2030, L’ENIGMA DELLA NUOVA ERA GLACIALE

Una infinita distesa di ghiacci, gli oceani ridotti a immensi iceberg, immobili, imperturbabili. E un vento gelato a scuotere le foglie delle ultime specie vegetali rimaste, contese dagli unici animali in grado di resistere al freddo. Dell’uomo solo uno sbiadito ricordo, lasciato dalle immense costruzioni semisepolte nella neve. In molti hanno pensato a uno scenario del genere quando, giorni fa, uno studio condotto dal team della professoressa Valentina Zarkhova – composto dal prof. Simon Sheperd della Bradford University, dalla dottoressa Helen Popova dell’università di Stato Lomonosov di Mosca e dal dottor Sergei Zarkhov della Hull University – ha ipotizzato un calo del 60% dell’attività solare nel 2030. Il villaggio globale ha fatto il resto: la notizia ha fatto in poco tempo il giro del Pianeta ed è stata ripresa da diverse testate. “The Day After Tomorrow”, celebre pellicola hollywoodiana che parla proprio di una nuova era glaciale, è diventato, per qualche ora, il film premonitore dell’Apocalisse.

Ma è davvero così? La Terra tornerà, come già in passato, una gigantesca palla di neve? E soprattutto, è possibile che gli allarmi sul riscaldamento globale, sulla tropicalizzazione del clima Mediterraneo, sul rischio desertificazione fossero delle bufale? No, ovviamente. O almeno (effetto serra a parte) non del tutto. La ricerca, presentata al National Astronomy Meeting britannico si basa su un modello matematico che calcola come si comporterà la nostra stella negli anni a venire. Prendendo in considerazione l’andamento degli ultimi, deboli, cicli solari, ipotizza che nei prossimi anni quest’attività sarà ancora più ridotta e, in 15 anni, potrebbe scendere di oltre la metà. “Abbiamo scoperto che i componenti delle onde magnetiche appaiono in coppia, originando due differenti strati all’interno del Sole – ha spiegato Zharkova – entrambi hanno una frequenza approssimativa di 11 anni, anche se questa frequenza è leggermente diversa e si compensa nel tempo”.

Ma cosa comporterà questa variazione? Poco o nulla in termini strettamente climatici (che secondo gli autori avrebbero un’attendibilità del 97%). La questione è stata mal interpretata laddove si è pensato che la diminuzione del 60% coinvolgesse anche la capacità del Sole di produrre calore. Se così fosse la vita sparirebbe ma non è questo il caso. L’astro, semplicemente, produrrà meno radiazioni. Attenzione: questo potrebbe, in effetti, comportare anche una perdita termica ma non tale da riportarci alla preistoria. Il termine di paragone, citato alla stessa Zharkova, potrebbe essere quello del XVII secolo, caratterizzato da inverni particolarmente rigidi ma da estati, sostanzialmente, nella norma. La “mini era glaciale” del ‘600 è chiamata anche, “minimo di Mauder”, e durò tra i 50 e i 60 anni. La prossima, ammesso che ci sarà, riguarderà 3 cicli solari, cioè solo 30 anni. Nessun allarme comunque, anche se, col caldo torrido di questi giorni, nevi e ghiacci sono una piacevole visione.