche simbolicamente l’esistenza. L’utilizzo di queste particolari modalità per uccidere è chiaramente l’indicatore della presenza di una grandissima distruttività, solitamente associata a strutture di personalità caratterizzate da immaturità, incapacità di tollerare la frustrazione e da caratteri narcisistici della peggior risma.

Nel 2020 i femminicidi sono aumentati: nel 2019 erano il 35% degli omicidi quest’anno il 45%, ossia il 10% in più. Una percentuale molto alta. Noi stiamo pagando, e continuiamo a pagare, la presenza di stereotipi ferocemente patriarcali, diffusissimi nella popolazione, sia negli uomini che nelle donne, che comportano per certe tipologie di uomini l’impossibilità di tollerare il fatto di essere abbandonati, sostanzialmente di essere sconfitti da una donna.

Non mi stupirebbe che in questo tipo di contesto la donna stesse maturando l’idea di porre termine alla relazione, decisione che da questo tipo di uomo non è tollerabile e viene punita nella maniera più severa e crudele possibile. Nella testa di molti uomini c’è un bambino che è stato cresciuto con l’idea che non devono perdere mai, soprattutto nei confronti di una donna. Quando questo avviene si scatena un’aggressività incontrollabile.

Se da una parte sono aumentate le segnalazioni sono diminuite le denunce. Si calcola, di anno in anno, che solo due casi su dieci arrivano all’attenzione giudiziaria. Molte donne hanno paura perché non si fidano dell’autorità giudiziaria e della polizia. Temono che la denuncia sia una strada verso l’escalation finale e che possa peggiorare la situazione.

Per risolvere questo tipo di problema servirebbe da un lato la certezza della pena e la velocità. Con il codice rosso introdotto recentemente, si sta tentando di accelerare un po’ la corsia dedicata ai casi di questo genere, ma abbiamo visto che non è sempre una garanzia. Il grande problema è il tempo: le donne che versano in questo tipo di condizioni e devono avere a che fare con questa tipologia di uomini, nel momento in cui decidono di separarsi, di tempo ne hanno pochissimo. Probabilmente il sistema giudiziario non è così veloce da riuscire a intercettare questo tipo di scenari.

Non possiamo pensare di risolvere questo tipo di problema semplicemente rivolgendosi alle forze di polizia o all’autorità giudiziaria, perché vuol dire che è già troppo tardi. Bisogna investire e formare le generazioni che verranno in maniera diversa, bisogna creare dei modelli di relazioni tra uomini e donne più sani, più equilibrati, più simmetrici. Il problema non è nel contrasto a questo tipo di fenomeni, ma il punto è cambiare la mentalità delle persone, cambiare i cambiamenti culturali ed educativi. La prevenzione deve partire dalla famiglia. Quello che bisogna ripensare è il concetto di famiglia, i ruoli e le relazioni all’interno della famiglia.