Cesa: “Famiglia? Più tutele per mamme e figli”

Tutele alla famiglia, aiuti alle imprese e investimenti pubblici per far ripartire il Paese. Senza dimenticare i valori che da sempre contraddistinguono l'impegno dei cattolici in politica; uno su tutti: la difesa della vita. Questi i punti chiave del programma di “Noi con l'Italia”, confluito in quello più ampio del centrodestra. Ne abbiamo parlato con Lorenzo Cesa, europarlamentare e candidato alla Camera nelle elezioni del 4 marzo.   

L'Italia fa i conti con la piaga del crollo demografico. Questo crea incertezze per il futuro. In che modo pensate d'invertire la tendenza?

“Nel programma del centrodestra la parte relativa alle politiche familiari è stata scritta interamente da noi. E' un tema a cui siamo particolarmente sensibili perché riguarda il principale nucleo della società. Il primo punto è un piano straordinario per la natalità che preveda asili gratuiti e l'erogazione di assegni consistenti più che proporzionali al numero dei figli, perché non possiamo trattare chi ha un solo figlio alla stessa stregua di chi ne ha cinque. Prevediamo anche tutele per le madri e il quoziente famiglia. C'è poi il fattore famiglia: da un punto di vista fiscale va considerato il nucleo e non i singoli individui che lo compongono”. 

Come si supera il paradosso sociale, molto diffuso in Italia, che impone alle donne la scelta fra l'essere madri o l'avere una carriera?

“Tutelando maggiormente le donne. Nel Nord Europa, ad esempio, le donne lavoratrici sono tantissime. Questo perché hanno alle spalle servizi che funzionano perfettamente. In questo modo i figli non solo vengono istruiti, ma possono fare sport, arte, fare tutto quello che vogliono, poi tornano a casa e stanno con la mamma. Cose che non sono possibili nel nostro Paese…” 

I figli poi crescono e cercano lavoro, senza trovarlo… Pensate di ripartire dal Jobs Act o bisogna fare altro?

“Bisogna fare altro. Abbiamo dedicato una settimana di lavoro per approfondire il tema e trovare soluzioni. La situazione italiana è complessa e gli indicatori sono negativi. La prima cosa da fare è invertire la rotta della nostra economia. Chi ci critica quando parliamo di flat tax dimentica che questa misura è già applicata con successo in altri Paesi, come Ungheria, Polonia, Lettonia e ora, con Trump, anche negli Stati Uniti. L'aliquota unica al 23% e la no tax area fino a 13 mila euro di reddito metteranno più soldi nelle tasche delle famiglie. Non solo: abbatterà elusione ed evasione. L'altro tema è quello degli investimenti, a partire da quelli pubblici. Come faceva la Dc, che stanziava ingenti risorse in questo ambito”.

Fine della politica dei bonus insomma…

“Se i soldi spesi per gli '80 euro' fossero stati investiti per opere pubbliche, manutenzione delle scuole e delle strade avremmo fatto lavorare centinaia di migliaia di persone”.

Per creare nuove opportunità lavorative puntate forte sul sostegno alle aziende…

“Negli ultimi dieci anni in Italia il costo del lavoro in Italia è cresciuto del 21,7%, tra i più alti in Europa. Dobbiamo far scendere questo dato e, nel contempo, non far pagare il cuneo fiscale alle aziende che assumono giovani, in particolare nel Mezzogiorno”.

A Bruxelles vi lasceranno fare o sarà necessario dar battaglia? 

“Per la mia esperienza da europarlamentare le dico che l'Ue è disposta a concedere flessibilità se le proposte arrivano da governi stabili. Questo è avvenuto anche con gli ultimi esecutivi”.

La tutela della vita è uno dei punti centrali del vostro programma. Dobbiamo aspettarci modifiche alla legge sul Biotestamento?

“Va rivista, in particolare la parte che riguarda idratazione e alimentazione. La vita è un bene indisponibile, quindi non possiamo permettere quello che è stato fatto sinora. E' fondamentale che in Parlamento ci sia un nucleo importante di area cattolica che abbia il coraggio di portare avanti i suoi valori”.  

La crisi migratoria è uno dei temi caldi della campagna elettorale. Come si concilia la richiesta di sicurezza dei cittadini con la tutela dei diritti umani e della dignità di quanti fuggono da guerra e povertà?

“E' una questione seria, con cui non possiamo non fare i conti, basti pensare che solo nel 2017 in 52 milioni hanno lasciato il proprio Paese a causa di guerre, fame, sete e povertà. Bisogna partire da quel 'Piano Marshall per l'Africa' di cui sta parlando da anni, da interventi in Medio Oriente e dal sostegno nei campi profughi da parte dell'Unione europea. C'è poi un aspetto che riguarda la capacità gestione di quanti giungono in Italia. L'accoglienza va organizzata in modo meticoloso, effettuando uno screening per capire chi ha diritto di rimanere e chi no. Una volta entrati vanno trattati in modo adeguato: parliamo di essere umani, non di oggetti. Questo non toglie, ovviamente, che i migranti accolti debbano rispettare le nostre regole. Chi non lo fa va espulso”.