La Conferenza sul futuro dell’Europa: la Comunità che verrà

Quale futuro per l'Europa? Interris.it ha incontrato i co fondatori di Comunità di Connessioni per discutere della "Conferenza sul futuro dell'Europa" per capire in che direzione si sta andando

Europa

Era la fine del 2019 quando l’Europa avviava un processo per pensare le riforme necessarie utili a cambiare verso il meglio la struttura e la direzione del progetto europeo. Questo lavoro prese il nome di Conferenza sul futuro dell’Europa e l’iniziativa nacque per volontà dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, sostenuta dal Parlamento europeo, dove la Commissione per gli Affari approvò con parere positivo il progetto. Con l’arrivo del 2020 però sono subentrate nuove esigenze ed è storia recente per quanto ancora stiamo vivendo. L’Europa con la pandemia in corso, infatti, sta attraversando una nuova fase storica per la sua vita comunitaria.

La Conferenza sul futuro dell’Europa rimane però un appuntamento importante. Cosa rappresenta? Interris.it ne ha parlato con Paolo Bonini e Marco Fornasiero, co fondatori di “Comunità di Connessioni” e rispettivamente l’uno assegnista di ricerca in Diritto Pubblico presso l’Università di Roma “Sapienza”, l’altro esperto di diritto parlamentare europeo e membro del team del presidente del Parlamento Europeo David Sassoli.

 

Nell’audio l’intervento di Marco Fornasiero

La Conferenza sul futuro dell’Europa è uno strumento istituzionale utile per consentire alla Commissione europea, al Parlamento europeo e agli Stati membri di discutere che cosa modificare e come. I lavori sarebbero dovuti iniziare il 9 maggio 2020, a Dubrovnik in Croazia, a 70 anni dalla dichiarazione di Shuman, ma purtroppo l’emergenza sanitaria ne ha posticipato l’inizio. La Commissione e il Parlamento hanno però fatto la propria parte – sono le parole di Marco Fornasiero -. Il Parlamento UE ha individuato sette ambiti tematici che rispecchiano in generele le sei priorità politiche della Presidente della Commissione von der Leyen e ha formulato alcune proposte dettagliate riguardo alla composizione della Conferenza. Tra queste ci sono il tema della sicurezza, dell’immigrazione, dell’ambiente fino a giungere anche alla possibilità di ripensa la governance europea, modificando i trattati istitutivi”.

La Conferenza sarebbe dovuta partire lo scorso anno, ma la pandemia ha rallentato i tempi. A che punto siamo? Quali sono gli obiettivi?
“Anche se siamo in ritardo in base alla tabella di marcia, quel che è certo è che questa iniziativa su base biennale, rappresenta un grande segnale e una grande opportunità per i cittadini europei. L’Europa è in fermento, al di là della gestione della pandemia, è necessario che i cittadini, i corpi intermedi, il mondo delle imprese e del lavoro, si sentano parte edificante nella costruzione di una nuova Europa. Ebbene si, siamo chiamati a pensare all’Europa che vogliamo, perché in un mondo globalizzato e interconnesso, è difficile guardare solamente con una prospettiva nazionale. la Conferenza sul Futuro dell’Europa dovrà essere vissuta con una nuova costituente per i Paesi Membri”.

Con l’arrivo della pandemia la Conferenza sul Futuro dell’Europa è un po’ scomparsa dal radar delle notizie dell’Unione?
“Non del tutto e lo si vede dal lavoro della Commissione e dei suoi principali supporter, Macron e Merkel, ma soprattutto si evince dalla definizione del progetto di rinascita economica Next Generation Eu, dove si trovano indicazioni e prospettive già accennate nella bozza di proposta della Cfe, dalle politiche per la digitalizzazione all’ambiente, dall’intelligenza artificiale alle infrastrutture. La Conferenza è un’occasione irripetibile per far sentire la voce di chi vuole un’Europa davvero capace di agire e di essere vicina ai cittadini, e per questo chiede all’Europa di cambiare, di ritornare all’ideale della Federazione europea che era al centro di quella Dichiarazione di Shuman cui la conferenza idealmente si riallaccia. Non possiamo permetterci di sprecarla”.

Nell’audio l’intervento di Paolo Bonini

Con Comunità di Connessioni avete trattato questo tema in un podcast, ma non solo. Questi approfondimenti, infatti, li fate mensilmente proponendo temi di attualità con altri ragazzi: cosa vuol dire fare politica oggi?
“Fare Politica oggi significa interessarsi del mondo che ci circonda e provare a dare anche un piccolissimo contributo perché migliori – ha affermato Paolo Bonini -. Il punto di partenza, però, è la competenza, oltre la passione, e la consapevolezza di analizzare la realtà perché le decisioni pubbliche siano prese nel miglior interesse di tutti. La Politica è un servizio che tiene sempre ben presente l’insieme sociale e non prova quindi solo a risolvere problemi specifici. Oggi, quindi, vuol dire soprattutto formazione, competenze, analisi della realtà, socializzazione delle conoscenze per capire e agire nell’interesse della comunità”.

Come avvicinare i ragazzi a riscoprire il mondo delle istituzioni e ad appassionarsi di politica?
“Partiamo da un fatto, un po’ crudo. Viviamo in un’epoca di generale sfiducia nei confronti delle Istituzioni, i cui interpreti, spesso, le utilizzano per gonfiare il proprio ego, più che per risolvere le questioni. Ma come nella vita di tutti noi, ciascuno può decidere se fare la differenza con la propria azione. Lamentarsi che le cose non vanno e lasciare che se ne occupi qualcun’altro è troppo facile e non funziona, neanche nelle cose di tutti i giorni. Allora, il primo passo è personale: decidere di dare il proprio contributo. Ci sono diversi modi, ma il primo passo è sempre studiare: decidere di essere competente. Poi, cercare persone affini, per impegnarsi concretamente, non importa se con le mani (piantare un albero nel quartiere) o con la testa (dibattendo, scrivendo). L’azione, intellettuale o pratica, genera frutti e i frutti passione”.

Comunità di Connessioni è molto seguita, da qualche mese ha anche un suo sito dove settimanalmente vengono pubblicati degli approfondimenti, qual è il servizio che offre al Paese e qual è il prossimo obiettivo?
“Non ci sono obiettivi, ma la consapevolezza di mettere in pratica quello che ci siamo detti adesso. Abbiamo scelto, insieme a padre Francesco Occhetta, di sottolineare nel nome che siamo una Comunità. Siamo davvero un gruppo di amici che aveva due desideri, l’approfondimento spirituale e l’azione politica. Questo è il nostro servizio, offrire una sede in cui tutti i giovani che lo desiderano veramente possono abbinare la profondità della vita spirituale all’impegno politico tramite le proprie competenze. Sono ormai passati 11 anni, io avevo 21 anni quando ho cominciato questo percorso: ho trovato amici, persone affini e la possibilità di orientare quello che sono e faccio per lo sviluppo di altre persone e quindi, in prospettiva per la società. Connessioni non è un dare per avere; ma è un ricevere per dare”.