ARABIA, LA LIBERTA’ AL VOLANTE

Abbiamo diritti che nemmeno sappiamo di esercitare. Quello di viaggiare è uno di questi e comprende anche la libertà di farlo da soli o in compagnia. Nessuno, nella nostra società, potrebbe imporci giuridicamente l’obbligo di muoverci sotto il controllo di un’altra persona. Così stupisce, agli occhi di osservatore proveniente da questa parte del mondo, la conquista di 50 donne saudite cui è stata riconosciuta la facoltà di viaggiare senza bisogno di un “Mahram”, cioè un parente maschio che funga da “guardiano”. A vincere la battaglia legale è stato l’avvocato Nisreen Al-Ghamadi, la quale al quotidiano “Saudi Gazette” ha raccontato che le “fortunate”, vedove di cittadini non arabi, potranno muoversi insieme ai loro figli.

“I tribunali di famiglia di Gedda – ha spiegato il difensore – hanno ricevuto oltre 100 casi di donne e minori richiedenti il permesso di viaggiare anche senza un guardiano dopo che questi è morto. Le donne desiderano viaggiare per turismo, studio o cure mediche”. Al Ghamadi ha poi aggiunto che la legge garantisce alle saudite, il cui Mahram è deceduto, il diritto di viaggiare se possono dimostrare la sua morte “con l’aiuto di due testimoni”.

Si tratta di un nuovo, piccolo, passo in avanti compiuto dall’Arabia Saudita sulla lunga e non agevole strada dell’emancipazione femminile. Sino a pochi anni fa la condizione delle donne nel Paese non era differente da quella delle altre grandi nazioni musulmani. La vita pubblica, in ogni forma, era loro preclusa. Uno schiaffo a diritti elementari, compressi dal fanatismo religioso. Qualcosa cominciò a cambiare nel 2004, quando le riforme della dinastia al Saud consentirono alle prime ragazze di iscriversi all’Università.

Nel 2008 si ebbero le prime laureate in giurisprudenza ma l’intrapresa della carriera legale restò loro preclusa sino al 2013. Nello stesso anno re Abdullah autorizzò 30 donne ad entrare nel Consiglio della Shura, il più importante organo para legislativo del Paese. Il sovrano il re riservò alle “quote rosa” il 20 per cento dei 150 seggi nel Consiglio, che non ha potere legislativo ma che può dare pareri ed interpretazioni su leggi e persino sulla politica estera. Il 12 dicembre 2015 poi per la prima volta nella storia del Regno le donne hanno potuto registrarsi nei consigli elettorali, votare e persino candidarsi nei consigli comunali.

Ma al di là di timide e incomplete riforme il traguardo della parità dei sessi in Arabia Saudita è ancora lontano. Si tratta di un problema per lo più culturale: il sesso femminile, di fatto, viene ancora considerato inferiore a quello maschile. Le violenze sessuali, spesso, non vengono denunciate per salvaguardare l’onore della famiglia d’origine e non compromettere matrimoni combinati. In tribunale le loro testimonianze valgono metà di quelle degli uomini e il giudice può decidere di renderle nulle. A ciò si associa una segregazione opprimente, che impedisce loro di frequentare luoghi pubblici e ne impone la relegazione a spazi ad esse riservati.

Quest’ultimo aspetto riguarda anche le università dove pure cominciano svolgersi incontri e dibattiti per l’acquisizione di un senso di consapevolezza. Ma il divieto per gli uomini di partecipare a eventi destinati al pubblico femminile rende impermeabile la società nel suo complesso al passaggio di idee che possano condurre a un primo vagito di emancipazione. Mantenendo l’Arabia Saudita fuori dalla storia.